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ALLEANZA DELLE COOPERATIVE

Le “coop” del vino avanguardie della sostenibilità. 1 su 2 ha già in campo pratiche “green”

Le sfide, tra Italia, Europa e mercati (tornati a crescere) al centro di “Vivite”. Con la sostenibilità che è anche scelta di politica ed economica

In un Paese in cui la transizione ecologica “è necessaria”, come affermato dal premier Draghi, il mondo del vino cooperativo - pilastro del vino italiano formato da 423 realtà che producono il 58% del totale enoico del Belpaese, con un fatturato di 5 miliardi di euro alla produzione e un percorso in costante evoluzione sul fronte della qualità, dell'internazionalizzazione dei mercati e della ricerca e della sperimentazione in vigna - fa la sua parte abbracciando quella sostenibilità che, tra l’altro, accompagna sempre più le scelte dei consumatori. Ecco quindi che il 59% per cento delle coop vitivinicole ha già contratto l’uso di input chimici, il 52% ha ridotto gli scarti e ha valorizzato i sottoprodotti e il 51% ha incrementato le produzioni biologiche in un contesto di vigneto bio più che raddoppiato in dieci anni e in cui l’Italia è leader europea con una superficie al 17,8%, contro il 14,9% della Spagna e il 14,7% della Francia. Il 62% delle coop vitivinicole si dichiara inoltre a favore nei prossimi due-tre anni di accelerare sul percorso della transizione ecologica e dell’agricoltura 4.0. Dati che emergono dal rapporto Nomisma Wine Monitor, al centro del talk “Vivite” organizzato a Roma dal Settore Vitivinicolo di Alleanza delle cooperative, e da cui si evidenzia come la sostenibilità sia sempre più un “mantra” anche nelle scelte di consumo. Nel Belpaese, infatti, un italiano su dieci tra gli abituali consumatori di vino ha acquistato vino sostenibile nell’ultimo anno, secondo quanto rivela il rapporto Nomisma Wine Monitor. Inoltre, un italiano su quattro dichiara di aver notato, negli scaffali dei negozi in cui fa la spesa o in ristoranti/wine bar che frequenta, un vino che ha in etichetta loghi che identificano la certificazione di sostenibilità o altre caratteristiche green. E otto italiani su dieci sono disposti a spendere di più per avere una bottiglia di vino certificato sostenibile, anche perché il 38% degli intervistati ritiene che il vino sostenibile abbia qualità organolettiche superiori. “E non è cosa da poco - ha sottolineato illustrando i dati Denis Pantini, responsabile agroalimentare e Wine Monitor Nomisma - considerando che fino a poco tempo fa si riteneva che il vino bio fosse di una qualità inferiore”. Ma quando un vino è sostenibile per i consumatori? Quando viene prodotto - evidenzia il rapporto - minimizzando l’uso di fertilizzanti e agrofarmaci (69%), consumando meno acqua ed energia (55%), o ancora quando ha un packaging ecocompatibile (50%) e tutela i diritti dei lavoratori (47%).
“La sostenibilità non è una moda - ha dichiarato Luca Rigotti, coordinatore del settore vino di Alleanza cooperative Agroalimentare, oltre che vertice del CopaCogeca e presidente di Mezzacorona, esempio di eccellenza della cooperazione vinicola italiana e trentina - e lo strumento cooperativo è particolarmente vocato per questa nuova sfida, anche perché ha la possibilità di agire sulle varie fasi della filiera. Sicuramente le nostre imprese hanno bisogno di essere dinamiche e hanno bisogno delle dotazioni previste dal Pnrr. Sta a noi cogliere le possibilità che ci vengono proposte”.
Il talk “Vivite”, condotto dalla giornalista del Tg1 Anna Scafuri, appuntato sulle sfide lanciate dalla strategia “Farm to Fork” e le opportunità del Pnrr, si è focalizzato in particolare sul peso organizzativo ed economico che questo percorso “green” impostato dall’Europa può comportare per le imprese vinicole. Tra gli intervenuti al talk, Stefano Laporta, presidente di Ispra-Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale - ha sottolineato come “la transizione ecologica è un processo che non si raggiunge in poco tempo, gli obiettivi da raggiungere sono legati alle scadenze europee. È un processo necessario e inevitabile che ha come linea rossa il tema della sostenibilità. Non è solo un tema di tutela dell’ambiente, ma un punto di equilibrio tra diverse esigenze. C’è la necessità di integrare la parte agricola a quella ambientale, altrimenti non si raggiungono gli obiettivi fissati”. Per Angelo Frascarelli, presidente Ismea, “non ci saranno nuovi costi sulle imprese agricole da questa transizione ecologica”. “Un transizione che, tra l’altro - ha aggiunto Frascarelli - non ce la chiede la Ue ma ce la chiedono i cittadini e i consumatori. L’innovazione, che è futuro e sostenibilità, ha senz’altro un costo per le imprese, ma soprattutto all’inizio del percorso, perchè poi i costi tendono a diminuire sempre di più. Saremo dunque più sostenibili senza diminuire produzione e redditi”. Per Alessandro Monteleone, primo ricercatore Crea, “la ricerca nel settore agroalimentare va promossa e trasferita, e tra la Pac e la Pnrr si devono cogliere le opportunità di sinergie che risultano fondamentali sul percorso della sostenibilità”. Secondo il giornalista e critico eno-gastronomico Paolo Massobrio, “la sostenibilità non è una strada in salita perché i giovani produttori ci credono, sulla scia dell’avanguardia “green” dei Millennials cominciata all’estero e trasferitasi poi in Italia. Nel riallacciato rapporto città-campagna a cui abbiamo assistito durante il lockdown ,le imprese cooperative possono rappresentare un’ avanguardia”.
Per Gian Marco Centinaio, sottosegretario alle Politiche Agricole con delega al vino, la strategia “green” complessivamente disegnata dall’Europa ha delle criticità, “perchè dobbiamo renderci conto che, se diminuisce il terreno coltivato e facciamo biologico vero, andremo sicuramente incontro a tensioni tra chi vuole fare agricoltura tradizionale e quello che invece dice l’Europa. Ce la faremo? Sì, perché abbiamo dato la nostra adesione e, per avere i fondi a disposizione, ci dobbiamo adeguare a quello che viene imposto dall’Europa”. “Chiedo però reciprocità all’Europa - ha aggiunto Centinaio - perchè se si chiede di rispettare l’ambiente, non si può poi permettere che si importino prodotti di altri Paesi dove alla fine di sostenibile non c’è niente. Ci vogliono le stesse regole. In caso contrario a chi conviene produrre in Europa? A nessuno!”. “Quello della sostenibilità - ha dichiarato a Winenews Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari - é un percorso che, come tutte le cose nuove, ha un costo ma é un percorso che si può fare, e il mondo cooperativo può fare molto, possiamo fare formazione e aiutare negli investimenti per l’innovazione. E’ una sfida importante, la stessa che hanno fatto i nostri nonni con la meccanizzazione, noi oggi vogliamo farla con la digitalizzazione, per produrre di più e dare un prodotto sempre più sostenibile”.
Lo studio Nomisma Wine Monitor illustrato a Vivite si è anche appuntato sullo scenario di mercato, evidenziando il boom dell’e-commerce del vino, “canale ormai imprescindibile per le cantine”, come ha osservato Pantini, che ha realizzato, complice l’irrompere dello scenario pandemico, un balzo del 151% nelle vendite on line delle catene Gdo più Amazon nel 2020 rispetto all’anno precedente. “E non è un fuoco di paglia, anzi un trend che si consoliderà - ha sottolineato Pantini - perché nel primo semestre di quest’anno, rispetto l’analogo periodo del 2020, già vediamo un trend in aumento del 310%” . E per quanto riguarda la salute dell’export, penalizzato dalla pandemia (-2% nel 2020 sul 2019), dopo anni di corsa, si nota un consistente recupero in atto - ha evidenziato lo studio Nomisma - con un totale export vino nel primo semestre dell’anno a 3.305 milioni di euro, per un aumento sul pari periodo dello scorso anno del 15%. Ma soprattutto con un aumento dell’11% sul pari periodo 2019 che dimostra che, oltre al rimbalzo tecnico, “prosegue la crescita registrata negli scorsi anni , ha sottolineato Pantini, nel rilasciare la previsione che “l’export a fine 2021 totalizzerà oltre i 6,4 miliardi registrati nel 2019”.

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