“Le crisi dell’Italia sono di macroeconomia non di microenomie, che sono quelle su cui vive. Un esempio? Il fatto che le Langhe grazie al riconoscimento Unesco, un titolo nobiliare e un monito, abbiamo quadruplicato l’afflusso turistico, prova che riconoscere la qualità di un luogo e tenerlo in ordine perché è stato indicato produce effetti economici, rendendole ancora di più un simbolo di gioia di vivere, bellezza del territorio e dei monumenti, e bontà dei sapori. Che è poi il modello che non ha rivali dell’Italia, e che l’Unesco ha fatto proprio, non segnalando più un luogo solo perché ci sono un monastero o un’abbazia. Un modello di microeconomia, già intuito peraltro dai francesi, che si sta espandendo a macchia d’olio perché vi aspirano anche altri territori italiani”. Parola del critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi, a tu per tu con WineNews a Barolo per Collisioni, sul valore che il successo dell’enogastronomia e del turismo hanno in un’Italia dalle mille incertezze, dalla politica all’economia.
Un modello su cui l’Italia punta con decisione valorizzando le sue bellezze in maniera sempre più integrata. L’idea del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini di far diventare i grandi musei italiani luoghi in cui si fa anche cultura enogastronomica, “è un processo inevitabile - secondo il celebre critico - che va a tutto vantaggio dei musei, perché dove c’è un luogo in cui si mangia bene c’è un afflusso turistico come se quel luogo fosse un monumento, e viceversa. Se il ristorante di Gianfranco Vissani a Baschi fosse in un convento, quel convento sarebbe un luogo visitatissimo. Una cosa già sperimentata, peraltro, quando quelli che una volta erano solo appuntamenti di buon mangiare che avevano come arbitri Mario Soldati o Luigi Veronelli sono diventati “presìdi monumentali”. Da quel mondo si è arrivati ad una mitologia dei cuochi, che come dice Matteo Renzi - sottolinea Sgarbi - sono figure che, negli ultimi 30 anni, hanno rappresentato un’evoluzione sociale: se un tempo uno faceva l’attore o il cantante, oggi fa lo chef, un mestiere qualificante in senso aristocratico, fino al paradosso. Anche se nella sacralizzazione dei prodotti della campagna e dei contadini, il vino è partito prima”.
L’unione tra arte, letteratura, musica ed enogastronomia è la formula sempre più diffusa anche dei Festival culturali, oggi numerosi in Italia. “Una formula intelligente - secondo Sgarbi - che parte dalla prima idea di Tonino Guerra che è il “profeta”, passa per un “San Giovanni Battista” che è Carlo Petrini e arriva a “Gesù” che è Oscar Farinetti. Dico questo perché il culto delle nuove generazioni è un culto “Eucaristico”, in cui ci sono il libro, il vino e il pane, e parte da quell’intuizione che fu “La Sangiovesa”, capolavoro dell’Editore Maggioli, che delle cose che ha fatto nella sua vita si compiace soprattutto di questa Osteria in cui c’erano il mangiare, il teatro, la musica, il cinema, la poesia, e che era stata inventata da un personaggio di Sant’Arcangelo di Romagna, dove si trova il ristorante, che è Tonino Guerra. Chiamato, lui comunista, non per caso da un altro comunista, Farinetti, a fare pubblicità sul cibo. Petrini, pure lui comunista, inventa con Slow Food il modo per rendere universali alcuni prodotti particolari, sempre con una chiave culturale non solo legata al cibo. Poi di nuovo Farinetti con Eataly, portando nel mondo il nome dell’Italia, e con me all’Expo, crea veramente un rapporto stretto tra arte e produzione agricola legata al buono e al bello, che funziona. E anche i Festival che puntano su questo legame hanno successo”.
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