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LE MONDE, L'AUTOREVOLE QUOTIDIANO FRANCESE: "MANGIANDO GLI SPAGHETTI, SI MANGIA QUALCOSA DI DANTE !

"Mangiando gli spaghetti, si mangia qualcosa di Dante". Così ha scritto il 4 giugno l'autorevole quotidiano "Le Monde" nel recensire entusiasticamente la traduzione francese del dotto libro di Alberto Capatti e Massimo Montanari, "La Cuisine italienne, histoire d'une culture", pubblicato da Seuil, con una prefazione del grande storico Jacques Le Goff.

Il libro, apparso in Italia tre anni fa dall'editore Laterza, ha ricevuto lodi incondizionate anche dal quotidiano "Liberation". Un evento. Perché non è facile che i francesi si esaltino per libri che mettono in forse il primato della loro cucina. Sarà per l'influente giudizio di Le Goff, che esprime tutta la sua ammirazione per il lavoro a quattro mani di due dei maggiori studiosi della cultura alimentare del nostro Paese, ai quali dobbiamo molti importanti lavori sull'argomento? Oppure perché la tradizione gastronomica italiana ha una propria fisionomia testimoniata da tanti studi che sarebbe stato impossibile disconoscere? "Che cosa è mai la gloria di Dante a confronto con quella degli spaghetti?", si chiedeva in un suo articolo del 1954 Giuseppe Prezzolini. Un giudizio che Le Goff sottoscrive, sottolineando l'esistenza di una precisa identità gastronomica italiana come tale; un'esistenza che molti studiosi francesi in precedenza avevano riduttivamente negato, parlando di cucine regionali prive di un denominatore comune. Una tradizione che Le Goff riconosce nello sviluppo proposto dall'articolato e documentato libro dei due studiosi italiani, partendo dai primi trattati gastronomici rinascimentali, da quello di Martino de Rossi, il "Libro de re couquinaria" di metà Quattrocento, a quello di poco successivo di Bartolomeo Platina, "De honesta voluptate", ai "Banchetti" di Cristoforo Messisbugo, per finire con quello di Pellegrino Artusi.

Il grande storico, noto in particolare per i suoi studi di taglio socio-antopologico sul Medioevo, riconosce poi altri "primati" alla cucina italiana: oltre alla definizione dei criteri della gastronomia moderna sviluppatisi a partire dal Quattrocento, l'invenzione della pasta, soprattutto le nuove tipicità rappresentate dall'utilizzo delle verdure: pomodori, verdure, melanzane, e dai piatti della tradizione "povera" in contrapposizione con i piatti della cucina aristocratica di derivazione catalana e francese.Un bel riconoscimento, non c'è che dire, se "Le Monde", in calce alla recensione firmata da Jean-Claude Ribaut, consiglia alcuni ristoranti parigini dove si possono gustare i migliori piatti della cucina italiana, e "Liberation" ricorda il trionfo dei cuochi italiani e dei loro "artifici" nell'Europa rinascimentale. Un trionfo, però, che nel libro di Capatti e Montanari (vedere anche l'intervista di WineNews nella sezione Video ) è accompagnato da un'analisi più articolata dello sviluppo della tradizione gastronomica italiana: l'invenzione della salsa di pomodoro, le diverse varietà di pasta, il rifiuto delle spezie e dell'agrodolce. Tradizione che viene letta in rapporto al contesto sociale, economico e politico, fino alla formazione di una cucina borghese che finisce per esaltare le migliori tradizioni regionali e la tipicità dei nostri prodotti, di cui spaghetti e pizza sono ovviamente i più conosciuti. Un libro dove cultura e gastronomia si fondono e che ha fatto gridare ai francesi, convinti assertori della loro superiorità gastronomica, "tutti a tavola". Quella italiana, naturalmente.

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