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Le parole sono importanti, anche quando si parla di vino, specie per chi, alle parole, dedica la vita. A WineNews l’enigmista, saggista e giornalista Stefano Bartezzaghi: “enoteca la parola a cui tengo di più, gewurtztraminer è la più difficile”

Italia
Le parole sono importanti, anche quando si parla di vino: Stefano Bartezzaghi

Le parole sono importanti, anche quando si parla di enogastronomia, un settore in grande crescita, che si sta pian piano riscoprendo pilastro culturale del Belpaese, in maniera a volte eccessiva, fuori dalle righe, trascendentale rispetto al proprio ruolo effettivo. Una questione aperta, su cui tanto si scrive e tanto ci sarà da dibattere, che a Collisioni (a Barolo fino al 27 luglio, www.collisioni.it) WineNews ha sviscerato con chi di parole, e del suo uso, se ne intende: Stefano Bartezzaghi, enigmista, saggista, giornalista e docente di Semiotica alla Iulm di Milano. “C’è una regione precisa perché le cose stiano prendendo questa piega: l’emozione che ci danno i cibi, i vini ed in generale le cose buone - racconta Bartezzaghi a WineNews - ha una sua caratteristica, di per sé ineffabile, qualcosa che noi sentiamo con i nostri organi di senso e facciamo fatica a verbalizzare, e allora bisogna inventarsi un linguaggio per parlarne. Così, se per il calcio fu Gianni Brera che si inventò un lessico tecnico, il suo grande amico Gigi Veronelli fece lo stesso e diede la stura a tutto il discorso sul vino, che arricchisce la sensazione che proviamo, perché ci insegna a parlarne ed a comunicarlo, a volte anche in modo fantasioso fino ad essere quasi buffo, come Gigi Veronelli era e sapeva di essere”.

Diventa fondamentale allora scegliere le parole giuste, con cura, “perché le parole, belle o brutte che siano, vanno bene tutte, a patto di essere usate nel giusto contesto. In questo senso, però, eviterei l’enfasi, gli eccessi, che in qualsiasi campo sono censurabili, bisognerebbe cercare di trattenersi trovando la misura. D’altra parte, parlando di vino, la “misura” è una parola importante, anche per non essere arrestati quando ci mettiamo alla guida dopo aver bevuto. Non mi vengono in mente, invece, parole che non si usano più. In un settore come questo - dice ancora l’enigmista - le parole vengono continuamente recuperate, come termini antichi che possano aiutare nella descrizione. Personalmente, vorrei che non uscisse mai dall’uso comune la parola “enoteca”, per una ragione enigmistica: al contrario si legge acetone, quindi è una parola bifronte, una cosa che mi piace da matti!”.

Non si poteva che arrivare a parlare di cruciverba, ed al ruolo del vino all’interno degli schemi, con Bartezzaghi che ricorda come, qualche anno fa, “ad una manifestazione organizzata nel Chiantiai partecipanti veniva dato lo schema e dovevano andare a trovare le definizioni facendo il giro delle diverse cantine: me lo ricordo bene perché il cruciverba lo curai io, ed il pagamento era in vino. E poi - aggiunge Bartezzaghi - con tutto il parlare che si fa di vino, anche nei cruciverba normali capita di mettere delle parole del campo enoico. Ai cruciverbisti piacciono quelle entrate da poco in uso, “decanter” ad esempio è una parola interessante. Per i cruciverbisti attivi, ossia gli autori di cruciverba, le parole più difficili sono anche quelle più gustose, quelle che hanno una sequenza, o di vocali o di consonanti, o comunque di lettere che non sono troppo comuni in italiano, e che quindi creano problemi, ma anche interesse nel ritmo degli incroci: mi viene in mente - conclude l’enigmista - “gewurtztraminer””.

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