Il glifosate, la cui declinazione commerciale più nota è il Roundup, conosciuto anche come “erbicida totale” della multinazionale Monsanto, è da anni al centro di polemiche ed indagini, messo alla berlina dal mondo del biologico, dagli ambientalisti e ormai da buona parte dell’opinione pubblica perché considerato nocivo sia per la terra che per l’uomo. In Italia è vietato nelle aree frequentate dalla popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche l’utilizzo nei campi per accelerare la maturazione e la raccolta, mentre in Europa il glifosate è stato al centro di un lungo ed approfondito studio che ha coinvolto Francia, Olanda, Svezia e Ungheria, su cui da quasi un anno si attendono le valutazioni finali di Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) e Agenzia Europea dei Chimici (Echa), che si è pronunciata, ieri, ad Helsinki, decidendo, un po’ a sorpresa, di tenere il glifosate fuori dalla lista dei prodotti fitosanitari cancerogeni, ritenendo le prove raccolte su tossicità cancerogena e tossicità mutagena dell’erbicida insufficienti. Conclusioni subito trasmesse all’Efsa, che però si pronuncerà solo nel 2023, dando l’indirizzo definitivo sull’utilizzo, o meno, del glifosate nell’Unione Europea.
Come si legge nelle conclusioni tratte dall’Echa, il glifosate, “nonostante provochi gravi lesioni oculari e sia tossico per la vita acquatica sul lungo periodo, non si può comunque considerare una sostanza cancerogena mutagena o tossica”, ritenendo quindi che “la classificazione di cancerogenicità non è giustificata né dagli studio scientifici né dalle centinaia di commenti raccolti durante la consultazione”. Conclusioni in linea con il parere espresso da Echa già nel 2017, alla fine di un lavoro il cui obiettivo è quello di proteggere la salute umana e l’ambiente dai rischi più significativi.
Dura la risposta delle Ong ambientaliste, unite sotto la bandiera comune “Ban Glyphosate”: un comunicato stampa della Ong Générations Futures critica l’Echa per aver “respinto ancora una volta le solide prove esistenti per classificare il glifosate come presunto cancerogeno per l’uomo (categoria 1B secondo il regolamento dell’Unione Europea). Mentre la Iarc - Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, nel 2015 ha classificato l’erbicida come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (equivalente al “sospetto cancerogeno per l’uomo” della Ue), l’Echa non ha nemmeno preso in considerazione una classificazione di categoria 2 (“sospetto cancerogeno per l’uomo”).
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