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I vini di pregio battono la Borsa. Ma è più facile perdere dei soldi … Negli ultimi dieci anni le grandi etichette da collezione si sono apprezzate del 94%. Regoli (WineNews): “Si tratta però di investimenti alternativi e sempre rischiosi”… In dieci anni le quotazioni dei vini di pregio sono cresciute del 94%. Praticamente hanno raddoppiano il loro valore. E nel 2022 il valore delle bottiglie da collezione, quelle che entrano nei portafogli d’investimento, è cresciuto del 10,7%, con un risultato ben superiore a quello registrato dai mercati finanziari. La Borsa di Milano, ad esempio, ha perso il 13%, il Nasdaq dei tecnologici Usa addirittura il 33%. Il dato esce dall’indice eWibe Market, elaborato dall’omonima piattaforma accessibile su Intemet. Ma a meno di essere dei veri esperti di eno-business o di appoggiarsi a intermediari affidabili, con le etichette di pregio è più facile rimetterci dei soldi anziché guadagnare. Come accade per quasi tutti gli investimenti alternativi, si tratti di arte, antiquariato o pietre preziose, le occasioni non mancano. Ma le trappole sono in agguato. Intanto perché si tratta di mercati illiquidi, dove le compravendite si realizzano prevalentemente con le aste. “I vini di pregio stanno entrando nei portafogli di tutti i grandi investitori del mondo”, spiega Alessandro Regoli, grande esperto della materia e direttore di WineNews, la bibbia del settore, “dopo le azioni, le obbligazioni, il petrolio, l’oro, in tanti investimenti di grandi patrimoni sono entrati i grandissimi vini, che sono anche italiani. Ma si tratta di pochissime etichette prodotte in pochissimi territori che hanno una caratteristica indispensabile: essere longevi, cioè di assicurare la loro vita nel tempo”. Insomma non si tratta certo delle bottiglie, pur pregiate, che si possono trovare sui banconi dei supermercati. “Dal Barolo Monvigliero di Burlotto, al Barolo Monfortino di Giacomo Contemo, al Barbaresco di Angelo Gaja, al Sassicaia 1985, al Masseto, al Tignanello”, racconta Regoli, “sono tutte blue chips che si trovano nell'indice Liv-Ex Italy 100 nell’ultima indagine condotta dal Liv-Ex di Londra, uno degli indici mondiali di riferimento sul mercato secondario dei vini da investimento”. “Come accade per gioielli, orologi e quadri si tratta di investimenti alternativi. A garantire un possibile guadagno sono poche etichette, di poche aziende, a loro volta di pochi territori nel mondo”, conclude Regoli. Naturalmente per assicurarsi che non venga alterata la qualità del vino è necessario conservarlo in cantine attrezzate, con una temperatura costante e al riparo dalla luce. Senza contare che per quanto siano longevi, vini come il Barolo, il Barbaresco, il Brunello di Montalcino o l’Amarone, arrivano a vent’anni, talvolta a trenta, se conservati in condizioni ottimali. Ma oltre diventa rischioso tenerli come bene d’investimento, anche se vi sono bottiglie aperte dopo un cinquantennio, capaci di conservare quasi inalterate le caratteristiche originali. Dunque per le bottiglie di pregio come per tutti gli investimenti alternativi valgono i consigli classici: affidarsi a intermediari di provata fiducia, non investire più di un decimo del proprio patrimonio (meglio ancora meno), verificare al momento dell’acquisto quali siano i canali di vendita e chi li gestisca. Mettendo in conto che lo smobilizzo dei capitali investiti può richiedere da alcuni giorni ad alcuni mesi. E i tempi abituali si allungano nei periodi di contrazione dei mercati finanziari, quando girano meno soldi.

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