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Il prosecco festeggia 500 milioni di bottiglie con tutte quelle bollicine…La pandemia non ferma il consumo di vino, che trasloca da bar e ristoranti agli scaffali dei supermercati. Tiene pure l’export. Aneri: “Da aprile ci sarà il boom” … (...) hanno sofferto i vini di fascia alta, quelli che si consumano quasi esclusivamente nei ristoranti, nelle enoteche e nei wine bar. Ma per i prodotti con prezzo più abbordabile i dodici mesi appena passati sono stati un periodo complessivamente positivo. Ne è prova il record del prosecco il cui Consorzio di tutela ha certificato oltre 500 milioni di bottiglie durante lo scorso anno. Un record storico raggiunto vendendo 14 milioni di bottiglie in più rispetto al 2019 che valgono una crescita del 2,8%. E nessuno si sarebbe aspettato un segno positivo. “Si tratta di un traguardo storico per il prosecco Doc”, commenta il presidente del consorzio, Stefano Zanette, “un risultato che ci ha fatto riflettere pure sulle motivazioni che, anche in un’annata difficile come questa, hanno determinato il favore del consumatore net confronti delle nostre produzioni, frutto di una scelta consapevole al momento dell’acquisto nella grande distribuzione organizzata”. Per le bollicine più famose d’Italia, l’incremento di vendite in super e ipermercati è legato alla loro riconoscibilità, come spiega sempre Zanette: “Se il consumatore ha l’opportunità di acquistare un vino vedendo l’etichetta, quando vuole un prosecco, compra un prosecco, mentre nella somministrazione, talvolta, chiede un prosecco ma gli viene servito un altro vino”. Mai così bene. Molto soddisfatto anche Giancarlo Aneri, veronese di Legnago, uno dei big del settore. “I 500 milioni di bottiglie sono un risultato molto importante in un periodo come quello che stiamo attraversando. Il mercato del vino nel 2020 è stato a due facce: mentre il canale horeca (hotel, ristoranti e bar, ndr) è andato decisamente male, nella grande distribuzione le vendite sono salite parecchio. La sola Esselunga ha venduto il 10% in più dei miei vini, prosecco, ma anche pinot nero e pinot bianco”. Aneri è moderatamente ottimista per il futuro. “Il 2021 avrà due fasi nettamente distinte”, spiega, “da gennaio a marzo le restrizioni legate al Covid influenzeranno ancora pesantemente il nostro mercato. Continueremo a soffrire. Ma sono convinto che dal mese di aprile in poi e comunque da quanto potremo tornare a spostarci con maggiore libertà, mi aspetto un boom. Non soltanto per il vino. Le persone non vedono l’ora di poter tornare a fare una vita normale, andare al ristorante, festeggiare, condividere il proprio tempo e le proprie esperienze con gli altri. Sono convinto che la ripresa, almeno nel nostro settore sarà netta e forte”. Nei dodici mesi conclusi da poco, a soffrire di più sono state le cantine piccole e medie, che spesso per scelta non sono presenti nella grande distribuzione e vendono la maggior parte dell’imbottigliato ai ristoranti. In taluni casi il fatturato, in questo segmento, è crollato anche del 60%. Ma grazie alle vendite sui mercati mondiali il bilancio complessivo dello scorso anno si chiude con fatturati in calo nella forbice fra il -10 e -20%, secondo i calcoli di Winenews. Scongiurata la disfatta temuta da molti operatori. Evitato il peggio. E per l’export sui mercati di sbocco tradizionali per il vino tricolore a andata ancora meglio; come negli Stati Uniti che non solo sembrano aver retto, nel complesso, nel 2020 (le stime di chiusura dell’osservatorio Vinitaly Wine Monitor parlano di un -2%, a 1,7 miliardi di euro, in attesa degli ultimi dati ufficiali) ma che, dalle primissime impressioni raccolte da alcuni consorzi delle più importanti denominazioni italiane - dal Brunello di Montalcino al Barolo, dal Valpolicella al Chianti Classico, dalla Doc Sicilia alla Barbera d’Asti, fino al Prosecco - regalano elementi di speranza per un 2021 di certo non semplice ma, forse, meno duro del 2020. A conferma delle previsioni di Aneri. La voce più positive è quella del presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci: “Grazie all’aspettativa che si è creata dietro l’eccellente annata 2016, unita alla Riserva 2015, due delle migliori annate di sempre, gli importatori stanno premendo per accelerare la spedizione dei vini, per essere presenti sin da subito sul mercato statunitense”. Anche il Chianti Classico ripone grandi speranze sul mercato Usa, come spiega a Winenews il numero uno del consorzio, Giovanni Manetti: “Per noi gli Stati Uniti rappresentano il 34% del mercato: una bottiglia su 3 finisce Oltreoceano. E nel 2020, nonostante le chiusure di bar e ristoranti il Chianti Classico ha tenuto bene. Alla fine, l’anno 6 finito in sostanziale equilibrio rispetto al 2019, e non era scontato”. Gli ordini arrivano, non possiamo lamentarci, anche se la situazione è davvero particolare”, aggiunge il presidente del consorzio del Barolo e del Barbaresco, Matteo Ascheri.

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