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LIBERO

Il vino è davvero il calice dell’alleanza ... Ebrei e cristiani uniti nella sacralità della vigna. Ma anche per i musulmani l’uva è frutto “buono”... I riti religiosi e il nettare di Bacco... Se ne parla spesso, sui
giornali e in tv, ma in pochi conoscono il vero significato del vino nelle religioni cattolica, ebraica e musulmana. Per comprenderlo meglio, Winenews ne ha parlato con Yoseph Levi, rabbino capo della comunità ebraica di Firenze, padre don Filippo Belli,
biblista e docente di Sacre Scritture presso l’Università di Firenze, e Mohamed Nasimi, vice presidente della Comunità Islamica di Colle Val d’Elsa e di Siena. Il vino, seppur in forme diverse, riguarda o lambisce i percorsi di tutte e tre le principali religioni monoteiste. “Il vino è il simbolo della vita - esordisce Yoseph Levi - e della gioia, la Bibbia stessa non pone problemi al consumo di vino, finché avviene nella giusta misura. Basti pensare a Noè, che sceso dall’arca pianta la vite, ma,
inesperto com’è, beve fino ad ubriacarsi, e quello è peccato, mentre quando viene “mescolato bene”, reso quindi più leggero, è un vero e proprio dono, del Divino, ma anche dell’uomo, perché sappiamo bene che senza l’intervento umano non ci sarebbe il vino: c’è quindi una collaborazione tra il divino e l’umano. Per la nostra religione è molto importante anche che il vino non contenga sostanze di origine animale proibite, ma a parte questo qualsiasi vino va bene”. “L’importanza del vino nella nostra religione - spiega don Filippo Belli - è indissolubilmente legata alle gesta di
Gesù Cristo. Ma c’è un precedente, narrato nell’Antico Testamento: quando le tribù di Israele si insediano sulle terre appena conquistate, una delle prime cose che fanno è piantare la vigna, che necessita di anni per essere produttiva, ed è dunque un simbolo della volontà di stabilirsi. L’immagine della vigna nell’Antico Testamento viene usata anche da Dio stesso per raccontare quanto si prenda cura del proprio Popolo. Ed è proprio in questa tradizione che si inserisce il Nuovo Testamento e la storia di Gesù Cristo. Nel Vangelo di Giovanni è narrato il miracolo delle Nozze di Cana, in cui Gesù, per mostrare la propria presenza alla gente, trasforma l’acqua in vino”. Ma il vino, insieme al pane, nel Cattolicesimo diventa simbolo stesso della presenza di Cristo: “Il vino è scelto in quanto elemento essenziale per la gioia della vita di una persona, così come lo è Gesù.
Nell’Eucaristia, quindi, si trasforma nel sangue stesso di Gesù, speso fino all’ultima goccia per il proprio popolo”, conclude padre Filippo Belli. Il discorso cambia radicalmente nella religione musulmana: “La proibizione rivolta dal profeta Maometto trasmettendo il Corano agli arabi ha un fondamento scientifico - spiega Mohamed Nasimi, vice presidente della comunità islamica di Colle Val d’Elsa e di Siena - Allah dice infatti di non consumare vino prima della preghiera, per non compromettere le capacità cognitive di chi si appresta a raccogliersi tra le mani di Dio. C’è poi una seconda frase sul vino pronunciata da Allah a Maometto: “Ti chiederanno cosa c’è di buono e cosa
di cattivo nel vino. Dì che di buono c’è il commercio, di cattivo le conseguenze del berlo”. Successivamente fu considerata sostanza non lecita ed impura, al pari del gioco d’azzardo e del mangiare animali morti non per mano dell’uomo. Il vino nella nostra religione non assume particolari simbolismi, ma è una sostanza chiaramente proibita. Lo stesso vale per ogni bevanda
alcolica, dalla birra al whisky, ed è un precetto fondamentale per un buon musulmano, da cui non si può prescindere”. Tanto che nei Paesi islamici l’uva prodotta viene esportata o destinata a produzioni diverse da quella vinicola, specie l’aceto.

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