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TENDENZE

L’industria del vino Usa guarda al futuro tra paure e speranze: giù i consumi, su gli affari

Nello “State of the US Wine Industry 2020” della Silicon Valley Bank Wine Division i trend, in positivo ed in negativo, che guideranno il settore
REPORT, SILICON VALLEY BANK, STATE OF TH US WINE INDUSTRY, Mondo
I vigneti della Napa Valley

Quando pensiamo agli Stati Uniti, dal nostro punto di vista, italiano ed europeo, pensiamo essenzialmente al più grande mercato del mondo, eppure, dalla California all’Oregon, passando per lo Stato di Washington, gli Usa sono da decenni uno dei principali produttori del mondo, e vive dinamiche, anche in questo senso, da tenere ben presenti per capire, al netto di eventuali dazi sulle produzioni europee, come si evolve e verso dove guarda il mercato dei consumi. Raccontato, come ogni anno, dallo “State of the US Wine Industry 2020” firmato da Rob McMillan, fondatore della Silicon Valley Bank Wine Division, che tratteggia un quadro ricco di sfumature e di contraddizioni. Dopo 25 anni di crescita ininterrotta dei consumi, infatti, il mercato Usa sembra affrontare per la prima volta una saturazione dell’offerta, anche se nel 2019 il settore enoico ha toccato un nuovo record a valore, con i Baby Boomers che bevono sempre meno ed i Millennials ancora lontani dal prendere il loro posto. Tutti motivi che portano i produttori americani a mostrare un certo pessimismo (nel complesso il 49% dei vignaioli ha una visione negativa del futuro), nonostante il giudizio ampiamente positivo per l’anno appena concluso: per il 24% dei produttori è stato il miglior anno di sempre, per oltre il 20% uno dei migliori di sempre, per il 24% comunque un anno positivo, e per il 14% un anno né positivo né negativo, giudizio che accomuna appena il 18% dei vignaioli americani.
Una dicotomia, tra ciò che è stato e ciò che sarà, con tutte le sue preoccupazioni, ben riassunte nel “State of the US Wine Industry 2020” dai sette trend di cui preoccuparsi ed i sette trend da cui ripartire che, a ben guardare, sono uno l’altra faccia della medaglia, o il negativo se preferite, dell’altro.
Tra i trend negativi, i Baby Boomers, che controllano il 70% del reddito statunitense e la metà del patrimonio netto del Paese, che stanno via via andando in pensione, e calano sia nei numeri che nei consumi pro capite, mentre i Millennials non stanno ancora abbracciando il mondo del vino come molti avevano previsto. Quindi l’industria del vino, che come anticipato sembra aver raggiunto un punto di eccessiva offerta, causata da una diminuzione costante dei volumi venduti, e questo potrebbe portare come conseguenza estrema, all’espianto dei vigneti e ad un calo dei guadagni per i produttori. Altro aspetto negativo, la crisi della vulgata che vuole il consumo moderato di vino benefico per la salute, che insieme all’impatto dei messaggi, sempre più numerosi, che ne sostengono invece la dannosità, getta un’ombra sul consumo di vino, specie tra i più giovani. Il vino importato dall’estero ed i suoi sostituti, inoltre, sono una minaccia sempre più reale e crescente, specie tra chi si approccia al mondo enoico per la prima volta. Un certo ritardo nel pensare nuove strategie dirette al consumatore, alternative ai wine tasting in cantina, limita la crescita delle aziende familiari americane. E allo stesso tempo, il marketing e la comunicazione dl vino non sembrano in grado di affrontare e confrontarsi con i valori dei giovani consumatori, non riuscendo a dare loro una ragione per cui scegliere il vino invece di un altro alcolico. Infine, la manodopera, sempre più limitata, ed il costo del lavoro che di conseguenza, diventa sempre più alto.
Ci sono però poi almeno sette ottime ragioni per essere ottimisti, sette aspetti positivi da cui ripartire. L’economia americana è in salute, ed i numeri del 2019 lo confermano: questo porta con sé una certa resilienza dei consumi anche da parte della Generazione X e dei Baby Boomers, specie sulle bottiglie sopra i 9 dollari, che hanno portato ad un altro anno da record per i fatturati del vino in Usa. Allo stesso modo, la distanza che ancora il mondo del vino deve colmare tra sé ed i Milennnials è, potenzialmente, la migliore delle opportunità per l’industria enoica. L’eccesso di offerta, invece, porterà ad un prodotto qualitativamente migliore, probabilmente a prezzi più bassi: sarebbe un ottimo incentivo per avvicinare al mondo del vino i più giovani, che potrebbero diventare consumatori più solidi ed assidui. Le Regioni enoiche di maggiore qualità di Oregon e Washington continuano a crescere in maniera consistente. I produttori di brand storici e quelli che negli anni hanno costruito buone relazioni con i distributori, continuano a mettere a segno performance migliori degli altri. Per numero e diversità, i punti vendita di vino continuano a crescere a numeri da record. Il business del vino sta strutturando strategie e tattiche sempre nuove intorno al canale “direct to consumer”, che continua a mostrare una crescita delle vendite.

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