Quanto “pesa” l’italianità sulle vendite allo scaffale? Tanto, come rivela la terza edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, che monitora i claim, i loghi e i pittogrammi che richiamano l’italianità on pack, capaci di generare nel solo 2017 qualcosa come 6,3 miliardi di euro, ben 274 milioni in più del 2016. Oltre il 25% dei 60.600 prodotti alimentari venduti in super e ipermercati analizzati esibisce la propria italianità in etichetta, mentre il 5% riporta una delle quattro indicazioni geografiche riconosciute e tutelate dalla Ue. Un mondo di prodotti tipici che continua a mietere successi, visto che tutti questi “bollini” hanno chiuso il 2017 con trend ampiamente positivi: Dop e Doc vanno decisamente più veloci rispetto al 2016 (rispettivamente +6,9% e +8,1%), trainati dalle vendite di formaggi per il Dop e di vini e spumanti per il Doc. Continua l’espansione delle vendite di prodotti alimentari Igp e Docg, con trend molto positivi (rispettivamente +7,8% e +8,7%), ma più contenuti rispetto al 2016. Il motore delle vendite sono i salumi Igp e i vini e gli spumanti Docg.
In totale, oltre 15.300 richiamano la loro origine italiana in etichetta e, nel corso del 2017, le loro vendite sono cresciute del 4,5%, ossia a un tasso maggiore rispetto al +2,3% fatto registrare nel 2016 dal settore. Numeri che svelano i valori di rassicurazione, di qualità e di gusto che gli italiani riconoscono ai prodotti alimentari “made in Italy”, con le scelte delle aziende che che decidono così di enfatizzare questi aspetti sulle etichette, per comunicarli in modo più esplicito ai consumatori. L’elemento più utilizzato in etichetta, in questo senso, è la bandiera tricolore, usata dal 14,3% dei prodotti alimentari italiani, che hanno generato il 13,8% del giro d’affari totale dell’alimentare confezionato venduto in Italia nel 2017. Rispetto all’anno precedente, il valore delle vendite è aumentato del 4,9%, contro il +3,1% registrato tra il 2015 e il 2016. Nella classifica dei trend di crescita, ed escludendo le indicazioni geografiche europee, al numero uno si posiziona il claim “100% italiano”, che nel 2017 ha visto le vendite fare un balzo in avanti del 7,8% rispetto all’anno precedente, grazie soprattutto a formaggi (e in particolare mozzarelle e crescenze), prodotti avicunicoli e latte. A presentarsi in etichetta come “100% italiano” sono 5,2 prodotti alimentari su 100, e le loro vendite raggiungono una quota del 7,4% sul totale alimentare. In chiaroscuro il claim “Prodotto in Italia”, le cui vendite hanno cambiato direzione nel corso del 2017, passando da un’iniziale crescita a un finale in zona negativa, chiudendo l’anno con un -0,4%.
L’Osservatorio ha quindi misurato la presenza delle Regioni italiane sulle etichette dei prodotti alimentari, e ne è emerso che sono circa 2.000 quelli che specificano la Regione di provenienza, pari a circa il 3,3% del totale dell’offerta a scaffale. Il numero dei prodotti è sostanzialmente stabile ma il giro d’affari è in crescita per tutte le sette Regioni più presenti in etichetta. La più evidenziata in etichetta resta il Trentino-Alto Adige, seguita da Piemonte, Toscana, Sicilia, Lombardia, Puglia e Campania. Il Trentino-Alto Adige si conferma così la regione più valorizzata sulle confezioni dei prodotti alimentari, sia per numero di prodotti (672, circa l’1,1% del totale) sia per valore delle vendite (241 milioni di euro, con un’incidenza dello 0,9%), in crescita annua del 4,8% durante l’intero 2017. Ma è la Puglia la regione che ha messo a segno il dato più importante dei trend di vendita, registrando un +17,7% rispetto al 2016, seguita da Toscana (+13,9%) e Piemonte (+11,6%).
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