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GUARDARE AL FUTURO

Lodovico Antinori e Tenuta del Nicchio, il nuovo e ultimo progetto con la figlia Sophia Antinori

Il “ritorno” a Bolgheri e la conferma a Bibbona di uno dei nomi che più hanno segnato la storia del vino italiano. Puntando sulle nuove generazioni

È uno dei personaggi che più hanno inciso sul successo del vino italiano nel mondo, fondatore, nei primi Anni Ottanta del Novecento della Tenuta-icona dell’Ornellaia, dove sono nati l’Ornellaia e il Masseto, tra i vini italiani più affermati, desiderati e quotati a livello internazionale dei quali è stato l’inventore, a Bolgheri, territorio-mito dell’enologia del quale è tra i “padri nobili”, e creatore anche della Tenuta di Biserno a Bibbona, “perla” del vino italiano e “culla” di etichette blasonate come il Biserno e il Lodovico. È Lodovico Antinori che, ora, con lo sguardo sempre rivolto al futuro e puntando sulle nuove generazioni, unendo saggezza maturata e prospettive fresche per continuare a raggiungere l’eccellenza nella produzione di grandi vini, parte con il nuovo e ultimo progetto della sua vita, come ha raccontato a WineNews, insieme alla figlia Sophia: la Tenuta del Nicchio, della quale sono proprietari sempre a Bibbona ma con vigneti anche a Bolgheri, e che rappresenta il frutto della passione trasmessa di padre in figlia, e che scrive un altro capitolo importante nella storia di una famiglia che è stata tra gli artefici del “Rinascimento” del vino italiano.
Un progetto che segna, dunque, il “ritorno” anche a Bolgheri, di uno dei personaggi che più hanno segnato le sorti di uno dei territori più importanti dell’enologia mondiale, come Lodovico Antinori, insieme ai tanti autorevoli interpreti che, a cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta del Novecento, hanno trasformato un sogno in realtà, e che oggi continua ad alimentarsi. Lo sfondo, del resto, non poteva che essere questo, perché questi sono i luoghi di famiglia, i più cari, dove la Tenuta del Nicchio conta 12 ettari di vigneti, dalla Bolgherese ai boschi, con 2 ettari vitati a Castagneto Carducci e altrettanti all’ombra della Torre di Donoratico, e altri ancora in affitto dal Conte Gaddo Della Gherardesca, imprenditore, manager e produttore discendente della famiglia del Conte Ugolino, protagonista del “Canto 33” dell’Inferno di Dante nella “Divina Commedia” e che abitò nell’antica Torre. Una famiglia, che rappresenta il trait d’union dei grandi nomi di Bolgheri lungo il Viale dei Cipressi piantati nell’Ottocento proprio dai Della Gherardesca, “signori” di Maremma, e resi per sempre celebri dal poeta Giosuè Carducci, grazie alla Contessa Clarice Della Gherardesca, sposa, con in dote la Tenuta San Guido, del Marchese Mario Incisa della Rocchetta, padre di Nicolò Incisa della Rocchetta e del mito Sassicaia, ed alla sorella Carlotta, sposa, con in dote la Tenuta Guado al Tasso, del Marchese Niccolò Antinori, madre e padre di Lodovico e Piero Antinori, ma anche tra questi e gli altri discendenti dei Della Gherardesca, i Conti Zileri dal Verme.
Ed è qui che nasce già la sintesi compiuta tra potenza ed eleganza in un unico e blasonato vino, il Lodovico - blend di Cabernet Franc, Petit Verdot e Merlot, prodotto in 10.000 bottiglie dal Vigneto Lodovico a Bellaria, nella zona più vocata al confine tra Bolgheri e Bibbona, dove si trova la Tenuta di Biserno, rappresentando con il vino Lodovico una vera e propria “eredità” in bottiglia - e dove nasceranno Il Nicchio, il primo vino aziendale (Cabernet Franc e Merlot, per una produzione che arriverà a 30.000 bottiglie) e Le Due Ville del Nicchio, il “second vin”, portando in etichetta l’inconfondibile firma “M. L. A.” (Marchese Lodovico Antinori). E che non possono che esser destinati ad essere grandi come l’amore tra padre e figlia, con una piccolissima produzione, a partire dalle prime annate 2020, 2021, 2022 e 2023 prodotte in 2.000 bottiglie, già allocata esclusivamente per importanti wine merchant in Usa, come, tra gli altri, Zachys e Wally’s.
Nel “dream team” con l’enologa Helena Lindberg, il super-consulente, ça va sans dire, è ancora una volta Michel Rolland, l’enologo più influente della nostra epoca, maestro del taglio bordolese che ha portato alla ribalta i vini di Bordeaux e influenzato il modo di fare vino ovunque, grazie alla firma e consulenza proprio in vini-mito come Masseto e Ornellaia, Biserno e Lodovico, nel solco di uno dei più importanti connubi professionali, iniziato alla fine degli Anni Ottanta del Novecento, e della lunga amicizia con Lodovico Antinori, e che, nel confronto e nella collaborazione tra generazioni che lavoreranno fianco a fianco nel nuovo progetto, proseguirà con Julien Viaud, rappresentante proprio della nuova generazione di enologi che si è formata sui passi di Rolland, e con Sophia Antinori. Con una nuova filosofia produttiva rispetto ai vini “possenti” degli Anni Novanta del Novecento, per produrre vini più “leggeri”, meno alcolici e più attuali, in linea con l’evoluzione dei gusti contemporanei, sempre puntando all’eccellenza, grazie alla diversa collocazione ed esposizione dei vigneti “satelliti” che permetterà ai vitigni bordolesi di trovare in queste zone il loro terroir d’elezione, ed esprimere carattere e personalità.
Tornando, infine, sul ritorno di Lodovico Antinori, tra i personaggi più eclettici e geniali del vino italiano per la maniacalità per dettagli e particolari, nella sua Alta Maremma dove tutto è iniziato, e che, per WineNews, è tra i territori più ricchi di storie da raccontare della passione per il vino trasmessa di padre in figlio, in un cerchio che si chiude, è un po’ come dare un senso al vino come metafora e compagno della vita dell’uomo che, nello scorrere del tempo, deve prenderla in mano coltivando passioni e sentimenti al massimo, perché sia degna di essere vissuta.

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