Il ristorante Marchesi alla Scala e Il Marchesino, eredità di Gualtiero Marchesi, e Ladurée, la “haute couture” della pasticceria francese sinonimo dei celebri macarons, ma con pasticcerie e ristoranti in tutto il mondo (di proprietà del Gruppo Holder, un miliardo di fatturato, ndr), si fonderanno, come voleva il maestro. Lo spiega a WineNews Enrico Dandolo, amministratore unico Marchesi Milano srl e segretario generale della Fondazione Gualtiero Marchesi, genero del grande chef: “un’operazione che nasce da un incontro di due anni fa di Marchesi con il proprietario di Ladurée, per presentare per il rinnovo della concessione dei locali da parte della Fondazione Teatro alla Scala - che è la proprietaria - un progetto di unione tra la cucina italiana e la pasticceria francese. Un progetto che per noi ha un risvolto anche internazionale, perché stiamo valutando di riproporre questa unione nelle altri sedi di Ladurée, che ha 85 pasticcerie nel mondo di cui 28 con ristorante. Ma questo successivamente, ora siamo concentrati sul progetto Scala”.
Una vera e propria “union” italo-francese tra marchi ai più alti livelli della “gastronomie” mondiali, quella che racconta Dandolo, e che riguarda il ristorante milanese ancora chiuso per rinnovo locali su progetto dell’architetto Stefano Boeri, nonostante le previsioni di riaprire per la prima della Scala, dopo la riassegnazione dei locali per altri 10 anni a fine 2017 alla Marchesi Milano srl, subito dopo la scomparsa di Marchesi, che qui era arrivato nel 2008 da L’Albereta Relais & Château della griffe Bellavista della famiglia Moretti in Franciacorta. “Non è facile conciliare il servizio per il Teatro, con un’attività di sviluppo che Il Marchesino non aveva mai avuto. L’idea è di farne un progetto internazionale (al passo con il respiro di Milano, ndr) e molto innovativo, con un’offerta gastronomica continua, un luogo sempre aperto in cui mangiare a tutte le ore del giorno con menu che cambiano in funzione di queste, andando oltre la visione schematica del classico ristorante che apre e chiude. Negli ultimi anni Il Marchesino aveva una doppia veste, con il ristorante con i piatti storici di Marchesi accanto ad una ristorazione più semplice: ora diventerà un luogo unico con lo stesso concept, più semplice e fruibile, con una grossa impronta Marchesi e la visione internazionale di Ladurée”.
Il nome? “La concessione prevede che il brand principale sia Ristorante Teatro alla Scala, abbinandovi quello del gestore - spiega Dandolo - in questo caso siamo in due e ci stiamo ancora lavorando, ma lo risolveremo a breve, ragionando anche sulla possibilità di creare un brand nuovo visto che si tratta di un progetto innovativo, con dietro due marchi come Marchesi e Ladurée. Una soluzione che ci piace molto”.
“La ristrutturazione resta comunque complessa, tra noi, i francesi, la Scala e la Soprintendenza. Questo ha determinato qualche ritardo: dovevamo aprire a dicembre, lo faremo a febbraio. È vero che la proprietaria della società di gestione non è più solo la famiglia Marchesi, essendo un progetto condiviso con Ladurée. L’idea di un fondo russo dietro è arrivata solo perché Ladurée opera in Italia con un partner, il cui ad è di nazionalità russa. Di certo c’è una visione più internazionale perché non siamo solo noi italiani a sviluppare il progetto, anche perché non avremmo avuto le spalle abbastanza grosse”.
Intanto continua il tour in 10 tappe della Fondazione Gualtiero Marchesi per portare l’alta cucina italiana nel mondo, con la proiezione del film “Gualtiero Marchesi - The Great Italian”, il 4 febbraio a Parigi, poi Londra, Berlino, Mosca, e per far sì che il mondo venga a Milano il 19 marzo, anniversario della nascita di Marchesi. “Stiamo definendo i dettagli ed il luogo dell’evento in questi giorni - conclude Dandolo - sarà in realtà una due-giorni e segnerà l’inizio del nuovo corso della Fondazione Marchesi che ha due missioni, portare avanti la sua figura e ciò che ha fatto per la cucina italiana e diffondere quest’ultima. Pur non volendo fare da guida, Marchesi si è ritrovato a farlo, ora è compito della Fondazione mettersi a disposizione della cucina italiana perché faccia sistema facendo dialogare i suoi cuochi. Chiederemo a 28 di loro, allievi o meno del maestro, di rappresentare con i loro piatti la visione della cucina italiana del presente”.
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