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MAL DELL’ESCA, LEGNO NERO, FLAVESCENZA DORATA, GRAVI MALATTIE DELLA VITE. MA I VIVAI NON SONO GLI “UNTORI”: CONVEGNO DI VITIS RAUSCEDO PER DIMOSTRARE L’ESTRANEITÀ DELLA PROPAGAZIONE DI QUESTI PATOGENI DA PARTE DEI PRODUTTORI DI BARBATELLE

Il mal dell’esca, il legno nero e la flavescenza dorata sono gravi malattie che colpiscono la vite. La loro causa è per lo più sconosciuta, ma da più parti, specialmente fra i viticoltori, ormai si è affermato il luogo comune che molta parte della responsabilità per la possibile propagazione di queste malattie debba essere ricondotta alle pratiche svolte nei vivai , soprattutto nelle fase di innesto della pianta fruttifera, già infetta da qualcuno di questi patogeni, sul portainnesto. Per la prima volta in Italia, un convegno, organizzato il 20 novembre a San Giorgio della Richinvelda (Pordenone), dalla Vitis Rauscedo, importante produttore di barbatelle della Provincia di Pordenone, luogo storico del vivaismo italiano, cercherà di sfatare questo luogo comune, dimostrando con evidenze scientifiche la pressoché totale assenza di responsabilità da parte dei vivai stessi.
Insomma, i vivai non sono gli “untori” dei vigneti italiani, perché, secondo le relazioni che verranno presentate per esempio dal professor Rino Credi del Dista di Bologna (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari), dal dottor Marco Stefano dell’Istituto di Biometereologia del Cnr di Bologna, dal professor Leonardo Valenti dell’Università di Milano e dagli agronomi dello Studio Sata Marco Tonni e Angelo Divittini, semplicemente non possono venire accusati della trasmissione di queste malattie attraverso l’innesto, considerato il maggiore indiziato, perché questa trasmissione non avviene e, anzi, le barbatelle innestate con materiale infetto muoiono subito.
Queste tematiche saranno approfondite e mese in relazione piuttosto con le pratiche agronomiche che i viticoltori sono tenuti ad effettuare anche nel giovane vigneto, prima che entri in produzione. Come dire: se un bambino non è curato con la dovuta attenzione, sarà più probabile che crescendo contragga delle malattie.
Un tentativo di ristabilire un piano di verità in un momento congiunturale decisamente delicato per tutti i comparti produttivi, compreso quello vivaistico, in notevole sofferenza per quanto riguarda la vendita di barbatelle.

Focus - Cosa è il mal dell’esca
Il mal dell’esca è una delle malattie della vite che oggi preoccupano maggiormente i viticoltori di tutta Europa, in quanto può compromettere l’esistenza dell’intero vigneto. Non sono attualmente noti rimedi curativi se non la prevenzione. Si tratta di una malattia complessa, causata dall’attività spesso combinata o consecutiva di più patogeni fungini (Phaeomoniella chlamydospora, Phaeoacremonium aleophilum e Fomitiporia mediterranea), in grado di determinare la comparsa di cinque sindromi: la malattia delle venature brune delle barbatelle, visibili nella sezione del legno; la malattia di Petri, che provoca sviluppo stentato e deperimento di giovani viti; l’esca giovane, caratterizzata da foglie “tigrate” (caratterizzate da aree necrotiche tra le nervature, che tendono a confluire fino al disseccamento dell’intera lamina fogliare) e venature interne del legno; la carie bianca, che provoca la degradazione del legno; l’esca propria, caratterizzata dalla presenza contemporanea di foglie tigrate e carie del legno. Gli acini di piante malate possono presentare aree necrotiche e spaccarsi. L’attacco di questi funghi avviene attraverso tagli di potatura, ferite o altre lesioni provocate, ad esempio, dalla grandine. La produzione e diffusione delle spore fungine avviene durante i periodi piovosi (con umidità superiore all’80%) e con temperature superiori ai 10°C. Non esistono prodotti chimici in grado di curare questa malattia; l’unico rimedio oggi possibile è la prevenzione. Misure preventive riguardano l’attuazione di pratiche agronomiche o accorgimenti diversi che permettano di ostacolare l’ingresso del patogeno nella pianta: evitare di provocare ferite sulla pianta, ed eventualmente intervenire con mastici cicatrizzanti contenenti fungicidi e disinfettanti; dopo forti grandinate che abbiano provocato lesioni sulle piante effettuare un trattamento protettivo con prodotti rameici; individuare tempestivamente le piante malate, contrassegnarle in modo da riconoscerle durante la potatura e trattarle separatamente dalle altre, il patogeno viene infatti facilmente trasportato da una pianta infetta ad una sana tramite gli strumenti di potatura (disinfettarli); allontanare ed eliminare (bruciare) i residui di potatura delle piante malate. E’ comunque sempre preferibile estirpare e sostituire le piante malate.

Focus - Cosa è il legno nero
Il legno nero, insieme alla flavescenza dorata, rappresenta una delle forme di “giallume” della vite maggiormente diffuse nelle aree viticole europee. Questa malattia, descritta per la prima volta in Francia nel 1961, è attualmente diffusa in tutte le principali aree viticole europee, compresa l’Italia. Il legno nero è provocato da fitoplasmi, trasmessi in natura dalla cicalina Hyalesthes obsoletus Signoret, un ospite occasionale della vite, che vive anche su altre numerose specie erbacee spontanee presenti nel vigneto o nelle sue vicinanze, soprattutto ortica, erba medica, rovo, etc. I sintomi di Legno nero sono quelli tipici di tutte le malattie da fitoplasma, quindi facilmente confondibili con gli altri giallumi (identici a quelli provocati dalla Flavescenza dorata): decolorazioni settoriali delle foglie (ingiallimenti nelle cv bianche, arrossamenti in quelle nere), che si estendono all’intera lamina fogliare, includendo anche le nervature; accartocciamento verso il basso della lamina fogliare, che assume consistenza cartacea (croccante); mancata lignificazione dei tralci, che assumono consistenza gommosa e tendono a ricadere verso il basso; frequente presenza sui tralci di punteggiature nere; disseccamento dei grappolini, con totale perdita della produzione. Per poter distinguere quale sia il fitoplasma responsabile dell’infezione (e quindi se si tratti di legno nero o flavescenza dorata) è indispensabile ricorrere ad analisi di tipo molecolare. Non esistono prodotti chimici in grado di curare la malattia in maniera diretta. L’unico tipo di lotta possibile è la prevenzione, basata principalmente su interventi di tipo agronomico (la lotta insetticida contro Hyalesthes obsoletus si è dimostrata spesso inefficace); diserbo delle piante ospiti del vettore (erbacee spontanee quali l’ortica) presenti all’interno o nelle vicinanze del vigneto (capezzagne, fossi, scoline); estirpo di piante infette.

Focus - Cosa è la flavescenza dorata
La flavescenza dorata rappresenta oggi la malattia probabilmente più temuta nei vigneti del nord Italia, in quanto è quella che ha avuto maggior diffusione negli ultimi anni provocando danni elevatissimi. La prima segnalazione di flavescenza dorata è stata fatta nel 1957 in Francia, precisamente in Guascogna, nella zona dell’Armagnac, poi in Corsica nel 1970 e nell’Aude nel 1982. E’ presente anche in Italia (osservata a Pavia nel 1963, segnalata in vigneti dell’Oltrepò pavese nel 1973, in Emilia Romagna nel 1982, in Veneto nel 1983, in Friuli nel 1986, in Piemonte e Lombardia nel 1987). Il nome “Flavescence dorèe” venne dato a causa della colorazione giallo metallica che assumono le foglie di cultivar a bacca bianca colpite da questa malattia. Oggi questa malattia è diffusa in molte aree dell’Europa centrale, Spagna, Francia, Svizzera, Slovenia, Croazia; in Italia è presente in tutte le regioni del nord. La flavescenza dorata fa parte dei cosiddetti “giallumi” della vite (compreso anche il Legno nero); un gruppo di ampelopatie provocate da fitoplasmi, microrganismi procarioti simili a batteri, che vivono all’interno del floema della pianta. La trasmissione del fitoplasma della flavescenza dorata viene effettuata in natura dalla cicalina Scaphoideus titanus (agente vettore). Le piante colpite da flavescenza dorata manifestano i primi sintomi l’anno successivo rispetto a quando è avvenuta l’infezione da parte dello Scaphoideus titanus. L’espressione dei sintomi varia in funzione della sensibilità varietale: varietà molto sensibili alla malattia sono Barbera, Cabernet franc e Pinot nero, Chardonnay, Pinot grigio e Trebbiano. L’espressione dei sintomi, inoltre, ha un andamento molto irregolare sulla stessa pianta; può variare da tralcio a tralcio, ed anche da un anno a quello successivo. Raramente la pianta infetta muore; la malattia porta ad un graduale deperimento della vite ed alla compromissione quantitativa e qualitativa della produzione. I tralci infetti non lignificano normalmente, ma rimangono verdi ed assumono consistenza “gommosa”; si ripiegano verso il basso dando alla pianta un aspetto cadente. La lamina fogliare accartoccia i lembi verso il basso si ispessisce assumendo consistenza cartacea. Spesso si ha la caduta anticipata delle foglie sui tralci infetti. La malattia provoca disseccamento totale del grappolo in fase precoce (alla fioritura), o disidratazione in fase più avanzata di maturazione. in ogni caso si ha la perdita totale della produzione. Non si conoscono ancora mezzi di lotta diretta nei confronti di questa malattia, l’unica possibilità d’intervento è la prevenzione. La flavescenza dorata diventa un problema serio nel caso venga sottovalutata; può essere tuttavia tenuta facilmente sotto controllo tramite: l’eliminazione delle piante infette, che costituiscono un pericoloso focolaio d’infezione; la lotta alla cicalina vettrice Scaphoideus titanus.

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