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MARASMA TOTALE NEI PREZZI DELL’AGROALIMENTARE: DAL CAMPO ALLA TAVOLA, L’AUMENTO E’ ANCHE DEL 400%: “BISOGNA INTERVENIRE NELLE FILIERE INEFFICIENTI” DICE LA COLDIRETTI

Il fatto che a fronte di una riduzione del 10% dei prezzi riconosciuti agli allevatori per i maiali, che sono oggi inferiori di un terzo rispetto a quelli di cinque anni fa, i listini di salsicce, salami, prosciutti e braciole abbiano continuato a crescere dimostra concretamente che l’aumento della spesa alimentare non nasce nei campi. Lo afferma la Coldiretti che, insieme a cittadini e consumatori, ha manifestato a Bologna in piazza Santo Stefano nell’ambito della mobilitazione nazionale per sostenere il consumo di prodotti made in Italy al giusto prezzo, in riferimento alle maggiori riforme dei mercati agricoli auspicate dalla Banca Centrale Europea (Bce) nel proprio bollettino di novembre.

L’invito della Bce va letto alla luce del fatto che la forbice tra prezzi alla produzione agricola e quelli al consumo tende ad accentuarsi ed è quindi necessario - sostiene la Coldiretti - lavorare per rendere più chiaro e diretto il percorso del prodotto con l’etichetta di provenienza, ma anche intervenire sulle filiere inefficienti che perdono valore nel trasferire il prodotto dal campo alla tavola.

Diseconomie che la Coldiretti chiede di recuperare e che sono favorite dalla mancanza di trasparenza con ben due prosciutti su tre in vendita sugli scaffali dei negozi italiani che si stima provengano da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania, Spagna senza che questo venga chiaramente indicato in etichetta.

Il prezzo del maiale - precisa la Coldiretti - moltiplica per cinque se si acquista la braciola, per dieci se si compra il salame e per oltre venti volte se è il prosciutto a finire nella busta della spesa, con l’effetto che gli acquisti familiari di carne suina e salumi si sono ridotti del 5,1% nel 2007, nei primi 8 mesi del 2007.

Più in generale, se è vero che è salita a 467 euro al mese la spesa che ogni famiglia italiana destina per gli acquisti di alimenti e bevande, è giusto precisare che oltre la metà per un valore di ben 238 euro (51%), va al commercio e ai servizi, 140 (30%) all’industria alimentare e solo 89 (19%) alle imprese agricole, a significare in altre parole che i prezzi dal campo alla tavola aumentano di cinque volte (+400%).

Si tratta di una dimostrazione evidente del fatto che eventuali variazioni dei prezzi alla produzione agricola hanno effetti molto limitati sui prezzi al consumo che dipendono principalmente da altri fattori. D’altra parte, l’esperienza del passato dimostra che alla diminuzione delle materie prime agricole non fa seguito una diminuzione dei prezzi al dettaglio che, invece, come benzina e gasolio, tendono sempre ad aumentare: negli ultimi venti anni il prezzo del pane è aumentato del 419% a fronte di una sostanziale stabilità del grano che peraltro ad ottobre si è ridotto del 10% sul mese precedente e non offre quindi alibi a ulteriori rincari del pane e della pasta, che dovrebbero al contrario diminuire.

Nella insostenibile forbice tra prezzi alla produzione e al consumo c’è dunque - conclude la Coldiretti - sufficiente margine per garantire una adeguata remunerazione agli allevatori e per non aggravare i bilanci delle famiglie.

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