Alla periferia del mercato mondiale del vino, il Messico è una delle poche economie sudamericane che continuano a crescere con costanza, con i consumi enoici che, non a caso, viaggiano allo stesso ritmo. Certo, siamo lontani dai numeri dei vicini Stati Uniti, ma si tratta comunque dell’undicesimo Paese al mondo per numero di abitanti (122 milioni), in cui la classe media, per quanto rappresenti una quota minoritaria, ha sempre più potere d’acquisto, senza dimenticare il peso, tutt’altro che da sottovalutare, del turismo, con 40 milioni di visitatori ogni anno. L’Italia, in questo contesto, ha visto crescere le proprie spedizioni del 65% negli ultimi 5 anni, per un giro d’affari complessivo di 36 milioni di euro, che ci vede al quarto posto per valori tra i Paesi esportatori, dietro a Spagna (64 milioni di euro), Francia (41 milioni di euro) e Cile (38 milioni di euro), che vuol dire una quota di mercato del 16% in valore e del 16% a volume. Ecco il quadro nel quale si inserisce la seconda tappa del Simply Italian Great Wines Americas Tour by Iem, che porta oggi, nel cuore di Città del Messico, a Polanco, il quartiere del lusso della megalopoli (28 milioni di abitanti), le griffe della produzione enoica del Belpaese, alla scoperta delle potenzialità di un mercato che, a medio termine, è destinato a crescere a ritmi superiori al 10% annuo.
Oggi, i numeri parlano però di prezzi medi ancora molto bassi per quanto riguarda l’export italiano: 2,74 euro al litro, poco sopra la Spagna, ma molto dietro le Francia (11,6 euro) e persino l’Argentina (3,56 euro al litro). Il motivo è piuttosto semplice, come racconta a WineNews uno dei principali importatori di vino italiano in Messico, Giovanni Orlotti, a capo della Camera di Commercio Italiana di Città del Messico, dove ha iniziato ad importare prodotti enogastronomici italiani più di trenta anni fa. “I consumi di vino in Messico sono di 6 milioni di casse (72 miloni di bottiglie), per la metà di vino messicano, con l’Italia che vanta il vino più venduto in Messico, il Lambrusco, che vale quasi un milione di casse (12 milioni di bottiglie). Il resto del vino italiano rappresenta tra le circa 250.000 casse, di cui 80.000 di Prosecco e Asti Spumante, per cui la quota reale del vino fermo italiano è decisamente piccola, sulle 170.000 casse (poco più di due milioni di bottiglie)”. In un certo senso, ricorda molto il mercato statunitense di tanti anni fa, in cui ancora in termini di comunicazione ed educazione c’è tantissimo da fare, perché il vino non è certo tra le prime opzioni del consumatore messicano, tantomeno quello italiano, in quello che non è peregrino definire un feudo della Spagna, con la Francia che, sulla fascia alta, fa corsa a sé.
Esiste però, in questo Paese assai polarizzato, in cui la frattura tra ricchi e poveri è ancora molto evidente, una nicchia di wine lovers dall’altissima capacità di spesa, quasi tutti nella capitale, sufficientemente curiose da lasciarsi guidare alla scoperta di grandi bottiglie. Ed è qui che entra in gioco l’alta ristorazione italiana, l’unico canale di vendita reale per certe bottiglie, come spiega Rolly Pavia, che in Messico vive da quasi trent’anni, e dove oggi ha 5 ristoranti, il primo dei quali proprio nella elegante Polanco, L’Osteria del Becco, casa madre della cantina di fine wine italiani più ricca di tutta l’America Latina, con oltre 50.000 bottiglie, tra verticali di Barolo di Aldo Conterno e vecchie annate di Brunello di Biondi-Santi, grandi formati di Masseto e bottiglie introvabili in qualsiasi altro indirizzo del Paese, molte delle quali importate direttamente da Rolly Pavia.
“Il nostro lavoro è stato lungo e faticoso, è iniziato venti anni fa, essenzialmente abbiamo costruito un mercato che non esisteva. L’aspetto importante - dice Rolly - è che il messicano è disposto a bere vino: abbiamo la fortuna di avere locali che lavorano sempre molto bene, per questo sei anni fa abbiamo deciso di importare direttamente le bottiglie più difficili da trovare, spuntando prezzi migliori. Bisogna credere nella qualità dei prodotti italiani, con voglia e passione si può costruire un bel mercato. È un mercato giovane - continua Rolly - in cui la gente sta iniziando a capire il vino, partendo da quello messicano e passando per quello spagnolo, che ha un’influenza fortissima su gusti e consumi, ancora spostati su vini marmellatosi, fruttati, per questo i vini che piacciono subito sono quelli del Sud Italia, anche se la Regione più gettonata in assoluto è la Toscana. Tra i grandi vini, al vertice ci sono i Super Tuscan, seguiti dal Barolo, dal Brunello di Montalcino e dall’Amarone, sempre più richiesto. Tutti gli altri, all’inizio fanno fatica, specie a certi prezzi, ma basta lavorarci bene”.
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