L’estetica pop di Tommy Hilfiger declinata in chiave food, tra panini al pulled pork, cocktail d’autore, quadri di Andy Warhol e arredi americani di design: la griffe Usa apre nel cuore di Milano il Tommy’s Cafe, primo bar in Europa, in contemporanea con il nuovissimo concept store. Ma Tommy Hilfiger è solo l’ultimo, in ordine di tempo, tra i marchi della moda italiana ed internazionale che hanno investito nella ristorazione, nuova frontiera del lusso. Da Gucci ad Armani, da Prada a Trussardi, da Dolce & Gabbana a Dsquared, è lunga la lista dei locali, stilata da WineNews, in cui sedersi a tavola e togliersi lo sfizio di un drink o di un menu firmato dal proprio stilista preferito. Una strategia di diversificazione del mondo della moda che fa l’occhiolino all’inarrestabile hype che ruota attorno alla gastronomia, e che consente a fashion addicted, foodies ma anche semplici curiosi di godere di una full immersion in un ambiente in cui ogni dettaglio corrisponde all’estetica della griffe, dove il marchio non è solo sinonimo di shopping, ma anche di sapori ricercati, presentazioni curatissime, ambientazioni suggestive, luoghi d’incontro e soprattutto esperienze. Che vengono poi condivise e amplificate sui social, una cassa di risonanza internazionale che, tra Instagram e TikTok, vede rimbalzare piatti e selfie, per una promozione del brand praticamente a costo zero.
Il nuovo Tommy’s Cafe, in Piazza Oberdan, nella capitale meneghina, sarà un ristorante e cocktail bar aperto dalla colazione fino a cena, oltre all’imperdibile brunch del weekend. Una vera e propria estensione in chiave food del vicino concept store, con ricette - curate dal catering Zerobriciole fondato da Martina Camporeale, food strategist per diverse realtà internazionali - che prendono spunto dalla tradizione a stelle e strisce e si allargano ad influenze contemporanee. Dal panino al pulled pork ai danesi smørrebrød, dal risotto al vitello tonnato, passando per la drink list in chiave americana, si mangia circondati da dettagli rossi e bianchi - colori iconici del brand - e opere di artisti di fama mondiale, tra cui “Campbell’s Soup Cans” di Andy Warhol, donata personalmente dallo stilista Tommy Hilfiger.
Milano rimane la prima scelta per gli investimenti delle aziende del fashion nella ristorazione. Uno dei pionieri è stato Giorgio Armani, che, nel 1998, ha aperto il suo primo ristorante a Parigi, seguito nel 2000 da Armani Nobu a Milano, in partnership con la firma mondiale del sushi. Più giovane e informale il format dell’Emporio Armani Ristorante & Caffè, a cui si affianca l’elegante Armani Ristorante, tutti racchiusi all'interno del raffinato Armani Hotel Milano, in via Manzoni. Oggi lo stilista italiano vanta una rete di oltre 20 locali in tutto il mondo, da Tokyo a Dubai.
Nell’intreccio tra food & beverage e moda il design dei locali è importante tanto quanto il menu, perchè deve riflettere a pieno l’immagine del brand. Non a caso Prada (che è anche proprietaria dello storico brand meneghino Pasticceria Marchesi), nel 2015 ha chiamato nientemeno che il regista cult Wes Anderson (tra i suoi film più famosi “The Grand Budapest Hotel", “The Tenenbaums” e l’ultimo “The French Dispatch”), famoso per la sua inconfondibile visione estetica e l’estrema cura dei dettagli, per disegnare il suo Bar Luce, dall’allure vintage ispirata agli anni Cinquanta e Sessanta. Ma la Fondazione Prada ospita anche, all’ultimo piano, il ristorante Torre, progettato dall’architetto Rem Koolhaas, che propone cucina dall’impronta toscana, tra opere d’arte e pezzi unici di design.
Sempre a Milano, Dolce & Gabbana firmano il DG Martini Bar & Bistrot in Corso Venezia, che unisce due icone dello stile italiano in un ambiente lussuoso (appena rinnovato dall’architetto Eric Carlson) e un menu che risente di una decisa influenza siciliana. Location d’eccezione sul rooftop del quartier generale di Dsquared (brand fondato dai gemelli canadesi Dean e Dan Caten) per il ristorante Ceresio 7, con la cucina dello chef Elio Sironi e due piscine con vista ineguagliabile sul panorama cittadino. Ricorda una nave, grazie alla preziosa boiserie in legno, il ristorante The Stage, del marchio di casualwear Replay, mentre Ralph Lauren accoglie i suoi clienti al The Bar at Ralph Lauren, accanto allo store, per un classico cocktail Old-Fashioned o un hamburger in puro American style. Trussardi, nel proprio palazzo milanese di fronte al Teatro alla Scala, ospita il ristorante Trussardi alla Scala by Giancarlo Perbellini - che si è guadagnato 2 stelle Michelin - oltre che un più informale caffè. La griffe Bulgari ha scelto lo chef Niko Romito per il ristorante del Bulgari Hotel Milano mentre a Dubai c’è Versace Vanitas, ristorante italiano dell’hotel Palazzo Versace.
Gucci (proprietà della holding del lusso Kering) ha, invece, scelto Firenze, città di origine del brand fondato da Guccio Gucci: qui nel 2018 ha aperto Gucci Osteria by Massimo Bottura, con la supervisione dell’über chef dell’Osteria Francescana. Affacciato sull’iconica Piazza della Signoria, il ristorante (1 stella Michelin) propone una cucina internazionale, servita naturalmente in finissime stoviglie Richard Ginori (altro storico marchio toscano acquistato e rilanciato negli ultimi anni proprio da Gucci). É affiancato da una boutique e da una galleria d’arte, oltre che dal nuovissimo cocktail bar Gucci Giardino 25. Dopo il capoluogo toscano Osteria Gucci ha aperto anche a Beverly Hills, Tokyo e Seoul. Ma già nel 2015 il marchio aveva debuttato nel mondo della ristorazione con 1921 Gucci a Shangai, ormai chiuso. Roberto Cavalli (marchio che appartiene attualmente ad un fondo di investimento) ha fondato a Milano nei primi anni Duemila il celebre Just Cavalli, che si è poi espanso anche in Versilia e a Porto Cervo, oltre che a Dubai con il Cavalli Club Restaurant e Lounge. Lo storico marchio di cappelli Borsalino, simbolo di eleganza estiva e artigianalità made in Italy, ha invece inaugurato lo scorso anno a Marina di Pietrasanta il Panama Restaurant Beach Versilia by Borsalino, indirizzo décontracté che offre raffinati piatti di pesce con vista mare. E se a Roma Palazzo Fendi ospita il famoso ristorante giapponese Zuma (ma non partecipa alla gestione), Boss ha sperimentato nei mesi scorsi nella capitale un progetto pop up con il primo Boss Caffè al mondo, in piazza San Lorenzo in Lucina, poco distante dallo store. Il locale era customizzato con i colori del brand tedesco (nero, bianco e cammello) ed offriva una ristorazione ispirata alla cucina romanesca.
Anche Oltralpe l’abbinata fashion & food si conferma un cavallo vincente su cui puntare: Christian Dior (che ha già vari caffè tra Saint-Tropez, Tokyo, Seoul e Miami) dopo due anni di lavori di ristrutturazione ha inaugurato a Parigi, nello storico indirizzo di Avenue Montaigne, il suo raffinatissimo ristorante Monsieur Dior, capitanato dallo chef Jean Imbert. E in chiave parigina non poteva mancare una sosta per acquistare macaron ed éclair griffati: si può farlo naturalmente all’adiacente Pâtisserie Dior. Anche Luis Vuitton (come Dior appartenente a Lvmh, primo gruppo al mondo del luxury, che ha comprato tra l’altro lo storico marchio milanese Pasticceria Cova) ha aperto nel 2022 il suo primo ristorante griffato: il Mory Sacko at Louis Vuitton è a Saint-Tropez, all’interno dell’hotel “White 1921” e vicino alla boutique storica della maison. Qui la cucina francese subisce influenze africane e giapponesi. Ma per un caffè firmato Vuitton c’erano già locali in Asia, come il “Cafè V” ad Osaka, all’ultimo piano del flagship store. Nel mondo dell’alta ristorazione non poteva mancare la firma di Chanel, storica maison francese, da anni a Tokyo nel quartiere ultra-lusso di Ginza, con il ristorante Beige guidato dallo chef Alain Ducasse.
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