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MONTALCINO RISCOPRE IL SUO “MOSCADELLO”

Montalcino, la regina tra le terre di Toscana “da rosso”, riscopre il Moscadello e lo adotta per salvarlo dall’estinzione. Questo vino, tanto amato dal Redi e dalle dame “ ... di Parigi, e per quelle, che sì belle, rallegran fanno il Tamigi ...”, dopo cinque secoli di vita, sta infatti diventando una perla rara: solo 100.000 bottiglie all’anno - con prezzi al pubblico che variano dalle 13.000 alle 40.000 lire - per pochi appassionati viticoltori. L’idea è arrivata dal Consorzio ed interessa le 9 aziende produttrici (Castello Banfi, Tenuta Il Poggione, Capanna, Caprili, Pertimali, Caparzo, Col d’Orcia, La Poderina, Villa Poggio Salvi) di quel Moscadello tanto prediletto dal Foscolo, che nel soggiorno fiorentino del 1812-1813 sul colle di Bellosguardo, si confortava dalle fatiche letterarie con un buon bicchiere del “biondo nettare”, e da diversi Pontefici, che già nel ‘500 se lo facevano inviare - stando a rari documenti dell’Archivio segreto del Vaticano - dai monaci di S.Antimo, che lo producevano nei poderi di proprietà dell'Abbazia.
Questa operazione culturale e produttiva delle “allegre bollicine” o del “giallo dorato” (a seconda della sua tipologia) parte da un progetto di sperimentazione: dai campioni di vitigni ritrovati nelle poche moscadellaie storiche sopravvissute, sono stati infatti identificati e ripiantati oltre 80 presunti cloni diversi di Moscadello, tutti indigeni di Montalcino. “Dobbiamo rendere più onore e giustizia al Moscadello - spiega il direttore del Consorzio del Brunello di Montalcino, Stefano Campatelli - ed alla sua grande eredità culturale-enologica di Montalcino. Un vino antico (che è doc dal ’84) così affascinante ed attuale che alcuni grandi chef lo stanno riscoprendo anche come base per salse dolci o come fine-pasto, e che, con una storia di cinquecento anni, può rilanciarsi in una nuova stagione di successo produttivo e commerciale, legato soprattutto al territorio ed al forte flusso turistico che ormai movimenta Montalcino”.


LA SCHEDA


IL BIONDO, FRUTTATO, ANTICO E "DIVINO MOSCADELLETTO DI MONTALCINO"


LA STORIA

Montalcino, nella storia, è stato, per secoli, la terra del Moscadello, il vino che Francesco Redi nel 1685 decantava: “Del leggiadretto,/del sì divino/Moscadelletto/Di Montalcino”. Il medico-poeta aretino, uomo di raffinate qualità e scienziato insigne, compose il “Bacco in Toscana” in onore ai migliori vini toscani, sulle orme gioiose dei vecchi ditirambi ellenici. Il Moscadello di Montalcino, data la fama internazionale che aveva raggiunto, viene definito dal Redi “Vin, ch'è tutto grazia” e destinato “per le dame di Parigi,/E per quelle,/Che sì belle/Rallegran fanno il Tamigi”. Moltissime sono le notizie storiche relative a noti personaggi che testimoniano l’apprezzamento del Moscadello. Primo fra tutti, il grande poeta Ugo Foscolo: nel soggiorno fiorentino sul luminoso colle di Bellosguardo (nel 1812-1813), nel periodo più drammatico della sua vita, fra ristrettezze economiche, sospetti di attività antibonapartiste ed attriti con gli ambienti letterari milanesi, il Foscolo, infatti, si confortava dalle fatiche letterarie con un buon bicchiere di Moscadello di Montalcino che offriva con orgoglio ai suoi amici. La pregiata produzione di Moscadello ha origini antiche: nel 1540, in una lettera inviata da Venezia ad un amico, lo scrittore Pietro Aretino lo ringrazia elogiandolo per il dono di un “caratello di prezioso, delicato Moscadello, tondotto, leggiero, e di quel frizzante iscarico che par che “biascia, morde e trae di calcio”, parole che parrebbon la sete in su’ le labbra ...’; alcuni documenti, nell’archivio segreto del Vaticano, dimostrano che nei poderi di proprietà dell’Abbazia di S.Antimo, nel 1591, i mezzadri producevano il Moscadello; il pontefice Urbano VIII, nei primi decenni del Seicento, lo apprezzava ‘per la sua gagliardia e sapore’ e con grande dicrezione ‘solea spesso richiederlo per sé e per la sua Corte’; nei libri di viaggio e nei racconti dei viandanti famosi del Seicento, del Settecento ed anche dell’Ottocento non mancava mai la citazione con elogio del Moscadello di Montalcino ‘fra i più rari e rinomati vini di Toscana’. Le malattie (oidio, peronospora, fillossera), tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento, portarono poi a termine il secolare ciclo delle vecchie moscadellaie. I viticoltori decisero, a quel punto, di far posto all'astro nascente, il Brunello, la cui fama già era esplosa (il professor Martini della Scuola di Viticoltura e Enologia di Conegliano Veneto, nel 1885, in una conferenza su “La ricchezza avvenire della provincia senese”, mette già in evidenza che il Senese “è ormai conosciuto su tutti i mercati vinicoli nazionali ed anche nei principali esteri per i tre tipi di vino: Chianti, Brunello di Montalcino, Montepulciano)”. Il Moscadello, comunque, non scomparse definitivamente, ma la sua produzione andò via via diminuendo fino a diventare una curiosità enologica. Oggi il Moscadello è stato rilanciato da una decina d’aziende (una di queste, la Tenuta Col d'Orcia, ha anche creato un campo sperimentale dove, dai campioni di vitigni ritrovati nelle poche moscadellaie sopravvissute, sono stati identificati e ripiantati oltre 80 presunti cloni diversi di Moscadello, tutti indigeni di Montalcino).

IL DISCIPLINARE DI PRODUZIONE

Il disciplinare di produzione del Moscadello prevede che il vino sia ottenuto da uve di moscato bianco. Per il tipo “vendemmia tardiva”, il più interessante dal punto di vista organolettico, la resa di uva parzialmente appassita non deve essere superiore ai 50 quintali ad ettaro e la vendemmia non può iniziare prima del primo ottobre di ciascun anno. La gradazione alcolica minima totale permessa al consumo è di 15 gradi. Il Moscadello può essere prodotto anche nel tipo frizzante e nel tipo tranquillo (la resa massima dell'uva per ettaro, secondo disciplinare, è di 100 quintali).

LE CARATTERISTICHE

Il Moscadello di Montalcino, alla vista, si presenta giallo paglierino tenue nel tipo frizzante, che tende a divenire più cupo nel tipo tranquillo e ad assumere l'aspetto del giallo dorato tenue nella tipologia con appassimento. Caratteristico l’olfatto: manifesta l’aroma di moscato equilibrato e fresco, con delle sfumature floreali per il tipo con appassimento. Il palato è piacevolmente appagato dal dolce e dall'armonia aromatica del tipo tranquillo, il frizzante offre inoltre l’invitante brio del leggero perlage. La tipologia con appassimento dimostra la vellutata eleganza e l’avvolgenza di un vino passito. Il Moscadello di Montalcino tranquillo e frizzante è da consumarsi giovane, mentre il tipo con appassimento può essere conservato anche negli anni. Trova la sua collocazione naturale a fine pasto, accompagnando piacevolmente pasticceria e dolci secchi. Tuttavia, grandi chef lo hanno riscoperto come base per alcune salse dolci (felicissimo l’accompagnarlo a foie gras e pecorini).

DATI & LEGISLAZIONE

Il Moscadello (che può essere imbottigliato solo nella zona di produzione, cioè il comune di Montalcino) ha la Doc (Decreto del Presidente della Repubblica del 13 novembre 1984), è ora tutelato e valorizzato dal Consorzio del Brunello di Montalcino e viene prodotto in 100.000 bottiglie (il prezzo indicativo in enoteca di una bottiglia è di 13.000 lire per il frizzante e tranquillo e sulle 40.000 lire per il “vendemmia tardiva”).

LE AZIENDE PRODUTTRICI

Versione frizzante: Banfi e Poggione; Versione tranquillo: Capanna, Caprili e Pertimali; versione Vendemmia Tardiva: Banfi, Capanna, Caparzo, Col d’Orcia, La Poderina e Villa Poggio Salvi.

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