Crisi del vino? Provate a chiederlo ai fondi di investimento internazionali che sono arrivati a Montalcino, con l’obiettivo di comprare qualche azienda, magari pensando di approfittare del difficile momento congiunturale: se ne sono dovuti andare a mani vuote, perché nel terroir del Brunello, forse uno dei pochissimi casi in Italia, non esistono cantine o vigneti in vendita, e la terra vale come l’oro, con quotazioni tra le più alte del Paese (dai 250.000 ai 500.000 euro ad ettaro, per le vigne più prestigiose).
La terra del Brunello rappresenta a tutti gli effetti un capitale immobilizzato, e dei più ragguardevoli: le quotazioni appartengono alla “top ten” dei fondi agricoli più costosi d’Italia, e per questo i vigneti di Montalcino possono essere paragonati a veri e propri “beni-rifugio”, come l’oro o i diamanti. Ecco perché i vignaioli se li tengono stretti: qui la crisi che sta attraversando il vino italiano non ha fatto sentire i suoi effetti. A differenza di tante altre zone, anche famose, in cui ogni giorno vengono messe in vendita aziende vitivinicole, a Montalcino i produttori sono legati a doppio filo ai loro vigneti, e si guardano bene dal separarsene. Forti del buon andamento del Brunello sul mercato - nel 2004, il business si è attestato sui 143 milioni di euro - sono anche consapevoli che i propri vigneti (1.900 ettari quelli iscritti all’albo del Brunello, anche se complessivamente gli ettari vitati nel territorio di Montalcino sono 3.000), da cui nasce uno dei simboli più noti e ricercati del buon bere italiano del mondo, si rivalutano ogni anno del 2-3%. Le cicliche oscillazioni del comparto non toccano questo piccolo Eden dell’enologia e le vigne danno, ogni anno, ottimi margini di reddito.
Un territorio, dunque, in perfetta “salute” economica, confermata non solo dall’impossibilità di trovare aziende in vendita, ma anche da dirigenti di importanti istituti di credito, che dichiarano non esserci, ad oggi, cantine di Montalcino che presentano segni di sofferenza finanziaria. “Questo posizionamento di stabilità e d’eccellenza individua ormai Montalcino (vino-territorio-antropizzazione) - spiega il professor Fabio Taiti, presidente del Censis Servizi Spa e uno dei più autorevoli studiosi del fenomeno del turismo del vino - come un “classico fuoriclasse”: forte identità, definita unicità, dimensione circoscritta e rigida, assenza (o quasi) di possibili concorrenti, alto (ma non infinito) livello di apprezzamento del differenziale di valore sul mercato. Classici si diventa in virtù di un eccezionale dosaggio di equilibri tra sviluppo, equità e ambiente. Ma “classici” si rimane solo se si mantiene viva nel tempo la capacità di comunicare il proprio messaggio ai mutevoli canoni culturali. Forse Montalcino non è ancora un Michelangelo, ma è già certo un Van Gogh!”.
Ma a spiegazione del “fenomeno Montalcino” c’è anche un’altra ragione: la struttura fondiaria dei vigneti è polverizzata in una miriade di aziende (i produttori sono 240, di cui 183 imbottigliatori), piccole o piccolissime (il 22% è inferiore ad un ettaro; il 29% tra 1 e 3 ettari; il 15% tra 3 e 5 ettari; il 15% tra 5 e 15 ettari, il 9% tra 15 e 100 ettari; solo l’1% sopra i 100 ettari) e quasi tutte sono a gestione familiare: questo significa che l’attaccamento alla propria terra è anche affettivo, oltre che economico, e con radici antiche. I vigneti a Montalcino rappresentano per i produttori una sorta di “tesoro di famiglia”, da custodire gelosamente e con amore, e da lasciare in eredità ai figli: nessuna azione, nessuna obbligazione, nessun titolo può garantire lo stesso rendimento negli anni e, soprattutto, la stessa sicurezza.
Ma, attenzione, nel mondo del vino non vale dappertutto questa regola: sono tanti i territori d’Italia in cui i vigneti hanno perso valore negli ultimi tempi, dopo il boom fondiario che andava avanti da più di 30 anni. L’incremento dei terreni agricoli è stato causato da diversi fattori: la delusione della Borsa, il rendimento minimo superiore all’inflazione, le mode del vino che fanno salire alle stelle le quotazioni di prestigiosi territori. Ma adesso che il settore sta attraversando una crisi, sia nel mercato italiano sia in quello internazionale (soprattutto europeo), anche i vigneti non si rivalutano più come una volta. Eppure Montalcino sembra essere immune da ogni bolla speculativa: un aspetto che i fondi d’investimento internazionali - da qualche anno interessati a mettere nei propri “portafogli” anche griffes di territori famosi del “wine & food”, dal buon reddito ed immagine - venuti in cerca di “acquisti facili” non avevano considerato!
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