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NASCE A PISA UNA “TERZA VIA” OLTRE LE PRATICHE AGRONOMICHE CONVENZIONALI E QUELLE BIOLOGICHE. LA TRACCIA L’ATENEO DELL’EX REPUBBLICA MARINARA CHE, INSIEME ALLA REGIONE TOSCANA, PUNTA SULL’AGRICOLTURA CONSERVATIVA

C’è una terza via fra l’agricoltura biologica e quella convenzionale: è l’agricoltura conservativa e il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “E. Avanzi” dell’Università di Pisa ha cominciato a studiare questa pratica già dal 1986, fra i primi in Italia. Un’esperienza quasi trentennale che è ora al servizio di un progetto della Regione Toscana “Agrotecniche conservative finalizzate alla riduzione dell’impatto ambientale del frumento e alla caratterizzazione dei suoi derivati” finanziato con circa 200 mila euro nel bando per lo sviluppo rurale 2007/2013.

Oltre all’Ateneo pisano come partner scientifico, il progetto è coordinato dal Consorzio Agrario di Pisa e vi partecipano l’Azienda Agricola Martello Nadia e l’Azienda Agricola Squadrelli Ottavia, rispettivamente nelle province di Pisa e Siena per un totale di 80 ettari sotto monitoraggio.

“L’obiettivo del progetto - ha spiegato Marco Mazzoncini, direttore del Centro “E.Avanzi” - è di far conoscere e diffondere la pratica dell’agricoltura conservativa che si basa sull’impiego di tecniche semplificate di lavorazione del terreno e un impiego razionale della chimica di sintesi. Tra le tecniche conservative, la non-lavorazione (semina su sodo) e anche la lavorazione minima, hanno un ruolo di primaria importanza dal punto di vista della sostenibilità, sia ambientale che economica”.

In particolare, la non-lavorazione del terreno, riduce i rischi di erosione, incrementa il carbonio organico dello strato superficiale del terreno rendendolo più fertile. La sostenibilità di questa tecnica si basa anche sulla minore quantità di energia richiesta delle colture seminate su “terreno sodo” connessa al forte risparmio di gasolio che si traduce in una significativa riduzione delle emissione di anidride carbonica (anche oltre il 50% rispetto alla tecniche convenzionali). L’agricoltura conservativa, quando correttamente applicata, non determinando apprezzabili cali di produzione rispetto alle tecniche ordinarie (almeno per i cereali invernali come il grano) offre maggiori margini di guadagno riducendo significativamente i costi di produzione intorno ai 130-160 euro per ettaro.

“Malgrado i numerosi vantaggi, allo stato attuale, tuttavia, le tecniche di agricoltura conservativa non hanno ancora una grande diffusione in Italia - ha sottolineato Mazzoncini - e questo per una serie di difficoltà di tipo agronomico ed extra-agronomico che spesso incontrano gli agricoltori. Ma il superamento di queste difficoltà potrebbe rappresentare un passo avanti verso una maggiore sostenibilità dei sistemi cerealicoli regionali”.

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