Dopo il 2020, anno in cui il settore agrituristico ha sperimentato, come tutti gli altri, un crollo della presenza di stranieri, l’estate 2021 ha visto un consolidamento della domanda interna e, contestualmente, il ritorno di una parte della clientela estera, quasi esclusivamente europea, in particolare dalla Germania. Ma con il Covid è cambiato anche il modo di organizzare le vacanze: vincono la prenotazione diretta, senza intermediari, in particolare via web (7 turisti su 10), e le decisioni last minute. E’ il quadro del settore agrituristico post-pandemia che arriva da “AgrieTour”, salone del settore, edizione n. 20, chiuso ieri ad Arezzo.
Secondo i dati Osservatorio Ismea-Rete Rurale, la Germania nel 2020 si è confermata il principale mercato estero di provenienza, anche per via del crollo della domanda di tutti i Paesi extra europei, tra cui gli Stati Uniti (-94% sul 2019), il Regno Unito (-75%) e la Danimarca (-81%). Così il mercato tedesco è arrivato a rappresentare la metà dell’intera domanda estera (il 46% degli arrivi e il 53,3% delle presenze straniere), seguito per numero di ospiti da Svizzera, Paesi Bassi, Francia e Belgio. Dopo gli italiani, i turisti tedeschi, benché in diminuzione rispetto al 2019, continuano a rappresentare nel 2020 la quota più alta di ospiti in assoluto (14% degli arrivi complessivi e il 20,5% delle notti), con un soggiorno medio di 6 notti
Invece, il turismo nazionale è composto in parte da viaggiatori già fidelizzati e frequentatori abituali dell’agriturismo e dei territori rurali italiani, ma anche da nuovi visitatori che hanno scoperto la vacanza nelle campagne italiane proprio per le condizioni createsi a seguito della pandemia. Sul 2020, una quota significativa di imprese ha registrato un ulteriore aumento delle presenze di famiglie (47,1%) e coppie (43,3%).
In merito alle ragioni che hanno portato gli ospiti del 2021 a scegliere gli agriturismi, per un terzo degli imprenditori (32,8%) nella scelta ha pesato prevalentemente la posizione geografica della struttura, soprattutto la vicinanza a particolari attrattori turistici. In alcuni casi ha giocato un ruolo importante la prossimità al luogo di lavoro, determinante soprattutto per gli ospiti che hanno potuto sfruttare lo smart working. Per quasi un quarto degli imprenditori (23,2%) l’agriturismo è stato scelto in quanto tipologia di vacanza rilassante, lontana da mete affollate e da situazioni di stress, mentre poco più di un quinto (21,1%) ritiene di essere stato scelto per l’offerta legata al cibo e alla ristorazione. Spiccano, infine, le motivazioni legate alla possibilità di svolgere attività nella natura e di poter fruire di ampi spazi all’aperto (10,8%), insieme alla tranquillità e alla disponibilità esclusiva di spazi.
Allo stesso modo è aumentata ulteriormente la quota delle prenotazioni effettuate tramite internet (sette italiani su dieci). Conseguentemente al minor ricorso all’intermediazione via web, si continua a registrare un calo di strutture disponibili sulle piattaforme online, tendenza che riguarda anche l’agriturismo.
Le vacanze dell’ultimo minuto hanno caratterizzato la stagione 2021, soprattutto a causa delle incertezze legate all’emergenza sanitaria. Per l’81% delle imprese le prenotazioni da parte degli ospiti stranieri sono state fatte con un anticipo inferiore o uguale a un mese dall’arrivo nella struttura, il dato sale al 92% nel caso degli ospiti italiani. Allo stesso tempo si è ridotta la tendenza “mordi e fuggi”, come conferma l’aumento della permanenza media degli ospiti, in controtendenza rispetto a quanto verificatosi negli ultimi anni.
L’agriturismo è tra le attività che più hanno aumentato la propria quota di mercato sull’intero settore turistico passando dal 2,9% al 4% per numero di ospiti e dal 3,2% al 4,4% per pernottamenti. In crescita anche la quota di mercato agrituristica all’interno dell’extralberghiero con il 13,2% degli arrivi e il 10,8% delle presenze, contro l’11,2% e il 9% del 2019. Nel riassetto dello scenario competitivo dell’extralberghiero, insieme all’agriturismo è aumentata la quota dei campeggi, mentre si è ridotta, per numero di arrivi, quella degli alloggi privati.
Focus - È la Toscana la “regina” degli agriturismi in Italia, con oltre 5.000 aziende. Siena guida la classifica, seguita da Firenze e Arezzo
È la Toscana, con i suoi paesaggi iconici, i profili di cipressi e i filari di viti, i borghi e le inconfondibili colline, la regione leader in Italia negli agriturismi: al 31 dicembre 2021 erano attive 5.382 aziende, di queste 4.381 autorizzate all’alloggio. I posti letto sono 83.493, di cui 19.051 in struttura e 64.442 in appartamento, mentre il numero delle camere è di 40.883, 8.958 in struttura e 31.925 in appartamento. Esistono anche 2.013 piazzole per gli agricampeggi. La provincia con maggior numero di aziende autorizzate all’alloggio è quella di Siena, con 1.112 strutture, seguita da Grosseto, 1.099 aziende e Firenze, 702 aziende, Arezzo 625 e Pisa 522. Il 52% degli agriturismi toscani è condotto da un uomo, mentre soltanto Massa Carrara inverte la situazione: 36,3% maschi e 63,7% femmine.
Ma in Toscana si rileva anche una notevole riduzione delle aziende agricole: secondo Coldiretti il numero si è infatti più che dimezzato rispetto al 2000, quando erano 121.000, mentre oggi sono 52.146 (-59,7%). Nelle aziende agricole multifunzionali, le innovative sono il 39,1%, in particolare per la silvicoltura (49,9%) e la produzione di energia rinnovabile (52,5%). Tra le attività connesse cresce soprattutto l’agriturismo, praticato dal 37,8% delle aziende multifunzionali. Tra le aziende più digitali ci sono quelle impegnate nell’agriturismo (69,3%), agricoltura sociale (71,5%) e fattoria didattica (76,6%). I computer sono più presenti nelle aziende giovani e a pesare è anche il titolo di studio.
La Toscana, secondo una ricerca Intesa Sanpaolo, è anche la prima Regione italiana (ex aequo con il Veneto) per certificazioni di qualità Dop/Igp con ben 92 prodotti (tra cui 34 cibi e 58 vini), ed è quinta per impatto della Dop Economy, con un valore della produzione di 1,15 miliardi di euro nel 2020, di cui 1 miliardo nei vini (fonte: Rapporto Ismea - Fondazione Qualivita).
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