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MERCATI IN ESPANSIONE

Negli Usa 1 bottiglia su 5 di Pinot Grigio venduta nel 2022 appartiene alla Doc delle Venezie

Un convegno in Fondazione Mach per fare il punto sulla denominazione, tra storia, valorizzazione e prospettive
FONDAZIONE MACH, PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE, vino, Italia
I vigneti di Pinot Grigio delle Venezie

Gli americani sono da sempre grandi amanti del Pinot Grigio - che si colloca al n. 4 delle varietà più vendute negli Usa - soprattutto quello italiano: nel canale off-trade “a stelle e strisce” 1 bottiglia su 5 di Pinot Grigio acquistata nel 2022 appartiene alla Doc delle Venezie, pilastro della produzione e dell’export nazionale, oltre che la più estesa denominazione d’Italia con 15.000 ettari di vigneti. É il dato più interessante del convegno “Delle Venezie Doc: maturi per crescere. Origine, stili e mercati del Pinot Grigio”, di scena, in questi giorni, in Fondazione Mach di San Michele all’Adige (Trento), il primo di due appuntamenti tecnici e di mercato organizzati dal Consorzio di Tutela.
Secondo Denis Pantini, responsabile Business Unit Agrifood & Wine Nomisma, che ha illustrato gli andamenti rispetto ai consumi e le prospettive per il Pinot Grigio, “nell’ultimo decennio, l’export di vini italiani imbottigliati - oltre agli spumanti - ha visto crescere quello di vini bianchi fermi di oltre il 10% in termini di bottiglie, rispetto ad un leggero arretramento dei vini rossi. Tra i principali mercati di destinazione figurano gli Stati Uniti, dove il Pinot Grigio delle Venezie rappresenta uno dei vini bianchi italiani più consumati. La quota di mercato della Doc delle Venezie rispetto alla tipologia è pari al circa il 20% sul 40% totale di Pinot grigio italiano venduto”. Luca Rossetto, professore dell’Università di Padova, ha esplorato i cambiamenti in atto a livello globale nei segmenti fermi e spumanti, le prospettive di crescita nonché le opportunità e le minacce. “La Francia e l’Italia - ha spiegato Rossetto - sono i due principali produttori, formando il 37% della produzione mondiale, nonché le prime nazioni esportatrici di vino al mondo detenendo il 33% dell’export mondiale in volume. A trainare l’export del Belpaese oggi è il segmento degli spumanti, seguito dai bianchi. I primi partner commerciali dei bianchi veneti restano Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Belgio e Canada che negli ultimi cinque anni hanno visto crescite percentuali fino a tre cifre, dove il Pinot grigio (55-60% dei vini bianchi certificati) è il principale driver di crescita. Questi sono inseriti nei cosiddetti mercati “affidabili”, diversamente da quelli attualmente “instabili” come la Cina e da quelli “difficili o speciali” come Singapore o la Tailandia, legati ai flussi turistici e che soffrono la concorrenza dei vini francesi, australiani o americani”.
Triveneta Certificazioni è l’organismo di controllo che gestisce annualmente volumi di quasi 2 milioni di ettolitri imbottigliati di Doc delle Venezie e oltre 200 milioni di contrassegni di Stato apposti su ogni singola bottiglia, con una base produttiva di 15.000 ettari (di 27.000 a Pinot grigio potenziali del Triveneto) - 6.141 viticoltori, 574 vinificatori, 363 imbottigliatori, di cui una trentina esteri che devono e accettano di apporre il contrassegno sulle loro bottiglie. “Questi sono i numeri di un servizio oggi a garanzia del consumatore e della qualità dei vini del nostro territorio - dice il direttore Denis Giorgiutti - Triveneta Certificazioni nasce nel 2016 dall’esperienza degli Organismi di Controllo del Triveneto con l’incarico di gestire la tracciabilità e il controllo dei vini Doc delle Venezie”. Loris Cazzanelli, enologo e rappresentante dei Giovani Assoenologi Trentino, ha spiegato come il consumatore odierno sia sempre più attento e conoscitore del mondo enoico, di come sia alla ricerca di vini che ricordino la tradizione ma che siano realizzati secondo uno stile originale interpretato in chiave moderna. “Quando si parla di Pinot Grigio - ha affermato - la grande maggioranza dei consumatori si aspetta di trovare un vino dal colore tenue, giallo paglierino, con profumi floreali, note fruttate di pera e di mela - tipici aromi fermentativi e varietali - agrumi e in bocca grande freschezza e sapidità. Insomma un sorso che chiama immediatamente il successivo. Ma ci sono altri stili che potrebbero intrigare il pubblico. Negli ultimi anni abbiamo studiato e testato nuove tecniche di vinificazione, con lo scopo di dare nuove interpretazioni al Pinot Grigio, rispettando però le sue caratteristiche peculiari, come la stabulazione a freddo che va a valorizzare il potenziale aromatico delle uve (invece inespresso da altre tecniche), senza il rischio di eccedere nell’estrazione dei composti fenolici rispetto alla variante criomacerata dalle bucce”.
Un grande rilievo è stato dato agli approfondimenti tecnici sulla gestione del vigneto, con focus sulle nuove esigenze produttive del Pinot Grigio del Nordest, che, come racconta Maurizio Bottura, dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach, raggiunge oggi l’87% dei 32.000 ettari nazionali destinati alla varietà (su un totale mondiale di 67.000 ettari). “Il Pinot Grigio è un vitigno mediamente sensibile alla peronospora e potenzialmente molto soggetto all’oidio, soprattutto nelle aree collinari, alle tignole, alla botrite e ai marciumi acidi, proprio per la naturale compattezza del grappolo. Sulla flavescenza dorata, in particolare, è stata fatta una raccolta di campioni dal 2001 al 2021 passando da un’incidenza del 9 al 21%. Risultano quindi fondamentali gli odierni studi clonali e sperimentazioni che vertono su dimensione e livelli di sensibilità per garantire in prima battuta una maggior salubrità della vite ma anche un miglioramento dal punto di vista enologico; ad esempio interventi sulla riduzione del numero di acini per diminuire l’incidenza della botrite, come la sfogliatura che favorisce la pulizia del grappolo o l’utilizzo di gibberelline per allungamento grappolo. Infine ci troviamo a fare i conti con il cambiamento climatico che impone adattamenti e nuove esigenze produttive, come una gestione attenta della maturazione contrastando l’anticipo delle fasi fenologiche ed avere mosti meno zuccherini e con maggiore acidità”. Per Stefano Corradini, responsabile del Dipartimento di Agrometereologia dell’Istituto di San Michele all’Adige, “la vite è una pianta mediterranea che sopporta abbastanza bene lo stress idrico ma molto dipende dalla tipologia di prodotto che si vuole ottenere. Il Pinot Grigio nelle sue diverse varianti commerciali prevede uno stresso idrico lieve o medio e quindi è opportuno integrare l'acqua meteorica, se necessario, con l'irrigazione. Irrigare bene e senza sprechi necessita di conoscere, oltre all'obiettivo produttivo, anche le caratteristiche del suolo dove la pianta dimora e le condizioni meteo. Con queste informazioni i modelli matematici come lo “Swab” (Soil water advanced budget), sviluppato alla Fondazione Mach, aiuta ad effettuare un'irrigazione corretta. Tutto questo va inserito in un contesto di cambiamento climatico che richiederà particolare attenzione all'uso dell'acqua nel prossimo futuro visto che i diversi scenari sono generalmente concordi nel confermare un aumento della temperatura - di 2 gradi su tutte le quote come dimostrano dati raccolti in Trentino dal 1984 al 2022 - e una diversa tipologia delle precipitazioni sia in termini di quantità che distribuzione nel periodo vegetativo”.
Il professor Francesco Spagnolli, enologo ed ex dirigente della Fondazione Mach, ha compiuto un approfondito excursus sul Pinot Grigio, a partire da origini e virtù della varietà coltivata nell’area delle Venezie. “C’è unanimità di vedute sull’origine del Pinot grigio: si tratta di una mutazione gemmaria di un antico vitigno, il Pinot nero; molti aspetti colturali e compositivi del mosto come zuccheri, acidità titolabile, rapporto acido malico/tartarico e anche il colore stesso dell’uva - dovuto alla sintesi localizzata di antociani a livello delle cellule epidermiche - ne fanno un vitigno con grandi potenzialità per essere elaborato come vino bianco o rosato, a gusto fruttato, con aromi fermentativi per lo più di pronta beva”. Il professore chiude il suo intervento portando l’attenzione sul rapporto climatico e pedologico tra altitudine e latitudine: il Pinot grigio del Nordest, infatti, cresce all’altezza del 46° parallelo, grado che dà i natali a grandi vini riconosciuti a livello internazionale e che taglia a metà proprio il Triveneto. Il direttore del Consorzio delle Venezie, Flavio Innocenzi, ha sottolineato come questo convegno intenda descrivere il percorso di qualificazione distintiva che la Denominazione delle Venezie sta compiendo sul piano qualitativo e comunicativo; un percorso intimamente legato al territorio di appartenenza e nel quale ognuna delle tre regioni, Trentino, Friuli Venezia Giulia e Veneto, gioca un ruolo di primo piano nel contribuire alla definizione di un’identità collettiva.

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