Superato un primo momento in cui il presidente Usa Donald Trump sembrava aver intrapreso la strada del negazionismo, da qualche giorno anche gli Stati Uniti hanno varato misure drastiche per combattere la diffusione del Coronavirus, molto simili a quelle dell’Italia: negozi, ristoranti, bar chiusi, tranne quelli di prima necessità, richiesta di stare a casa ed evitare ogni contatto. E gli effetti economici già si fanno sentire, con le Borse che crollano e imprenditori e lavoratori che chiedono aiuto. Nella ristorazione, però, sembra che Oltreoceano abbiano trovato un modo “dal basso” di aiutare il settore a rialzarsi, una volta che sarà conclusa l’emergenza: i “dining bond”, dei mini bond culinari.
Il funzionamento è semplice: si tratta di buoni per pranzi e cene che funzionano come obbligazioni di risparmio, da riscuotere quando gli esercizi potranno riaprire, con un premio per il sottoscrittore (ovvero il cliente futuro) del 25% rispetto al valore reale al momento dell’acquisto. Ad esempio, il bond culinario viene venduto dal ristoratore a un valore reale di 75 dollari e riscosso per 100 dollari in genere 30-60 giorni dopo l’acquisto.
L’obiettivo è garantire agli operatori la liquidità necessaria per andare avanti nella serrata obbligatoria e contribuire a garantire la sopravvivenza dei ristoranti, molti dei quali a conduzione familiare.
A promuoverla è stato il settore delle pubbliche relazioni che si è unito per creare una campagna chiamata “dining bonds”, con un sito dedicato, www.supportrestaurants.org, che consente di acquistare il buono direttamente collegandosi al ristorante mettendo in diretto contatto esercizio commerciale e cliente. “Evoca, non a caso, un’obbligazione di risparmio emessa in tempo di guerra, che è quello che l’industria sente in questo momento. I clienti investono nel futuro”, ha spiegato Helen Patrikis di HR-PR, co-fondatrice dell’iniziativa con Steven Hall, presidente di Hall PR.
Il programma è attivo dal 16 marzo e ha registrato già l’adesione di decine di locali in tutti gli Usa. Un’iniziativa, insomma, a metà tra la finanza e la gastronomia, da cui, magari, potrebbe prendere spunto anche il settore della ristorazione italiana.
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