In questi ultimi giorni il dibattito politico si è acceso intorno all’argomento del taglio dell’Iva, tra chi pensa che sia un intervento necessario, e chi invece la considera una mossa poco utile, nello scenario di immense risorse che serve al Paese per affrontare la crisi economica. Tra le voci intervenute, anche quella di Lino Stoppani, il presidente di Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi (che aderisce a Confcommercio), mettendo sul tavolo le necessità del settore della ristorazione e del turismo, due comparti del made in Italy che rappresentano una grande risorsa, soprattutto in un’ottica di ripresa e ripartenza. Che sottolinea come “per risollevare le imprese della ristorazione e del turismo da tre mesi di lockdown e da un mese di incassi dimezzati, bisogna intervenire con coraggio rafforzando lo strumento degli indennizzi per le aziende che hanno avuto ingenti cali di fatturato e intervenendo sui costi strutturali delle aziende, costi del lavoro e affitti in testa. Interventi cioè di prospettiva e di lungo periodo, senza i quali qualsiasi altra operazione risulterebbe inefficace e insufficiente. Intendiamoci: un taglio temporaneo dell’Iva - continua Stoppani - è auspicabile, anche se dovrebbe riguardare settori strategici per il Paese come il Turismo e la Ristorazione ed essere di congrua durata affinché la riduzione dei prezzi sia percepita, oltre che rappresentare un’iniezione di fiducia ai consumi, ma in questo momento occorre avere maggiore coraggio e visione sulle prospettive, avviando insieme l’abbattimento del cuneo fiscale e contributivo per ridurre il costo del lavoro in maniera efficace, anche per mantenere i livelli occupazionali e non disperdere competenze. Certo, si tratta di una manovra onerosa, ma l’attuale flessione dei fatturati dei 300.000 Pubblici Esercizi determina minori incassi per lo stato pari ad oltre 4 miliardi di euro. I conti pubblici, insomma, soffrirebbero maggiormente se prevalesse una linea attendista, rispetto a una coraggiosa, che avrebbe il necessario effetto moltiplicatore sull’economia del Paese”.
È vero che, da più di un mese ormai ristorazione e turismo sono ripartiti, non certo senza aiuti da parte del Governo, che ha anche approvato alcune delle misure emergenziali richieste dal settore e da Fipe, e i ristoranti stanno ricominciando piano piano a lavorare, ma “gli incassi, tuttavia, si sono ridotti mediamente del 56% - sottolinea Stoppani - e questo per il combinato disposto di paura sociale, riduzione delle capienze per il distanziamento sociale, mancanza di turismo, eccessivo ricorso allo smart working. I costi d’impresa, al contrario, sono rimasti ai valori pre-Covid. Noi vogliamo continuare a lavorare ed animare il nostro territorio, ma o si trova il modo di adattare l’intero impianto fiscale al nuovo contesto di mercato, o si rischia di perdere un’eccellenza tutta italiana che poi sarebbe difficile ricostruire”.
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