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Nell’edizione 2018 della guida Michelin di Francia salgono a 28 i ristoranti d’eccellenza assoluta: 508 stellati (50 nuovi nomi), 85 due stelle (+5 sul 2017) e al vertice le “new entry” La Maison des Bois di Manigod e il Restaurant Christophe Bacquié

28 a 27: con l’edizione “domestica” della guida Michelin per il 2018 la Francia supera nuovamente il Giappone al vertice dei Paesi con più ristoranti tristellati al mondo, più che “doppiando” gli Stati Uniti in terza posizione, con 13 locali, e consolidando la propria supremazia nei confronti degli altri Paesi in classifica, ovvero Germania e Spagna (11), Italia e Cina (9), Regno Unito (5), Paesi Bassi e Svizzera (3), Belgio e Corea del Sud (2) e Danimarca, Singapore e Norvegia, con un ristorante tristellato ciascuno (https://goo.gl/jFiA4v).
In totale, ad oggi sono 126 i ristoranti al vertice della piramide qualitativa della cucina globale, secondo i giudizi degli ispettori della “Rossa” nei 29 Paesi in cui operano: le due “new entry” francesi per il 2018 sono Christophe Bacquié, con il suo ristorante all’interno del Castellet Hotel di Var, e Marc Veyrat con La Maison des Bois di Manigod. Per quest’ultimo, inoltre, le tre stelle non rappresentano solo un riconoscimento professionale, dato che Veyrat, già tristellato per ben due volte, aveva interrotto tutte le attività dopo un incidente sciistico; un’avversità che si è aggiunta a quella subita dal ristorante medesimo, che fu seriamente danneggiato da un incendio nel 2015, mentre il solo nome francese che manca rispetto all’edizione 2017 della guida gastronomica più famosa del mondo è quello di Sébastien Bras del Le Suquet, a Laguiole. Un caso, il suo, decisamente anomalo e senza precedenti, dato che lo scorso settembre fu lo stesso Bras a chiedere ai responsabili della Michelin di ritirare le tre stelle assegnate al suo locale, a causa della “enorme pressione” che era necessario subire per mantenerle. Una richiesta che, per la prima volta nella sua storia quasi secolare, la guida ha accolto, e che assume un contorno ancora più significativo se si considera che il locale deteneva le tre stelle dal 1999, quando Sébastien era ancora un apprendista e al comando della brigata c’era il padre Michel.
Per quanto riguarda i nuovi “bistellati” francesi, le selezioni degli ispettori transalpini sottolineano sia una preferenza per la cucina tradizionale dell’Esagono quanto un non nuovo debole per la cucina giapponese, visto che due dei cinque chef che hanno guadagnato la seconda stella, ovvero Takao Takano, con il suo ristorante omonimo di Lione, e Masafumi Hamano dell’Au 14 Février, a Saint-Amour, propongono piatti fortemente influenzati dai dettami del loro Paese natio, mescolandoli a quelli ben più tradizionali proposti da Jean Sulpice (L’Auberge du Père Bise, Talloires) e Gael e Mickael Torteaux (Flaveur, Nizza). Fatto degno di nota, l’ultimo dei cinque nuovi “bistellati” è figlio di immigrati italiani: si tratta di Bruno Cirino, che insieme alla moglie ha fatto guadagnare la seconda stella all’Hostellerie Jérome di La Turbie, portando il totale nazionale a 85 locali. Un segnale senz’altro benaugurante per la cucina d’alta gamma italiana, che ha visto i “magnifici 8” del 2017 (il Piazza Duomo di Alba di Enrico Crippa, il Da Vittorio a Brusaporto dei fratelli Cerea, il Dal Pescatore a Canneto Sull’Oglio della famiglia Santini, il Reale a Castel di Sangro di Niko Romito, l’Enoteca Pinchiorri a Firenze di Giorgio Pinchiorri e Annie Feolde, l’Osteria Francescana a Modena di Massimo Bottura, La Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck e Le Calandre a Rubano dei fratelli Alajmo) diventare nove nell’edizione 2018 della guida Michelin, con l’ingresso trionfale tra i tristellati del Belpaese di Norbert Niederkofler, e del suo St. Hubertus a San Cassiano, in Alta Badia.

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