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NELLA GRECIA DELLA CRISI E DELL’AUSTERITY, IL GOVERNO DA OGGI PERMETTERÀ LA VENDITA NEGLI SCAFFALI DEI NEGOZI E DEI SUPERMERCATI DI UN’AMPIA GAMMA DI PRODOTTI ALIMENTARI DOPO LA DATA DI SCADENZA, PER UN PERIODO LIMITATO E A FORTE SCONTO

La crisi e l’austerity che ormai da qualche anno soffocano la Grecia e la sua economia, colpisce anche il mondo dei consumi, crollati, nei primi 6 mesi del 2013, del 14% sullo stesso periodo del 2012. Per farli risalire, l’ultima idea del Ministero dell’Economia è quella di continuare ad esporre, negli scaffali dei negozi e dei supermercati, un’ampia gamma di prodotti alimentari anche dopo la data di scadenza. La misura, che sarà operativa da oggi, fa già discutere, perché i cibi scaduti saranno esposti in spazi appositi ben separati dagli altri prodotti, e saranno venduti per un periodo limitato e a forte sconto, creando così un’evidente divisione tra consumatori di “serie A” e consumatori “poveri”, come denunciano le associazioni dei consumatori, nonostante la volontà del Governo di Atene fosse quella di venire incontro a una popolazione costretta a tirare la cinghia dall’austerity lacrime e sangue imposta dalla Troika che, per ora, ha prodotto un risicato pareggio di bilancio, ma anche una disoccupazione record al 27,6% (64,9% per i ragazzi tra i 15 e i 24 anni).

A livello sanitario, come spiega Giorgos Stergiou del Ministero dello Sviluppo Economico, “questo provvedimento non comporta nessun pericolo per i consumatori e la loro salute. Il marchio “da consumarsi preferibilmente entro” è uno strumento di sicurezza e marketing dei produttori ma non significa assolutamente che il prodotto non sia ancora buono o pericoloso”. Una misura che, al di là delle polemiche, è una risposta ad una situazione drammatica, perché 1,1 milione di persone (circa un quarto della popolazione attiva tra lavoratori e pensionati, come scrive la Repubblica) dichiara redditi inferiori ai 6.000 euro, ben al di sotto dei 7.178 euro che indicano la soglia di povertà. Il reddito medio nel 2012, secondo le cifre del Ministero delle Finanze, è stato di 14.640 euro annuali, il 17,8% in meno dell’anno precedente. Mentre la pressione fiscale media, gonfiata dalle norme imposte da Bce, Ue e Fmi in cambio di 230 miliardi di prestiti, è salita da 1.091 a 1.654 euro a testa.

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