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RISTORAZIONE

Non mangiare, ma mangiare insieme: Marino Niola, la funzione sociale del cibo ai tempi del Covid-19

Dal 18 maggio via alle riaperture di bar, ristoranti, enoteche. “Quando potremo finalmente ordinare un menù degustazione collettivo sarà una festa”
EMERGENZA CORONAVIRUS, MARINO NIOLA, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
L’antropologo e giornalista Marino Niola

Che “Noi mediterranei non ci sediamo a tavola per mangiare ma per mangiare insieme” lo sapeva già Platone, a cavallo tra il 400 e il 300 a.C.: ecco perché la “Fase 2”, o “Fase 3 ” che dir si voglia, che dà il via ufficiale alla riapertura di bar e ristoranti per il 18 maggio, e in qualche caso anche il 1 giugno, non convince proprio tutti, Marino Niola compreso. L’antropologo, giornalista, scrittore e professore di Antropologia e Miti e Riti della Gastronomia all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, aveva già sottolineato nella sua intervista a WineNews come per gli italiani il mangiare non sia solo una necessità fisiologica, ma anche e soprattutto culturale e sociale: gli italiani si riuniscono intorno alla tavola, e lo dimostra il fatto, evidenza Niola, che anche durante il lockdown si passassero ricette e consigli per la cucina, oltre a fare aperitivi digitali. Perché per il popolo del Belpaese l’importanza del buon cibo e del buon vino è la condivisione.
E in un momento come questo, in cui le parole “condivisione”, appunto, “socialità”, sono sostituite da “distanziamento sociale”, il senso del mangiare un po’ si perde, e tanti decidono di non riaprire, non ancora, che siano osterie, piole, ristoranti (stellati e non), enoteche, birrerie... Senza dimenticare che nel momento difficile che l’Italia sta vivendo, secondo Niola, il cibo è ancora di più simbolo di italianità, convivialità e dello stare insieme, tutti aspetti che abbiamo esportato nel mondo e che ci rendono famosi. Perché “gli italiani - ha detto a WineNews - non possono mettere in discussione il loro rapporto con il cibo, e lo conferma il fatto che, forse, non hanno mai cucinato e non si sono mai scambiati tante ricette come in questo momento. Addirittura si fanno aperitivi e cene in chat, dove ognuno sta a casa sua e si collega con gli amici, mangiando, bevendo e conversando di vino e di cibo”.
E quando lentamente torneremo alla normalità, “non ci dimenticheremo di quello che abbiamo imparato, come ad ottimizzare, a massimizzare e a non sprecare. Prima quando ci facevano tante prediche su questo, non le ascoltavamo, ora invece stiamo capendo che è importante. Queste sono le lezioni che non si dimenticano. Anche il vino non è che non si sta bevendo, anzi - aggiunge - l’enoteca sotto casa che mi rifornisce a domicilio, mi dice di non aver mai venduto tanto. Perché il vino fa socialità, tra chi sta insieme in casa, tira su il morale, rincuora. Durerà un po’ di fatica, per le difficoltà di approvvigionamento che ci sono ora e perché le sue aziende sono ferme, ma il settore si riprenderà”.
Così, se questa quarantena è servita a qualcosa, ha ulteriormente evidenziato l’importanza culturale e sociale che il cibo ha, per noi italiani molto di più che per altri popoli, e per questo molti italiani non si sentiranno a loro agio a tornare nei ristoranti, con tutte le restrizioni del caso, perché verrebbe meno il “mangiare insieme”, vero senso della tavola. “Così quando potremo finalmente ordinare un menù degustazione collettivo, sia pure rinunciando alle tavolate oceaniche, sarà una festa - afferma Niola - oltre che per noi, anche per un comparto economico che conta ben 330.000 esercizi che in questo momento stanno attraversando una crisi nera. Nel 2019 - ricorda - ben 28 milioni di turisti hanno riempito i nostri locali e hanno assaggiato almeno una bottiglia di vino nostrano procapite”.

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