Valpolicella? Amarone. L’associazione è automatica (e sacrosanta) a livello planetario, ma negli anni si è rischiato di perdere la complessità che la valle dei rossi di Verona può offrire. Recioto, Ripasso e Amarone, sono vini di metodo strettamente legati alla Valpolicella e alla sua secolare tradizione vinicola, ma sono allo stesso tempo vini che tendono a perdere il contatto con l’annata; vini strutturati, da pasto (o meditazione) che non riescono a rappresentare appieno le diverse sfaccettature di terreno, esposizione, temperatura che le tante uve locali potrebbero esprimere, senza essere sottoposte ad appassimento o rifermentazione. E queste sono invece esattamente le capacità del Valpolicella e del Valpolicella Superiore, che il Consorzio di tutela dei Vini Valpolicella ha deciso di valorizzare per ridare centralità ad un’interpretazione più schietta e immediata della definizione di “terroir”, centralità che anche il mercato da qualche anno è tornato a chiedere, con vini più leggibili in termini di vitigno, clima, terreno e produttore. Da qui nasce l’idea della sessione di approfondimento “Valpolicella Superiore - A Territory Opportunity”, occasione per presentare il primo Valpolicella Annual Report completo di storico e trend di produzione, andamento di mercato e climatico; i risultati della survey dedicata al Valpolicella Superiore e infine una degustazione di 8 campioni della stessa tipologia per tracciarne il profilo stilistico, organolettico e di mercato nel futuro.
Il Valpolicella Annual Report - primo numero di un dossier che annualmente farà il punto sulla denominazione - ha l’obiettivo di inquadrare caratteristiche e trend di una delle principali denominazioni rosse italiane e prima nel Veneto, con 2.271 viticoltori, 6 cantine sociali, 322 imbottigliatori e un giro d’affari annuo di oltre 600 milioni di euro generato in gran parte (70%) dall’export in 87 Paesi del mondo. Avere i numeri di una denominazione dà poi la possibilità di percorrere delle scelte con maggiore consapevolezza, come le recenti politiche di contenimento della produzione - proposte dal Consorzio e condivise dalle imprese - che hanno contribuito da una parte ad aumentare la qualità media, dall’altra a generare un maggiore equilibrio sui mercati, con un aumento dei prezzi dello sfuso di Amarone dal 6% al 13% nell’ultimo biennio a seconda dell’annata, per effetto di una produzione di uve scesa negli ultimi 2 anni del 12% sul biennio precedente, a fronte di una crescita della vigna sul pari periodo del 5%. Sostanziali le variazioni nella scelta delle tipologie da parte delle aziende: per le medio piccole il paniere dell’imbottigliato è composto da Ripasso (44,6%) Valpolicella (30,7%), poi e Amarone/Recioto (24,7%); per le medio-grandi il Ripasso sale al 57,8% dei volumi, con Amarone/Recioto al 24,7% e il Valpolicella al 17,6% della produzione.
Dal confronto fra Giulio Somma (direttore del Corriere Vinicolo) e il presidente del Consorzio Christian Marchesini, emergono alcuni punti di forza e alcuni di debolezza. Fra i punti di forza c’è sicuramente la crescita del vigneto della valle (da 4.600 ettari nel 1972 agli attuali 8.398, con un +60% negli ultimi 20 anni) non accompagnato da un eccessivo aumento della produzione di uva - e conseguente svalutazione del prodotto. Un ulteriore punto di forza è il consolidamento dei principali mercati a cui la Valpolicella si rivolge - Canada, Stati Uniti, Europa settentrionale e Germania. La ripresa post-pandemia ha avuto infatti risultati insperati: 30 milioni di bottiglie prodotte che risultano in un +18% sul 2020 e addirittura un +14% sul pre-pandemico 2019. Nonostante questo ci sono ampi margini di miglioramento negli Stati Uniti e nuove opportunità nel mercato asiatico, con la Cina a trainare i primi mesi del 2021. L’anno del Covid-19 ha inoltre spinto le aziende a considerare la Gdo come sbocco di vendite, traccia che difficilmente sparirà con una normalizzazione dei consumi e occasione per trovare nuovi equilibri con i canali specializzati.
Lato ambiente, la certificazione delle Tre R - Riduci, Risparmia, Rispetta - iniziata dallo stesso Consorzio nel 2011 coinvolge oramai 1.210 ettari di vigne ed è un volano per l’aumento dell’adesione alla certificazione biologica (oggi al 12% sul totale dei vigneti). Un progetto nato inizialmente per risolvere contenzioso fra produttori ed abitanti della valle, ha aiutato la consapevolezza dei viticoltori sul proprio impatto ambientale e ha agganciato l’incremento di richieste turistiche verso un tipo di vacanza più a contatto con la natura, solleticando la volontà dei produttori ad investire in ospitalità (il 70%). Il vasto bacino turistico di Verona e del Lago di Garda è d’altronde di grande aiuto, perché la cultura si sposa bene con il vino (e la recente edizione di Opera Wine 2021 associata alla Prima dell’Arena ne è un riuscito esempio). L’inserimento della Valpolicella nel Registro dei Paesaggi Storici Tradizionali del Ministero delle Politiche agricole è un ulteriore tassello che amplificherà l’attrattiva della zona.
Ebbene, tutti questi punti di forza hanno però una controparte debole, che risiede nella stessa ricchezza della Valpolicella: un Consorzio che rappresenta e tutela 4 denominazioni non può che creare una struttura di regole complesse, che rischia però di confondere le idee al consumatore e al produttore con sovrapposizioni stilistiche e commerciali. È sorta nel tempo l’esigenza, in particolare, di separare nettamente il concetto enologico che sta dietro alla produzione di Ripasso e di Valpolicella Superiore (che spesso si assomigliano e si fanno concorrenza nei mercati di riferimento) arrivando a separare bene quali sono i vini di metodo e quali i vini di territorio della denominazione. Un sondaggio lanciato dal Consorzio verso i produttori ha così recepito il bisogno di chiarire i confini fra queste di tipologie di vino, trovando una sorta di traccia che verrà definita meglio nei prossimi anni. Le questioni principali si soffermano sull’opportunità o meno di usare l’appassimento per il Valpolicella Superiore e sulla fascia di prezzo su cui puntare, che insieme alle questioni tecniche enologiche e di affinamento e a quelle geo-climatiche verranno gradualmente affrontate insieme ai produttori.
Dal punto di vista organolettico i tre esperti, giornalisti ed educatori di vino JC Viens, Filippo Bartolotta ed il Master of Wine Gabriele Gorelli, sono sostanzialmente d’accordo. La complessità della Valpolicella (in termini di vitigni, altitudine, esposizione, geologia e clima) merita una interpretazione più aderente al territorio, che sia capace di esprimere tutte quelle sfaccettature senza l’interferenza dell’appassimento. Appassimento che nessuno vuole demonizzare, ma che deve essere contestualizzato rispetto alle sue origini (metodo trovato per risolvere una certa incapacità delle uve di giungere a maturazione, oggi superato - purtroppo - dal cambiamento climatico) e cedere dello spazio per vini che abbiano più tensione gustativa. Di fronte ad 8 campioni di Valpolicella Superiore degustati, fino a 4 di questi - secondo Gorelli, Bartolotta e Viens - vanno nella direzione giusta, mantenendo le caratteristiche aromatiche tipiche della Corvina, del Corvinone, della Molinara, della Rondinella (e di un’altra decina di vitigni autoctoni) - come la fragola, il ribes, la menta, il pepe bianco - e la loro succosità, cui si aggiungono sapidità, vellutata dinamicità e struttura, con lievi note terziarie e speziate a seconda di una leggera presenza di appassimento, che però non deve mai diventare caratterizzante, sovrastando la scorrevolezza.
Sembra complicato, ma secondo Gorelli, il territorio ha alle spalle un’esperienza tecnica sufficientemente profonda per trovare per il Valpolicella Superiore un’identità riconoscibile di “piccolo lusso quotidiano”, lasciandosi alle spalle la promessa non mantenuta di molte bottiglie che somigliano troppo ad un Ripasso per grado alcolico e note di frutta disidratata. La provocazione di Bartolotta supera le questioni enologiche e lancia ai produttori la possibilità di valutare un’uscita corale condivisa sull’annata (come già succede per i più importanti territori enoici, dal Barolo al Brunello, dal Bordeaux alla Borgogna). Secondo Viens, puntare sul Valpolicella Superiore in maniera chiara e unita significa dare un sostanziale supporto economico ai piccoli produttori che abitano la denominazione e che imbottigliano Valpolicella per un 37% della loro produzione (a differenza delle aziende grandi che vi investono solo per il 17%). In ogni caso, il sondaggio del Consorzio (a cui hanno risposto 1/3 dei soci), ha dimostrato che i produttori hanno voglia di iniziare un nuovo percorso che può rafforzare la denominazione nel suo complesso.
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