Quello delle bevande made in Italy (tra vino, birra, vermouth, spirits, acque minerali e analcolici) è un settore in crescita, che ha registrato un +20% del fatturato negli ultimi 10 anni, passando da 17,7 miliardi di euro nel 2013 a 21,2 miliardi nel 2023, per un totale di 345 litri pro-capite annui (sebbene i consumi in Italia siano rimasti piatti dal periodo della pandemia). Ma non mancano le criticità da affrontare, dalla gestione di packaging, plastiche e bioplastiche all’efficientamento logistico, dai rapporti con Gdo e Horeca alle problematiche legate al clima, fino alla necessità di far fronte comune a politiche europee più aggressive. Di tendenze di consumo e mercato si è parlato a Vinitaly al convegno di Agronetwork (l’associazione costituita da Confagricoltura, Nomisma e Università Luiss per promuovere il dialogo tra industria e agricoltura in Italia e in Europa), dal titolo “Le bevande in Italia: tematiche e tendenze”, volto ad per analizzare le tematiche trasversali con cui l’intero settore del beverage made in Italy è chiamato a confrontarsi nel prossimo futuro.
Il presidente di Assodistil Antonio Emaldi ha evidenziato le difficoltà burocratiche riscontrate, a partire dalle “fascette fiscali” (i contrassegni di Stato previsti per alcuni prodotti alcolici) fino all’interscambio con l’estero. Roberto Bava, presidente del Consorzio Vermouth di Torino (che è nato appena 5 anni fa, ma ha già raddoppiato il numero dei propri associati), si è dovuto confrontare a lungo con le istituzioni prima di ottenere la denominazione geografica. Federvini, con il suo vicepresidente Piero Mastroberardino, ha messo in luce l’esigenza di ragionare sul medio-lungo periodo, condividendo i dati strutturali di settore per evitare di rincorrere sempre le emergenze che non consentono alle imprese di investire e innovare. Alfredo Pratolongo, presidente di Assobirra, ha rilevato la graduale crescita dei consumi seppure in presenza di alcuni freni, come le accise e il complicato scenario internazionale. Particolare attenzione viene rivolta ai temi della sostenibilità e all’uso efficiente delle risorse naturali in una logica di integrazione di filiera.
Le bevande analcoliche, come ha affermato Cristina Camilli, vicepresidente di Assobibe, registrano invece una riduzione dei consumi: l’intero comparto è messo a rischio dalla sugar tax, che si applica solo alle bevande analcoliche, anche quando prive di zucchero e che, se confermata, impatterà in maniera importante sui consumatori, sulle aziende produttrici e di rimando su tutta la filiera. Il vicepresidente di Mineracqua Ettore Fortuna ha denunciato gli interventi che hanno maggiormente penalizzato le aziende del settore acque minerali: gli obblighi sui tappi, il pet riciclato e i rischi legati alle imposizioni sullo zucchero e sulla plastica. Infine, il vicepresidente di Confagricoltura Giordano Emo Capodilista ha ribadito l’importanza di un impegno comune per raggiungere obiettivi in Italia e in Europa che favoriscano la crescita e la competitività delle nostre imprese, con particolare riguardo alle compatibilità con gli obiettivi del green deal.
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