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OGNI ALIMENTO HA UN PREZZO CHE PAGA L’AMBIENTE PER FARLO ARRIVARE SULLE NOSTRE TAVOLE: LO CALCOLERÀ L’”ETICHETTA AMBIENTALE” A CUI STANNO LAVORANDO I RICERCATORI DELLA CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI PIACENZA E GLI ESPERTI DI SPRIM

Ogni alimento ha un prezzo che non si calcola in euro: è il prezzo pagato dall’ambiente, ossia l’impatto che il ciclo di vita di un’insalata, uno yogurt, un piatto di pasta hanno sia in termini di consumi e di inquinamento che di danno alla biodiversità, quindi su acqua, aria e suolo. È questo l’“importo” che sarà calcolato nella futura “etichetta ambientale” a cui stanno lavorando ricercatori dell’Istituto di chimica agraria e ambientale dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ed esperti di Sprim, società di consulenza specializzata in salute e ambiente. Il progetto è stato presentato oggi a Milano, a “Nutrimi 2012”, il Forum internazionale di nutrizione dedicato ai professionisti dell’alimentazione e della salute, e la novità sta nel fatto che non verranno indicati valori come la quantità di Co2 o i litri di acqua consumati per produrre un alimento, ma una percentuale calcolata sull’impatto ambientale medio quotidiano di un cittadino europeo. “Riteniamo che sia un parametro più diretto, in grado - spiega Paola Riscazzi, che coordina i progetti “green” per Sprim - di far capire alle persone quanto incide il consumo di ciascun prodotto sull’ecosistema”. L’impatto viene calcolato sia con un valore globale, sia in riferimento a tre macrocategorie: aria, acqua e suolo. E si prende in considerazione tutto il ciclo di vita del prodotto, alimentare e non, “dalla culla alla tomba”.

Nel “prezzo” ambientale, dunque, rientrano l’impatto dell’agricoltura, della produzione delle materie prime, la fase di trasformazione, il packaging, i trasporti da un punto all’altro della filiera, senza tralasciare neanche la fase dell’acquisto del prodotto finale, l’eventuale cottura nel caso degli alimenti, fino allo smaltimento di quello che resta. Un calcolo “all inclusive”. “Usiamo una metodologia di calcolo - spiega Riscazzi - basata su 18 indicatori, risultanti dalla cosiddetta “Valutazione del ciclo di vita” (Life Cycle Assessment - Lca). Ma abbiamo aggiunto qualche passaggio in più per risolvere il problema dell’incertezza dei dati. L’idea è di fare il calcolo sulle porzioni di alimenti suggerite dalle tabelle Inran - Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti”: ad esempio 80 grammi di pasta o riso, 200 di pesce, e così via. “Le persone - conclude Riscazzi - potranno così scoprire che impatto ambientale producono se mangiano le quantità consigliate di ciascun alimento, rapportandosi all’impatto ambientale medio quotidiano di un cittadino europeo”. L’applicazione a casi concreti, intanto, è già partita: i ricercatori sono al lavoro con diverse aziende private interessate alla nuova etichetta.

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