Ci vorrà ancora qualche anno per vederli irrompere sul mercato dei consumi, ma i vini prodotti da varietà resistenti a peronospora ed oidio, oltre che alle temperature più rigide, nate dall’incrocio varietale e da anni ed anni di studio in laboratorio, sono già una realtà, per quanto di nicchia e in certi casi osteggiata. Di varietà se ne contano già un centinaio registrate in Europa, di cui 10 in Italia (basti pensare ai “Piwi”), ma tante altre sono in attesa di registrazione ufficiale. E, aggiungiamo, di un nome che, secondo la risoluzione 609-2019 dell’Oiv - Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, pubblicata ieri, “devono evitare l’uso di nomi che potrebbero creare confusione con le varietà esistenti, in particolare quelle già permesse dalla legge vigente ed utilizzate in etichetta sui prodotti commerciali esistenti”. In sostanza, si sconsiglia l’uso nel nome dei vitigni noti, specie quelli internazionali, come Cabernet, Merlot, Sauvignon, ma affinché la risoluzione abbia efficacia, dovrà essere tradotta in un regolamento comunitario, adottato poi dai diversi Paesi della Ue.
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