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OLIMPIADI: STOP A PIATTI CON CARNE DI CANE, MA NEI MENU’ C’E’ POCO “MADE IN ITALY”

La Cina ha deciso di vietare la vendita di carne di cane in hotel e ristoranti nelle Olimpiadi di Pechino di agosto per non urtare la sensibilità di atleti e turisti stranieri che però non potranno godersi molte specialità made in Italy per le barriere commerciali ancora presenti alle esportazioni. Lo afferma la Coldiretti nel sottolineare che il bando alla carne di cane nei menu’ è obbligatorio per i ristoranti del villaggio olimpico, ma fino alla fine dei giochi in tutta la capitale cinese viene consigliato di evitare questo piatto che viene considerato una prelibatezza in molte regioni del Paese.

La campagna cinese ricorda - sottolinea la Coldiretti - gli sforzi compiuti dalla Corea del Sud per vietare il popolare consumo di carne di cane nelle Olimpiadi di Seul del 1988, a seguito delle feroci critiche degli animalisti.

L’attenzione agli ospiti stranieri in visita in Cina nelle Olimpiadi non ha però fatto venir meno i pesanti vincoli protezionisti ancora presenti per prodotti della gastronomia made in Italy: nonostante le recenti polemiche, ad esempio, la mozzarella di bufala campana Dop ed altri formaggi freschi e a pasta filata non possono giungere sulle tavole del gigante asiatico per la “quarantena” di 21 giorni imposta dalle autorità locali mentre per i prodotti ortofrutticoli freschi, in particolare mele e kiwi, sono presenti ostacoli di carattere burocratico, sanitario ed amministrativo, che hanno sino ad ora impedito le spedizioni. E solo recentemente c’è da registrare il positivo sdoganamento di centinaia di prosciutti “made in Italy” che difficilmente riusciranno ad arrivare sulle tavole di atleti e turisti per agosto.

“Si tratta di un evidente paradosso - precisa la Coldiretti - soprattutto alla luce delle grande diffusione di imitazioni sugli scaffali cinesi dei prodotti alimentari dove il falso made in Italy è arrivato spesso prima di quello originale e rischia di comprometterne la crescita. Si banchi dei supermercati cinesi sono numerosi i prodotti del falso made in Italy: dal Parmesan al Provolone, dall’extravergine alla mozzarella che vengono dall’estero, ma anche quelli di produzione locale come i pomodorini di collina, pomodori pelati, caciotta (Italian cheese) e addirittura pecorino (Italian cheese), ma con raffigurata sulla confezione una mucca al posto della pecora”.
Non mancano i casi di vere e proprie clonazioni “made in China” come quella che ha interessato confezioni di concentrato di pomodoro identiche a quelle originali prodotte in Italia con tanto di marchio commerciale, bandiera tricolore e scritte in italiano. Le scatole contraffatte sono in tutto e per tutto uguali a quelle originali (colorazione, scritte, marchio, codice a barre) e - riferisce la Coldiretti - è vengono venduto in scatole da 400 e da 2200 grammi come doppio concentrato (28%) con la scritta “100 per cento prodotto italiano” e il pomodoro è l’unico ingrediente riportato in etichetta. Se l’aspetto esteriore del clone prodotto in Cina è identico, profondamente diverso è il contenuto in quanto il pomodoro, secondo le analisi, sarebbe presente soltanto in tracce, mentre la gran parte del prodotto sarebbe costituito da scarti vegetali di diversa natura, quali bucce e semi di diversi ortaggi e frutti.

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