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Pambianco wine

Biondi Santi si espande a Montalcino … Per Biondi Santi si tratta del primo grande investimento avviato a conclusione nell’era di Epi, la società francese che alla fine del 2016 ha acquisito l’azienda a cui si deve “l’invenzione” del Brunello di Montalcino. Sei ettari di vigneti iscritti a Brunello nella zona di San Polo, adiacente ai vigneti appartenenti alla Tenuta Greppo, sono destinati a passare dalla proprietà di Alejandro Bulgheroni, il magnate argentino che ha acquisito l’azienda Poggio Landi, a quella di Biondi Santi, che sale così da 26 a 32 ettari. Il valore non è dichiarato, ma secondo le stime di Winenews, testata specializzata che per prima ha diffuso l’indiscrezione poi confermata dalla società interessata, gli ettari migliori di Brunello di Montalcino vedono quotazioni ben oltre il milione di euro ad ettaro.
Si tratta dunque di un aumento consistente della superficie vitata, pari a circa un quarto, che denota la volontà di Epi di investire in Toscana. E non è un fatto scontato, considerando che la società della famiglia Descours è tra i leader dello Champagne dove opera con i marchi Charles Heidsieck, Piper-Heidsieck e Rare. I vigneti acquisiti sono peraltro in pieno regime di produzione e l’audit qualitativo effettuato da Biondi Santi ha rilevato un ottimo potenziale per la produzione sia di Brunello d’annata che di Brunello Riserva. “Il motivo per cui Biondi-Santi ha deciso di acquistare più vigneti – racconta l’AD Giampiero Bertolini – è il desiderio di aumentare leggermente la sua produzione totale nel tempo per potere raggiungere una penetrazione dei mercati mondiali più capillare”. La società prevede di siglare definitivamente l’accordo a breve, ma di fatto Biondi Santi ha già preso in gestione i vigneti per la raccolta 2019. Epi ha acquisito Biondi Santi da quasi tre anni e, prima di questa importante espansione territoriale, la società francese aveva sempre operato in silenzio, investendo costantemente nella maison più prestigiosa del Brunello ma senza alcun stravolgimento. “Sono partiti tanti nuovi progetti – racconta Bertolini a Pambianco Wine&Food – e un particolare accento è stato posto sulla produzione, che è il cuore di Biondi Santi. Continuiamo sulla nostra idea di produrre vini che mantengono il dna delle 7 generazioni precedenti, senza alcun stravolgimento, ma puntando a un livello sempre più alto di qualità”.
Come riassumerebbe questi investimenti?
Li abbiamo dedicati ai vigneti, alla cantina e al personale. Abbiamo avviato un importante progetto di parcellizzazione che in futuro dovrebbe determinare un ulteriore aumento della qualità dei nostri vini, pur essendo in linea con il passato estremamente importante di Biondi Santi. Abbiamo poi assunto persone per coprire dei ruoli che finora non erano stati previsti in azienda, dalla finanza al marketing. Infine, stiamo cercando di ricreare una rete commerciale per far arrivare il vino di Biondi Santi laddove merita di essere ovvero nei migliori ristoranti e nei migliori retailer del mondo, facendo sì che questi valorizzino il nostro prodotto e siano in grado di raccontare una storia unica per l’Italia.
Da quali numeri partite?
Oggi siamo a 90 mila bottiglie, con l’obiettivo di arrivare al massimo a 110 mila. Stiamo lavorando sul valore, per far sì che quest’iconica azienda italiana possa raggiungere un livello di eccellenza percepita nel mercato pari a quella dei più importanti vini francesi.
Rosso, Brunello e Riserva sono le vostre attuali referenze. Altro in vista?
Rosso, Brunello e Riserva sono le tre referenze previste dal nostro piano decennale. Non vogliamo stravolgere le regole della famiglia Biondi Santi, che ha tracciato il cammino fin dagli anni Sessanta del secolo scorso e che già nel 1888 ha iniziato a produrre il Brunello di Montalcino. In futuro vedremo se, con un lavoro preciso di parcellizzazione, sarà possibile fare dei nuovi vini separati, ma per ora quest’evoluzione non è prevista.
Quali sinergie sono state centrate attraverso l’alleanza con Epi?
Al momento dell’acquisizione, il gruppo ha affidato il marchio Biondi Santi alla distribuzione che si occupava dello Champagne Charles Heidsieck. Questo ha certamente contribuito a mantenere la fama del brand. Ora però stiamo rivalutando le distribuzioni nel mondo per capire se è il modello prescelto sia corretto oppure no. La regola che ci siamo imposti è quella di individuare il miglior partner possibile, che potrebbe essere anche un partner diverso da quello degli Champagne.
Intanto avete lanciato un piano per l’hospitality. Di cosa si tratta?
Stiamo per restaurare una villa presente all’interno dell’azienda, all’interno della quale realizzeremo un paio di suite per i nostri ospiti, i quali avranno accesso esclusivamente tramite i nostri partner. Come Biondi Santi, non siamo aperti al pubblico e non organizziamo visite in tenuta. L’accoglienza fa parte di una strategia più ampia di valore per l’azienda.
State progettando una nuova cantina?
La nuova cantina è un obiettivo futuro, ma il progetto non è ancora stato definito e non c’è chiarezza, in questo momento, né sui tempi né sulle modalità. Diciamo che abbiamo la necessità di lavorare sull’aspetto tecnico per migliorare ulteriormente il livello dei nostri prodotti. Finora abbiamo compilato una lista dei potenziali architetti da contattare quando decideremo di fare il passo necessario. Non sono archistar, sono professionisti specializzati nel mondo del vino. Ma prima di arrivare a questo ci sono altre priorità…
Quali?
Mettere la cantina storica in condizione di lavorare al fine di ottenere l’eccellenza qualitativa, supportando la nostra intenzione di parcellizzare le vigne. E poi migliorare la distribuzione.
L’Asia oggi vale il 10% dei ricavi, ma puntate a oltre il 30 percento. Come riuscirete a raggiungere l’obiettivo?
Al momento non abbiamo alcuna chiarezza su quale possa essere il modello da applicare, perché la Cina non è certamente un caso di successo per le aziende italiane. La crescita è possibile, ma attraverso un modello abbastanza indefinito e probabilmente non sarà un modello tradizionale.
Come state interpretando il Rosso di Montalcino?
Come un punto di riferimento e non come un prodotto di seconda scelta. Per questo il nostro Rosso di Montalcino ha prezzi decisamente sopra la media. La strategia paga e oggi, anche nel Rosso, Biondi Santi ha un posizionamento molto più alto in un vino che consideriamo ideale per avvicinare i consumatori più giovani. Il nostro Rosso non è certo un vino entry level, ma ci sono giovani che hanno voglia di provare l’esperienza Biondi Santi e che sono pronti a spendere fino a 60-70 euro per avvicinarsi a noi e per capire cosa sia un nostro vino. Allora il Rosso ci offrirà enormi soddisfazioni per tornare a sedurre una fascia dalla quale siamo assenti da diversi anni.
Come giudicate l’evoluzione di Montalcino?
La denominazione e il territorio stanno vivendo un momento estremamente felice, grazie al rilancio iniziato con la vendemmia 2010 uscita nel mercato come Brunello a partire dal 2015. Questo rilancio ha fatto anche aumentare i costi dei terreni fino a quasi un milione di euro l’ettaro, mentre cinque anni fa la cifra richiesta era all’incirca la metà. Questo è il risultato di un momento estremamente positivo, ma ora saper gestire l’onda positiva significa che dobbiamo avere un posizionamento e dei valori di mercato tali da rispettare l’immagine raggiunta con il nostro prodotto. Tutte insieme, le oltre 200 aziende del territorio devono darsi una politica omogenea in materia di gestione dei prezzi e degli stock, puntando sul valore e non facendosi prendere la mano dai volumi.

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