L’infiltrazione della criminalità organizzata nella filiera agricola italiana è una piaga che affligge il settore da tempo, ma nelle ultime settimane l’attenzione pubblica è stata catturata dal problema dopo la morte di 16 braccianti di origine africana in due diversi incidenti stradali, avvenuti nel giro di pochi giorni. Si è tornati quindi a parlare di caporalato, lo sfruttamento dei lavoratori (spesso o quasi sempre stranieri) che lavorano ore ed ore nei campi, sottopagati e con zero diritti. E i dati che continuano ad arrivare sul tema non sono certo rassicuranti: sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel mercato ortofrutticolo, la Coldiretti ha sottolineato come l’ortofrutta sia sottopagata agli agricoltori, con valori che non coprono neanche i costi di produzione. Allo stesso tempo però, i prezzi moltiplicano fino al 300% dal campo alla tavola: questo anche per effetto del controllo monopolistico dei mercati operato dalla malavita in certe realtà territoriali.
Il volume d’affari complessivo delle mafie nell’agroalimentare, secondo le stime della Coldiretti, è salito a 21,8 miliardi di euro, e sono coinvolte tutte le fasi della filiera del cibo, dalla sua produzione, il trasporto fino alla sua distribuzione e vendita, che è divenuta una delle aree prioritarie di investimento della malavita. Le mafie, spiega la Coldiretti, condizionano il mercato agroalimentare stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del vero (e spesso del falso) made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto. In questo modo la malavita si appropria, continua la Coldiretti, di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio made in Italy.
“Le agromafie - afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma anche con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto”.
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