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ANALISI

Più che i dazi di Pechino, la crisi del vino australiano ha a che fare con la cecità dei produttori

Dai numeri Wine Australia, emerge come le spedizioni, a volume, fossero in calo già dal 2017. E oggi le cantine traboccano di vino...
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Il vino australiano e la Cina

La vendemmia 2023 ha portato nelle cantine australiane 11 milioni di ettolitri vino, il 13,1% in meno del 2022. Un calo che la filiera accoglierà, probabilmente, con un certo sollievo, perché negli ultimi anni gli stoccaggi nelle aziende di Australia hanno raggiunto livelli mai visti prima. Colpa della pandemia, che ha contratto le esportazioni, del calo globale dei consumi di vino rosso, ma anche delle tariffe sul vino australiano introdotte dal Governo di Pechino nel 2021. Ed è proprio quest’ultimo aspetto, secondo l’analisi della Australian Grape & Wine, l’associazione che rappresenta l’industria vinicola nazionale, ad aver causato il peggiore shock economico al settore, con un taglio di 120 milioni di litri di esportazioni da un giorno all’altro. Con un boom delle giacenze che, tra il 2020 ed il 2022, sono aumentate di 570 milioni di litri.

Ma è davvero tutta colpa della Cina? Secondo una interessante analisi pubblicata dal magazine tedesco “Meininger”, non è proprio così, ed anzi i produttori australiani avrebbero molte responsabilità nell’aver sottovalutato la portata della crisi globale dei consumi, senza riuscire a ricollocare le produzioni a minor valore aggiunto. Vale la pena procedere con ordine, partendo dai dati ufficiali di Wine Australia, che suggeriscono come le tariffe cinesi siano responsabili solo del 19% dell’eccesso di offerta di vino australiano sui mercati, dovuto principalmente ai numeri straordinari della vendemmia 2020 e 2021. D’altro canto, il crollo della Cina era iniziato già nel 2017: da allora i consumi sono praticamente dimezzati, tornando ai livelli del 1996, e lasciando sul mercato un miliardo di litri di vino rosso, non solo australiano. Al suo apice, la Cina importava il 13% di tutto il vino australiano, per cui anche senza le famigerate tariffe, non risolverebbe certo da solo la sovrapproduzione australiana.

Il calo, come visto, non è arrivato all’improvviso, al contrario: nel 2018 la Cina ha acquistato 171 milioni di litri dall’Australia, per 627,5 milioni di dollari; nel 2019, 146 milioni di litri, per 671 milioni di dollari; nel 2020, 129 milioni di litri, per 770 milioni di dollari; nel 2021 i numeri erano scesi a 78 milioni di litri e 584 milioni di dollari. In pochi anni, i volumi sono più che dimezzati, ma i prezzi sono quasi raddoppiati, segnalando un’altra tendenza fondamentale in atto sul mercato cinese, ossia la crescita delle produzioni di fascia alta, mentre i prodotti di qualità inferiore hanno trovato sempre minor spazio.

Il prezzo medio del vino esportato dall’Australia, in effetti, ha raggiunto i 7 dollari al litro, proprio nel momento in cui il mercato cinese stava crollando, proprio in parallelo con il crollo delle spedizioni di vino generico, che tra il 2018 e il 2021 ha visto la propria quota export scendere dal 50% al 17% del totale a volume (-66%, per un calo a valore quasi speculare, pari al -64%). Andamento simile per lo sfuso, che nello stesso periodo ha perso il 40% a valore, con un fatturato export di 31,6 milioni di dollari. Sommate insieme, in soli tre anni, le esportazioni di vino sfuso australiano verso la Cina sono diminuite di un totale di 105 milioni di litri, mentre dopo l’introduzione delle tariffe sono diminuite solo di 12 milioni di litri (nel 2022): l’85% dei volumi sul mercato cinese erano già persi ben prima dell’introduzione dei super dazi. L’export verso la Cina dell’imbottigliato, invece, nello stesso periodo, ha perso 55 milioni di litri, ossia il 5% della produzione media australiana.

Nella fascia più bassa del mercato, così, il fatturato cinese ha perso 74 milioni di dollari, mentre nella fascia più alta, se i prezzi fossero stati costanti, il calo dei volumi avrebbe dovuto portare ad una perdita di altri 336,5 milioni di dollari. E, invece, si registra addirittura una crescita del giro d’affari, di ben 180,4 milioni di dollari. Sono dati che indicano chiaramente come, mentre i consumatori cinesi guardavano con maggiore interesse ai vini di fascia alta, i produttori australiani dei vini più economici non siano stati capaci di cogliere il cambiamento, continuando a produrre a pieno regime. Si arriva così alla situazione attuale, in cui le cantine d’Australia hanno il più alto livello di stoccaggio mai visto, tanto da dover chiedere aiuto al Governo, a cui il settore a gennaio ha chiesto una dotazione di 85 milioni di dollari per ... risolvere il problema della sovrapproduzione dovuta ai dazi cinesi.

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