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PIÙ DELLA GOLA POTÉ LA PSICHE. E AL RISTORANTE IL MENÙ LO SCRIVE LO PSICOLOGO, CHE STIMOLA LA SCELTA DEL PIATTO GRAZIE A NUMERI E TRUCCHI LESSICALI

Pensavamo che quel piatto scelto al ristorante fosse stato eletto, tra tutte le altre proposte del menù, per acclamazione, dalle nostre papille gustative. E, invece, ci sbagliavamo. A dettare l’ordinazione non sarebbe, o non soltanto, il gusto, ma la psiche, spesso indotta nella scelta del cibo dalle parole con cui sono descritti i piatti, o dai prezzi, espressi in cifre tonde e “rassicuranti”, magari senza il simbolo della valuta accanto. L’arcano della scienza del menù è svelato da un recente articolo del quotidiano americano “The New York Times”, che rileva come l’uso di consulenti, psicologi e ideatori sia sempre più diffuso tra i ristoranti per fare fronte alla crisi che ha colpito il settore.
Beninteso, niente di illegale: l’arte di scrivere “la carte” ricorre a trucchi completamente leciti, che puntano sull’affabulazione nel descrivere un piatto, come spiega Susan Frank, esperta di marketing: “se c’è un piatto tipico, è bene farne un logo, metterne più versioni. Poi è utile romanzare i piatti: invece di omelette è molto meglio “la leggera e soffice omelette del paradiso” e il succo d’arancia è più appetibile se “appena spremuto”. Meglio i prodotti che evocano la famiglia e la genuinità, quelli presentati con un “rinforzo”: bacon della casa, prosciutto di campagna, uova fresche del contadino”. Poi ci sono i numeri, ovvero i prezzi: meglio le cifre tonde, senza centesimi, e senza il simbolo dell’euro o del dollaro accanto, che sono lì, spiegano gli esperti, “solo per ricordare che stai per spendere dei soldi”.
E c’è anche di si affida alla tecnologia, come a Londra, con i menu-touch screen, che funzionano come un bancomat, o al menù-libro, a Milano, con la lista tra le pagine di un romanzo, o alle immancabili lavagnette scritte con il gesso, per indirizzare le ordinazioni verso i piatti del giorno. E se a tavola staccassimo il cervello?

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