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PIZZA NAPOLETANA: ARRIVA LA TUTELA DELL’UNIONE EUROPEA E DIVENTA “STG”. STOP ALLE IMITAZIONI E AI FALSI, SOLO CON IL LOGO E’ VERACE. TUTTE I DATI SULLA PIZZA …

Dopo tanti rinvii questa volta sara quella buona e la “Pizza Napoletana”, prodotta secondo la tradizione napoletana, potrà entrare nell’olimpo delle eccellenze alimentari europee. Così - salvo cambiamenti dell’ultimo minuto - la “Pizza napoletana” conquisterà domani a Bruxelles il traguardo europeo di “Specialità tradizionale garantita” (Stg) e la sua ricetta - dagli ingredienti alla forma rotondeggiante fino alla cottura e conservazione - verrà protetta dall’Unione Europea contro imitazioni e falsi. Insomma, un riconoscimento che rappresenta anche - spiegano gli addetti ai lavori - un passo avanti importante nella protezione del Made in Italy, in particolare nella lotta alla pirateria alimentare a livello internazionale. Infatti, se la pizza è sinonimo di italianità, la “Pizza napoletana” meglio di ogni altro prodotto esprime il valore, la tipicità e la tradizione dell’agricoltura italiana. Per fregiarsi del titoli di “Pizza Napoletana Stg”, secondo quanto prevede il “disciplinare di produzione” certificato da Bruxelles, la Pizza deve avere un diametro non superiore ai 35 centimetri, il bordo rialzato fra 1 e 2 centimentri e nel condimento solo pomodori pelati, mozzarella di bufala campana Doc o la mozzarella Stg, aglio, un filo d’olio, sale e foglie fresche di basilico. La cottura dovrà avvenire esclusivamente in forni a legna e appena uscita dal forno la pizza dovrà avere una consistenza insieme morbida ed elastica, facilmente piegabile a libretto. Ma soprattutto la si potrà riconoscere dal suo odore caratteristico, profumato e fragrante. Senza dimenticare che non potrà essere congelata o surgelata o posta sottovuoto per una successiva vendita, e non dovranno mancare i controlli lungo tutta la catena di produzione.
Su questa eccellenza alimentare potranno contare i buongustai, dopo il via libera di Bruxelles, ma ad una condizione: occhio al logo “Pizza Napoletana Stg”, prodotta seconda al tradizione napoletana, altrimenti non è quella verace. Alla Commissione Europea confermano: “il logo europeo potrà essere utilizzato solo se il prodotto è in stretta conformità con il suo disciplinare di produzione una volta approvato dall’Unione Europea”.
Napoli, intanto, si prepara a festeggiare, facendo i dovuti scongiuri, dopo le delusioni per gli ostacoli che, dal febbraio 2008, si sono sovrapposti nell’iter decisionale europeo quando la richiesta di “Stg” è stata ufficializzata sulla “Gazzetta Ufficiale” dell’Unione Europea. Ma il lavoro portato avanti dai funzionari italiani del Ministero dell’Agricoltura a Bruxelles come a Roma ha dato i loro frutti e, “domani - affermano fonti della Commissione Unione Europea - non ci attendiamo particolari problemi dal voto dei rappresentanti dei 27 Stati membri”.
Fonte: Ansa - Autore: Patrizia Lenzarini

Focus – Coldiretti: in Italia è straniera 1 pizza su 2
Almeno una pizza su due contiene ingredienti principali importati dall’estero senza alcuna indicazione per i consumatori che credono di assaporare i prodotti della tradizione made in Italy mentre viene loro servito un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza. Lo comunica la Coldiretti che, in riferimento al riconoscimento comunitario come Stg per la pizza napoletana, sottolinea l’importanza di garantire l’origine nazionale degli ingredienti.
Sempre più spesso nelle pizzerie viene servito un prodotto preparato - sottolinea la Coldiretti - con cagliate provenienti dall’Est Europa, invece, della tradizionale mozzarella, pomodoro cinese invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell’extravergine italiano e farina canadese o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale. In Italia, sono stati importati in un anno - spiega la Coldiretti - 500 milioni di chili di extravergine, 86 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 130 milioni di chili di concentrato di pomodoro e 5 miliardi di chili di grano tenero.
Occorre garantire l’origine degli ingredienti impiegati per evitare il rischio - sostiene la Coldiretti - di perdere definitivamente lo storico legame con il territorio di provenienza della pizza che è nata a Napoli, a metà del 1700, ed eretta per sempre a vessillo tricolore, con il bianco della mozzarella , il rosso del pomodoro ed il verde del basilico, quando il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la “pizza Margherita” alla regina di casa Savoia nel 1889. Oggi la pizza è la parola italiana più conosciuta all’estero con l’8%, seguita dal cappuccino (7%), dagli spaghetti (7%) e dall’espresso (6%), secondo un sondaggio on line della società Dante Alighieri.
In Italia ci sono 25.000 pizzerie con 120.000 posti di lavoro e un fatturato di 5 miliardi di euro, che è in crescita nonostante la crisi, come conferma - conclude la Coldiretti - una recente ricerca Doxa, secondo la quale quando si tratta di scegliere qualcosa di “gustoso”, per la pausa pranzo, il 29% degli italiani predilige pasta, ma ben il 26% pizza.

Il presidente del Comitato per la tutela e valorizzazione della Pizza Napoletana Stg, Lopa: “attendiamo news ufficiali …”
“Sulla notizia di queste ultime ore, che danno per certo il riconoscimento da parte dell’Unione Europea del marchio Stg (Specialità Tradizionale Garantita) alla Pizza Napoletana, il presidente del Comitato per la tutela e valorizzazione della Pizza Napoletana Stg, Rosario Lopa, spiega: “siamo in attesa delle notizie ufficiali da parte dei funzionari del Ministero delle Politiche Agricole, l’unico organismo istituzionale incaricato della presentazioni delle istruttorie per i marchi di qualità, che sono partiti oggi per la Commissione Europea e dove solo domani, il Comitato di gestione della Commissione Europea, probabilmente autorizzerà il marchio Stg per la Pizza Napoletana. Attenzione ai facili entusiasmi e paternità, di queste ultime ore: la Pizza è patrimonio di tutta l’umanità, e questo importante riconoscimento è solo frutto di una sinergia con il Ministero, le associazioni di riferimento, le istituzioni locali, il Comitato di tutela e di tutti quelli che hanno contribuito al riconoscimento della tradizione”.

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