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LA CURIOSITÀ

Pompei, rinvenuto affresco che ritrae un piatto che assomiglia ad un “antenato” della pizza

Un frammento di storia che si lega ad un simbolo italiano che, secondo Coldiretti, fa girare oltre 15 miliardi di euro di fatturato

Amata in tutto il mondo, piatto iconico della tradizione made in Italy, un gusto che non passa mai di moda e che tiene alti i valori della Dieta Mediterranea. Parliamo ovviamente della pizza, il cui consumo è pressoché quotidiano in tutti i Continenti. Ma quanto vale la pizza? Dalle tavole di Pompei a quelle dei giorni nostri, in duemila anni la pizza è arrivata a valere 15 miliardi di euro, diventando il simbolo del successo della Dieta Mediterranea nel mondo, ma anche motore di turismo e cultura. Parola della Coldiretti nel ritrovamento di un affresco nei nuovi scavi dell’insula 10 della Regio IX di Pompei, che raffigurerebbe una pizza o almeno un lontano “antenato” della pietanza moderna, diventata Patrimonio dell’Umanità nel 2017 grazie al riconoscimento Unesco dell’Arte tradizionale del Pizzaiuolo Napoletano.
Per Coldiretti la pizza rappresenta oggi un tesoro dell’Italia, dove cultura e cibo sono diventate le principali leve di attrazione turistica, strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione. Non a caso oltre un terzo della spesa delle vacanze estive di quest’anno sarà destinata alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati, feste e sagre di Paese Ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 8 milioni di pizze grazie all’utilizzo annuale di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Il tutto grazie al lavoro di oltre 100.000 addetti a tempo pieno, che diventano 200.000 nel weekend. La pizza genera un fatturato che ha superato i 15 miliardi di euro.
Ma l’“antenato” della pizza non era il solo piatto forte delle tavole pompeiane. Tra le pietanze cult, c’era il garum, una salamoia di pesce lasciato fermentare al sole e conservata sotto sale utilizzata per condire un’infinità di vivande e, tra le bevande economiche, la più diffusa era la pòsca, costituita da aceto diluito in acqua, mentre i panettieri sfornavano almeno dieci tipi di pane nei 35 forni censiti di Pompei. Appena alzati i pompeiani facevano una prima colazione (jentaculum) a base di pane con aglio e formaggio, oppure datteri, uova, miele e frutta, e a volte anche di carne, dal momento che la colazione costituiva uno dei due pasti principali della giornata. I bambini, andando a scuola, si fermavano lungo la strada e comperavano biscotti appena sfornati (adipata). Verso mezzogiorno uno spuntino leggero (prandium) con legumi, pesce, uova e frutta. Il pasto principale in tutto il mondo romano era costituito dalla cena, cui seguivano le bevute in un triclìnio, conclude Coldiretti, con il vino che era la bevanda più diffusa e veniva prodotto in due qualità: bianco e rosso, tagliato con acqua e aromatizzato con miele, spezie o erbe, secondo la Soprintendenza di Pompei.
Il quinto compleanno Unesco, ricorda Coldiretti, cade a pochi giorni dall’approvazione della richiesta dell’Italia alla Ue di garantire la protezione con riserva del nome per la “Pizza Napoletana” Stg, che potrà essere chiamata tale nei menu solo se saranno garantite alcune caratteristiche relative alla preparazione, come le ore minime di lievitazione, la stesura a mano della pasta, le modalità di farcitura, la cottura esclusivamente in forno a legna ad una temperatura di 485 gradi centigradi e l’altezza del cornicione di 1-2 cm, con il controllo di un ente terzo di certificazione. Ma i limiti riguardano anche l’utilizzo di materie prime di base, che per le loro peculiarità non possono che essere di provenienza nazionale, come l’olio extravergine d’oliva, il basilico fresco, nonché la “Mozzarella di Bufala Campana Dop” e la “Mozzarella tradizionale Stg”, esclusive per la variante con formaggio a pasta filata. Altri ingredienti necessari nella preparazione della “Pizza Napoletana” sono i pomodori pelati e/o pomodorini freschi, che evidentemente potranno dare nuovo slancio alla produzione di pomodoro nazionale, notoriamente riconosciuto per la sua grande qualità.
Qualora la “Pizza Napoletana” non corrisponda al disciplinare di produzione “sarà considerato un illecito, sul quale - spiega la Coldiretti - l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf) è già al lavoro per dettagliare gli aspetti tecnici per aggiornare le relative disposizioni sanzionatorie inerenti alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari”.

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