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PRODOTTI AGRICOLI: LA VENDITA DIRETTA E’ UN VANTAGGIO PER CONSUMATORI E PRODUTTORI

Caro-prezzi e qualità dei prodotti che finiscono nelle tavole degli italiani. Perché non tentare anche in Italia, come sta avvenendo con successo in molti altri Paesi, il sistema di vendita diretta per accorciare la filiera dei prodotti agroalimentari? Se ne è parlato nel convegno organizzato da Coldiretti Arezzo e Federconsumatori, oggi presso la Camera di Commercio aretina, dal titolo “Imprenditori agricoli e consumatori. Vendita diretta: i reciproci vantaggi”. “Con la vendita diretta – ha affermato il presidente della Coldiretti Arezzo, Giuliano Scattolin – andiamo incontro alle esigenze dei consumatori, incidendo sulla qualità e sui prezzi che sono certamente influenzati dall’andamento climatico, ma anche dalla speculazione nei vari passaggi della filiera. Questo tipo di vendita, perciò, rappresenta un calmiere dei prezzi; insieme con le associazioni dei consumatori bisogna educare il consumatore all’acquisto, a saper scegliere. Spesso, infatti, non è in grado di riconoscere quando un prodotto è di stagione. Inoltre – ha concluso – l’agricoltura non deve essere un peso ma una risorsa, e va tutelata”.

In Italia la vendita diretta interessa il 37 per cento del vino, il 20% di olio e miele. Con questa forma di vendita, si è detto al convegno, si otterrebbe un margine maggiore per il produttore, una valorizzazione della qualità, un rapporto personale fra chi vende e chi compra. La vendita diretta è insomma importante sia per comunicare al consumatore le informazioni sui prodotti che sui metodi di produzione; un patrimonio che il consumatore porterà con se anche negli acquisti presso la grande distribuzione. Modalità di acquisto possibile direttamente nelle aziende agricole, nei mercati rionali, o come già avviene in Usa nei “Farmers’ market”. E’ necessario un rilancio dei Centri agro-alimentari, una maggiore caratterizzazione del prodotto italiano, una migliore logistica, e forme alternative di vendita. Veri e propri simboli del “made in Italy” dell’agroalimentare arrivano dall’estero: è così per il 45 per cento del “nostro” latte, per il 50% della carne bovina e del 60% del grano.

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