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PRODURRE PIÙ CIBO CON MENO? È POSSIBILE. GRAZIE AL MODELLO PRODUTTIVO PROPOSTO DALLA FAO SARÀ POSSIBILE SFAMARE UNA POPOLAZIONE MONDIALE CHE, NEL 2050, ARRIVERÀ A 9,2 MILIARDI, GRAZIE AD UN’INTENSIFICAZIONE DELLA PRODUZIONE MA CHE SIA SOSTENIBILE

Al via un nuovo modello di sviluppo agricolo per produrre più cibo con meno. A lanciarlo è la Fao che propone un nuovo modello produttivo che incorpora anche un approccio che rispetta gli ecosistemi e capitalizza il ruolo della natura nella crescita delle colture - sostanze organiche contenute nel suolo, regolazione del flusso idrico, predatori contro i parassiti, pollinazione naturale. Per nutrire una popolazione mondiale che si prevede nel 2050 raggiungerà i 9,2 miliardi di persone e rispondere alle sfide legate ai cambiamenti climatici, sostiene la Fao il cui appello è contenuto nello studio “Save & Grow”, la chiave sta in un’intensificazione della produzione che sia sostenibile.

Per la Fao sarà necessario dare sostegno agli agricoltori così che possano apprendere le nuove pratiche e tecnologie, mentre i governi da parte loro dovranno rafforzare i programmi nazionali di miglioramento e selezione delle specie vegetali per sviluppare nuove varietà di sementi resistenti ai cambiamenti climatici. I governi, rileva la Fao, dovranno anche fornire incentivi all’adozione di questo nuovo modello, come ad esempio ricompensare la buona gestione degli ecosistemi e promuovere maggiori investimenti in agricoltura. I paesi sviluppati dovranno incrementare la quota di aiuti ufficiali allo sviluppo da destinare all’agricoltura dei paesi in via di sviluppo, i quali da parte loro dovranno allocare una quota più ampia dei loro budget nazionali al settore agricolo. Lo studio auspica anche un aumento degli investimenti del settore privato sia a livello nazionale che internazionale.

Il nuovo approccio si rivolge soprattutto ai piccoli contadini dei paesi in via di sviluppo. Aiutare le famiglie rurali a basso reddito dei paesi in via di sviluppo, circa 2,5 miliardi di persone, ad economizzare sui costi di produzione e costruire prosperi sistemi agro-alimentari, sottolinea la Fao, “li metterà nelle condizioni di massimizzare le rese ed investire i risparmi nella salute e nella scolarizzazione”. Si stima che la Rivoluzione verde abbia salvato dalla carestia un miliardo di persone, e che tra il 1960 ed il 2000 sia riuscita a produrre cibo più che a sufficienza per una popolazione mondiale che nello stesso periodo era raddoppiata, passando da 3 a 6 miliardi di persone. Tuttavia, l’attuale paradigma di produzione intensiva, sottolinea la Fao, non riesce più a stare al passo con le sfide poste dal nuovo millennio. Per crescere l’agricoltura deve ora imparare a preservare.

L’approccio “produrre di più con meno” attinge in parte alle tecniche dell’agricoltura di conservazione - una serie di pratiche agronomiche che permettono una migliore gestione del suolo, limitando gli effetti negativi sulla sua composizione. Per fare questo, rileva la Fao, essa promuove una lavorazione minima del terreno, facendo a meno di un’aratura profonda, per mantenere in modo permanente la copertura organica. I residui delle coltivazioni vengono lasciati sui campi e si fanno rotare le colture alternando quelle cerealicole con le leguminose che arricchiscono il terreno. Tra le altre tecniche sviluppate dalla Fao e dai suoi partner nel corso degli ultimi anni, vi è l’irrigazione di precisione, per produrre di più con meno acqua, ed un impiego più preciso dei fertilizzanti per raddoppiare l’ammontare di nutrienti assorbiti dalle piante. La gestione integrata delle infestazioni parassitarie, le cui tecniche combattono i parassiti senza un eccessivo ricorso ai pesticidi, è un altro elemento chiave.

Questi metodi aiutano le colture ad adattarsi al cambiamento climatico e non solo fanno produrre più cibo, ma contribuiscono anche a ridurre il fabbisogno di acqua del 30% ed i costi energetici sino al 60%. In alcuni casi si possono incrementare le rese di sei volte, come dimostrano i test effettuati di recente in Africa australe. Le rese dei coltivatori che hanno seguito queste tecniche in 57 paesi a basso reddito sono aumentate di circa l’80%. Decenni di coltivazione intensiva, sottolinea la Fao, hanno talvolta degradato terre una volta fertili ed esaurito le falde acquifere, provocato recrudescenze di infestazioni parassitarie, eroso la biodiversità, inquinato l’aria, il suolo e l’acqua. Peraltro va notato che stanno calando i tassi di crescita dei rendimenti dei principali cereali. Per nutrire una popolazione mondiale che si prevede nel 2050 raggiungerà i 9,2 miliardi di persone, che nei paesi in via di sviluppo implica riuscire a soddisfare una domanda alimentare raddoppiata, non c’è altra scelta se non intensificare ulteriormente la produzione agricola. Per sconfiggere la fame e soddisfare la domanda di cibo per il 2050, la produzione deve crescere del 70% nel mondo, e del 100% nei paesi in via di sviluppo.

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