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PRODUTTORI DI GRAPPA INDIGNATI, A RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DI UN PATRIMONIO CULTURALE E ECONOMICO. IL GOVERNO LETTA AUMENTA DEL 27,4% L’ACCISA SU SPIRITI. A RISCHIO LE DISTILLERIE, DEPOSITARIE DI TRADIZIONE CHE RENDE UNICA L’ACQUAVITE DI BANDIERA

Non Solo Vino
Le distillerie italiane a rischio

Con il decreto legge 12 settembre 2013, n. 104 il Governo Letta prevede la parziale copertura finanziaria dei maggiori costi tramite un forte e progressivo innalzamento delle accise sui prodotti alcolici, che subiranno un aumento di oltre il 13% a partire già dal primo ottobre, per poi aumentare ancora il 1 gennaio, e nuovamente il primo gennaio del 2015, stabilizzandosi a quota +27,4% rispetto al livello odierno.

L’Istituto Nazionale Grappa lancia un forte grido di allarme per le conseguenze che certamente deriveranno da tale decisione, la quale è destinata a penalizzare fortemente proprio le distillerie dell’acquavite nazionale di bandiera: “la grappa - spiega il presidente Elvio Bonollo - ha un consumo essenzialmente nazionale, e, quindi, un aumento delle accise nel nostro Paese è destinato a colpire praticamente l’intera produzione, riflettendosi in un calo immediato dei consumi, già penalizzati dalla crisi economica in corso. Va detto che, pur essendo l’Italia tra i Paesi europei nei quali le accise sugli alcolici sono ai livelli inferiori, il peso di tale tassa sul prodotto è veramente straordinario: si pensi solo che un litro di alcool puro ha un valore di produzione di circa un euro, ma su di esso grava una accisa di oltre 8 euro sulla quale poi si dovrà applicare anche l’Iva del 21% o 22%!”

“Il sistema delle “accise forti” viene utilizzato nei Paesi nordici, che le fissano su livelli più elevati di quelli italiani, per limitare il consumo smodato di alcool - sostiene Bonollo - ma in Italia questo aspetto sociale, non si rileva. Nel nostro paese le accise rivestono, dunque, una utilità quasi esclusivamente fiscale. Tuttavia, è dimostrato che agli attuali livelli di accisa ogni aumento si rivela essere un clamoroso “flop” da parte dello Stato, che incassa minori accise poiché i consumi, a fronte dei forti aumenti di prezzo, determinati appunto dalla maggior pressione fiscale, calano più che proporzionalmente, con l’effetto di lasciare un maggior buco nelle casse dello Stato, non coprire i fabbisogni finanziari previsti e in più rovinare l’economia delle molte aziende di piccole e medie dimensioni che costituiscono l’industria italiana delle bevande alcoliche”.

Si tratta di un vero e proprio dramma, poiché le aziende, già oberate da incombenze burocratiche estremamente pesanti legate alle dichiarazioni fiscali giornaliere richieste dal sistema di accise, si troveranno a fronteggiare cali produttivi legati ai rincari appena deliberati: una stima prudenziale da noi effettuata prevede che verrà innescata una contrazione dei consumi del 35-40%, che di fatto annullerà il previsto aumento di introiti, e costringerà le 140 distillerie italiane a ridurre significativamente il personale e gli investimenti, ed in molti casi probabilmente costringerà molte di esse a chiudere definitivamente i battenti. A tutto vantaggio delle multinazionali delle bevande alcoliche, i cui mercati sono variegati e sparsi in tutto il mondo, per le quali l’aumento di accise in Italia comporterà, sì, una riduzione dei fatturati nazionali, ma non inciderà sulla loro sostanziale economia globale: un ulteriore autogol per la nostra economia, che davvero ci indigna”. “Il Parlamento, nella discussione per la conversione in legge di questo provvedimento, speriamo - chiude Bonollo - che apporti variazioni tese ad annullare il suo dirompente potenziale distruttivo per il tradizionale settore della grappa”.

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