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CULTURA & PAESAGGIO

Produttrici dall’anima green. Le Donne del Vino festeggiano 35 anni: “unite per il territorio”

L’indagine, condotta da Marta Galli (Osservatorio Sustainable Wine Business & Enogastronomic Tourism): il 44% delle imprese è in edifici storici

Donne che amano il vino, tanto da farne un lavoro, ma con un grande cuore “green” che si traduce in un impegno concreto per la tutela del proprio ambiente. Non solo custodi dei vigneti e artefici del proseguimento di una tradizione storica ma anche “sentinelle” del territorio, protagoniste della conservazione del paesaggio che è sinonimo di bellezza, cultura e biodiversità. Il risultato è che nessun altro comparto produttivo ha una simile attitudine nella salvaguardia del proprio habitat. Emerge dall’indagine “Donne, vino e salvaguardia dell’identità culturale dei territori del vino”, condotta da Marta Galli, direttore operativo Osservatorio Sustainable Wine Business & Enogastronomic Tourism, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano, e presentata a Firenze nell’anniversario n. 35 delle Donne del Vino, associazione nata nel 1988 nel capoluogo toscano e che conta più di 1.080 associate tra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier, giornaliste ed esperte di vino in tutta Italia.
In un Paese che mostra di avere un “debole” per la cementificazione, i produttori di vino vanno controcorrente, il 44% di chi ha un’impresa in questo settore è infatti presente in edifici storici e la quasi totalità (96,6%) ritiene che sia necessario restaurare le costruzioni antiche piuttosto che costruirne di nuove. Il 44,7% del campione intervistato ha ripristinato edifici preesistenti e per farlo ha usato soprattutto imprese del posto (56,1%). La presidente delle Donne del Vino, Daniela Mastroberardino, ha parlato di “un segno di speranza in un Paese dove le alluvioni vengono amplificate da un eccessivo sfruttamento del suolo e i “non luoghi” sono sempre più diffusi. Resta da vedere se il campione di 237 socie produttrici in tutte le regioni italiane corrisponde a un’uguale attitudine virtuosa dei colleghi maschi, ma vogliamo sperare di sì”.
Un aspetto, quello della conservazione del paesaggio, che è anche di riflesso un importante veicolo di comunicazione. “L’indagine ha portato alla luce un aspetto ancora inesplorato dell’attività di chi produce, vende o fa consumare il vino: l’attitudine a conservare l’identità e la cultura locale per usarla nello storytelling delle bottiglie” ha spiegato Donatella Cinelli Colombini, past president e delegata delle Donne del Vino di Toscana, oltre che produttrice di vino in quel di Montalcino e Valdorcia. “Il 94% del campione usa la storia locale per contestualizzare i propri vini” ha aggiunto Marta Galli, sottolineando come “il 44% di chi ha un’impresa utilizza edifici storici e il 49% ha un’opera d’arte in azienda” e che le Donne del Vino “con pochissime eccezioni (96,9%) usa vitigni autoctoni nella produzione dei propri vini, e oltre la metà punta proprio su quelli per raccontarsi. Altrettanto plebiscitario (94,5%) l’utilizzo di alimenti e ricette locali in abbinamento alle bottiglie evidenziando un bisogno di identità e radici che va a tutto vantaggio della salvaguardia degli antichi saperi”.
Per la vice presidente della Regione Toscana, Stefania Saccardi, i risultati di questa ricerca conferma “l’attenzione e la professionalità di cui la Toscana è stata sempre portatrice in agricoltura che, come vediamo, ha plasmato il paesaggio rurale e dato vita a un repertorio di saperi immateriali come tradizioni, abitudini, leggende, ma anche saperi materiali come architetture e strumenti. La viticoltura in particolare, in cui si fa strada sempre di più la sensibilità propria delle donne, che sanno coniugare la strategia vitivinicola e la produzione con l’attrattività turistica, la bellezza del prodotto e dei territori, l’armonia ambientale, sociale, economica, ha aperto la strada ad una nuova visione del territorio che va oltre quella economica, diventando visione storica, identitaria di valori, biologico/naturale. Non è un caso che gli agricoltori della Toscana, impegnati ormai da tempo a mettere in campo buone pratiche agricole finalizzate a ridurre il più possibile l’impatto ambientale delle produzioni, abbiano mostrato una precoce apertura rispetto ai temi della sostenibilità”.

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