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PUNTARE SUI PAESI EMERGENTI, RIPENSARE ALLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO PER RENDERLO PIU’ ADATTO ALLA NUOVA FIGURA DEL CONSUMATORE GLOBALE E INTERNET: ECCO LE SFIDE PER IL MADE IN ITALY PER FEDERALIMENTARE

Le nuove sfide per il Made in Italy alimentare? Puntare sui Paesi emergenti, i Bric (Brasile, Russia, India e Cina), ripensando alle caratteristiche del prodotto rendendolo più coerente con le attese del consumatore globale, dal packaging più pratico alle nuove forme di promozione attraverso la rete. Così Federalimentare (la Federazione Italiana dell’Industria Alimentare di Confindustria) ha intenzione di riaffermare il ruolo storico di salvagente contro la crescita dell’inflazione del made in Italy alimentare. Infatti, secondo le stime del Centro Studi Federalimentare per il 2011-2012, se l’export persiste su valori positivi (+10% la crescita prevista tra il 2011 e il 2012), è comunque in leggera flessione sul +11% del primo semestre 2011, cui fa eco una crescita prossima allo zero (+0,1%) sul fronte dei consumi interni.

“Nel 2011 - afferma Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare - l’alimentare italiano non riesce a rafforzare la timida ripresa del 2010. Al contrario, è a rischio indebolimento. L’aumento del’Iva al 21% sui prodotti alimentari colpirà le famiglie italiane con un aggravio di spesa di oltre 600 milioni di euro e rischia di compromettere ogni prospettiva di rilancio dei consumi, con un forte impatto sulle attività della filiera agroalimentare, dall’agricoltura all’industria fino alla distribuzione. É probabile che il trend della produzione alimentare 2011 non superi, a consuntivo, il tasso del +1%. mentre l’export, che ha segnato un +11% in valuta nel primo semestre dell’anno, continuerà a dare soddisfazioni, ma non basta a tamponare la flessione del mercato interno”.

“Per evitare pessimismi e vittimismi - aggiunge Annalisa Sassi, presidente dei Giovani Imprenditori di Federalimentare - ci siamo interrogati sui modelli organizzativi: dove abbiamo sbagliato, dove potremmo far meglio e la risposta è una sola: al momento, c’è solo da esportare il nostro prodotto, la nostra impresa, il nostro modello alimentare. Ma per rimanere competitivi sui mercati emergenti l’industria alimentare italiana deve ripensare le caratteristiche del prodotto e renderlo più coerente con le attese del consumatore globale. Un consumatore sempre più alla ricerca di “monoporzioni”, cibo pratico da portarsi in giro nella frenetica attività quotidiana e attento al portafoglio, visti i tempi di crisi, quello a cui si rivolge l’industria alimentare italiana. Per questo - osserva Sassi - stiamo sviluppando proposte orientate alle nuove esigenze e alla soddisfazione di un consumatore sempre più consapevole e dal tempo contato. Noi giovani imprenditori sfruttiamo anche molto la rete internet - aggiunge Sassi - per dare informazioni sui nuovi prodotti e offrire anche quelle informazioni nutrizionali che sono molto richieste dai consumatori. Si registra infatti una crescente attenzione verso gli aspetti salutistici, la sicurezza alimentare e anche l’ecologia e la sostenibilità. Proporre i nostri cibi con un packaging pratico e facilmente asportabile è doveroso - continua Sassi - in uno scenario in cui il tempo trascorso lontano da casa è sempre più preponderante e “take away”, “quick break” (macchinette dispensatrici di snack) una realtà sempre più presente nella vita quotidiana. Soprattutto è prioritario - conclude Sassi - aggredire i nuovi mercati emergenti. L’85% dei nuovi consumatori sono in Brasile, India e Cina. Dobbiamo “conquistarli” prima degli altri, diffondendo subito su quei mercati il gusto e l’unicità del Made in Italy alimentare”.

In più le preoccupazione arrivavo anche dalle anticipazioni relative al documento sulla nuova Politica Agricola Comunitaria (Pac) che sarà presentato il 12 ottobre dalla Commissione europea dell’Agricoltura, come spiega il consigliere delegato per l’agricoltura di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, in occasione del Forum dei Giovani imprenditori di Federalimentare: “purtroppo la nuova Pac va contro la produzione e la qualità e penalizza l’agricoltura e quindi l’industria alimentare italiana a cui fornisce materia prima insostituibile”. Il nuovo quadro della Pac, che privilegia le superficie investite in agricoltura piuttosto che la qualità produttiva, specificità del Made in Italy, è giudicato “irricevibile” da Federalimentare, che incita il veto dell’Italia sulla nuova impostazione che “dal 2013 in poi utilizzerà i soldi dei contribuenti italiani per consentire distorsioni di concorrenza a svantaggio delle nostre imprese agricole”.

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