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PUO’ IL VINO DIVENTARE UNO DEI PROTAGONISTI DEGLI GLI INVESTIMENTI ALTERNATIVI TRA QUELLI SLEGATI DAI TRADIZIONALI ASSET CLASS?

Ad un anno dal crack Lehman, il Liv-Ex, l’indice che rappresenta le 100 bottiglie più prestigiose e ricercaste al mondo, comincia a dare segnali confortanti (ad agosto è salito del 5%, realizzando il balzo più significativo dalla metà del 2007). Un balzo che potrebbe portare il vino tra i protagonisti degli investimenti i cui rendimenti sono slegati dalle tradizionali asset class. Fondi di investimento specializzati in tal senso già esistono. E’ il caso del “Wintage Wine Fund”, con oltre 100 milioni di euro investiti, che ha nei vini di Bordeaux il centro del suo portafoglio, e che, negli ultimi anni, ha mantenuto il suo valore costante; oppure il “Noble Crus”, che ha tra i suoi investitori Credit Suisse, Hsbc, Bnp Parisbas e Credit Agricole, e che gestisce 15 milioni di euro; oppure la società per azioni milanese “Winecapital”, i cui sottoscrittori, imprenditori e professionisti tutti accumunati dalla passione per il vino, detengono una quota minima di 50.000 euro per almeno 3 anni, con un rendimento minimo garantito del 10%.

Investire sulle bottiglie di vino, per quanto prestigiose, non è tuttavia una scelta senza rischi. Una delle criticità più evidenti è legata alla liquidità, conseguenza della natura del “sottostante”, ovvero del vino stesso. Nel momento dell’uscita del fondo, infatti, il gestore deve vendere bottiglie che potrebbero essere difficili da liquidare al prezzo voluto. Trovare acquirenti, insomma, potrebbe essere molto difficile, con i conseguenti ricadute negative sui prezzi.

Non solo: la compravendita di bottiglie non è affare per tutti. Occorrono anni di esperienza e solidi rapporti di fiducia per trattare con broker e produttori, al fine di spuntare prezzi inferiori a quelli di mercato per realizzare plusvalenze interessanti.

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