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VERSO IL FUTURO

Qualità, minor produzione di Brunello, crescita sul Rosso: il futuro di Montalcino secondo Bindocci

A WineNews la visione del presidente del Consorzio di una delle denominazioni top del vino d’Italia. “Grandi e piccoli camminino insieme”

“Il nostro territorio, fortunatamente per tutti, è sempre in ottima salute, i produttori sono bravi, siamo sui mercati di tutti il mondo, il cda uscente (guidato da Patrizio Cencioni) ha lavorato bene lasciando tutto in ordine. Siamo tra le denominazioni più importanti d’Italia, non si deve mollare la guardia, il mondo ci guarda, i nostri prodotti devono essere sempre al top. Sicuramente bisogna produrre di meno, ma bisogna produrre sempre e comunque vini di alta qualità, tutti devono capirlo. La qualità è fondamentale, i consumatori sono sempre più esigenti, chi beve Brunello nel mondo è un consumatore attento e che conosce il vino, noi dobbiamo essere sempre all’altezza e un passo avanti agli altri”. Parola di Fabrizio Bindocci, già dg del Poggione, una delle cantine storiche del territorio, rieletto alla guida del Consorzio del Brunello di Montalcino, che tutela una delle denominazioni più importanti d'Italia, che condurrà il cda in carica fino al 2021, con i tre vicepresidenti, Giacomo Bartolommei (28 anni, Caprili) con delega al Bilancio, Stefano Cinelli (63 anni, Fattoria dei Barbi) che guiderà la Commissione Rapporti Istituzionali e Riccardo Talenti (40 anni, Talenti) che guiderà la Commissione Promozione, mentre elisa Elisa Fanti della Tenuta Fanti sarà, invece, la responsabile della Commissione Tecnica. Un mix di grandi e piccole cantine che, sottolinea Bindocci, “è da sempre una delle grandi forze forze del territorio, e lo dico con 43 vendemmie alle spalle. Grandi e piccoli produttori hanno sempre fatto squadra, da quando la denominazione è nata nel 1965, quando il proprietario del Poggione, grande azienda, Leopoldo Franceschi, che è stato il primo presidente del Consorzio, dialogava con i vari Baricci, Cencioni, Bartolommei, Pacenti, piccoli produttori. Il gioco di squadra è quello, uno è complementare all’altro, la forza è stata di andare avanti con i piccoli insieme ai grandi. La riprova è stata che alle ultime elezioni in cda ci sono grandi cantine come Banfi, Castelgiocondo, Marchesi Antinori, Fattoria dei Barbi, insieme ad altri piccoli come Caprili, Talenti, Cortonesi, per fare dei nomi, a dimostrazione che se vogliamo vincere si deve giocare insieme, uniti, con lo stesso desiderio: continuare a mantenere grande la denominazione, e a far conoscere i nostri vini in tutto il mondo”.
Mondo che è il mercato naturale del territorio, che, nel 2018, ha prodotto 8 milioni di bottiglie di Brunello di Montalcino e 4,5 milioni di Rosso di Montalcino, per un giro di affari che ammonta a 160 milioni di euro, il 70% all'export, Usa in testa.
“Il mercato internazionale è da sempre il mercato del Brunello, si parla del 70% della denominazione, ma ci sono aziende che arrivano all’85-90%. Il mercato italiano è difficile, non solo per la concorrenza, ma anche per le difficoltà ad incassare. Dobbiamo lavorare, i numeri sono quelli da anni, la produzione è quella, nessuno vuole ampliare il vigneto: dal 2007 abbiamo fatto una politica oculata per non aumentare la produzione ma aumentare la qualità, gli 8-9 milioni di bottiglie di Brunello di Montalcino, a seconda dell'annata, sono il massimo che la denominazione può produrre. Mentre sicuramente ci sarebbe la possibilità di una crescita sul Rosso di Montalcino, che non è il fratello povero del Brunello, ma un bel vino, di più facile approccio, e negli anni abbiamo visto che aiuta ad aprire mercati nuovi anche per il Brunello. Dovremmo implementarne produzione e vendita, magari calando qualcosa sulla produzione di Brunello, ma serve tempo per costruire un gioco di squadra ed impegnarsi ad aiutare i produttori di Montalcino”.
Un vino che fa successo nel mondo, il Brunello di Montalcino, ma fortemente ancorato al suo territorio. A sostegno del quale è nata, di recente, la “Fondazione Territoriale Brunello di Montalcino”, che lo stesso Bindocci ha guidato nei primi passi: “la Fondazione è nata con lo scopo di fare quello che non può il Consorzio, ovvero investire risorse su cose non specifiche delle attività Consorzio, come la denominazione, il marchio e così via, come prevede lo statuto. Anche Montalcino, pur essendo un territorio ricco, ha delle situazioni che hanno bisogno di sostegno. E questo i produttori di Montalcino se lo devono ricordare. Siamo una denominazione ricca, in 60 anni Montalcino, che era il Comune più povero del territorio, ha cambiato completamente fisionomia grazie a “San Brunello” - dice Bindocci - e bisogna che i produttori “si frughino in tasca”. La Fondazione (la cui adesione è ovviamente volontaria, ndr) è il soggetto che deve aiutare zone, persone e attività che ne hanno bisogno, come le scuole, l’ospedale e così via. E chiede cifre modeste. Ma tante cifre piccole messe insieme diventano un tesoretto che può aiutare chi ha bisogno, peraltro con cifre che non cambiano il bilancio aziendale”.

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