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Quotidiano Nazionale

“Vigneti d’oro” … Alessandro Regoli, direttore del sito web Winenews: “Il boom del vino ha moltiplicato il valore delle tenute”. E il welfare arriva in cantina per il benessere dell’ambiente... Qual è la capitale del vino italiano? La risposta potrebbe scatenare una guerra civile. Pochi dubbi invece su quale sia la capitale della comunicazione enoica del Belpaese. Sta a Montalcino, dove ha sede www.winenews.it, una delle piattaforme di comunicazione più cliccate dagli amanti del buon bere, creato da Alessandro Regoli e Irene Chiari. Ogni giorno dal Duemila, on line, Winenews ha 40.000 visitatori unici, e ci racconta novità, fatti e rumors del wine & food, con doverose aperture sul panorama internazionale, perché il vino è un prodotto “glocal” per eccellenza: nasce nel locale ma vive nel globale. La globalizzazione è stata un toccasana per il nostro vino: produciamo più del doppio di quello che consumiamo. Senza export (Nel 2017 con 6 miliardi di euro) non ci sarebbe nessun miracolo, nessun rinascimento enoico tricolore.
Alessandro Regoli, il nostro export è sempre in salute?
“Sul fronte estero le cose sembrano andare bene. Sebbene ci sia molta enfasi su mercati nuovi e promettenti, e che stanno crescendo, come Cina e Russia ad esempio, le soddisfazioni continuano ad arrivare dai mercato storici, Usa, Germania e Regno Unito soprattutto, ma anche Svizzera e Canada. Secondo gli ultimi dati Eurostat-Ice, nei primi 5 mesi 2018, le esportazioni aggregate del Belpaese in valore (nel complesso di vini fermi, spumanti, fortificati, mosti, imbottigliati e sfusi) hanno toccato i 2,9 miliardi di dollari, con una crescita del 18% sul 2017. Al top come sempre gli Usa, che valgono il 25% delle esportazioni enoiche italiane (+17%), seguiti dalla Germania e Regno Unito”.
Mercati consolidati....
“Sì, però, dove bisogna continuare ad investire. Così come è altrettanto importante allargare gli orizzonti e diversificare, perché di fatto, ad oggi, le prime tre destinazioni straniere del vino del Belpaese, da soli valgono la metà dell’export. Ed in un quadro internazionale con tensioni imprevedibili, avere pochi partner importanti, può essere un vantaggio da un lato, ma anche un rischio dall’altro”.
La promozione all’estero: ogni anno ci sono 100 milioni di aiuti pubblici. Sono spesi bene?
“Per l’agroalimentare made in Italy, vino incluso, è sempre meglio se la promozione si fa come “sistema Paese”. Ma se nei mercati più maturi c’è una base di conoscenza e di cultura del prodotto italiano tale da consentire alle singole aziende di giocare in singolo, in quelli emergenti, dove è ancora tutto da costruire, muoversi in squadra è fondamentale”.
Si è cominciato a vendemmiare il millesimo 2018. La qualità ogni anno è sempre buona/ottima di default...
“Le cantine italiane riescono ormai a declinare al meglio ogni annata, sfatando giudizi e previsioni spesso troppo precoci, per vini che hanno bisogno di riposare ancora anni in bottiglia, ma capaci di sorprendere proprio alla prova del tempo”.
Oggi tutte le cantine puntano ala sostenibilità...
“È il welfare che arriva in cantina: le cantine italiane investono sempre più risorse per migliorare il benessere dell’ambiente di lavoro e la qualità del territorio riducendo il consumo di risorse naturali. C’è grande attenzione per la forza lavoro impiegata con veri e propri panieri di servizi per i dipendenti e le loro famiglie”.
Il boom del nostro vino ha trasformato in oro i vigneti...
“Dal Barolo (da 1-1,5 milioni di euro a 2 milioni/ettaro per i cm più prestigiosi) al Brunello (700.000 euro), dall’Amarone (450.000-600.000) al Barbaresco (400-500.000), dall’Alto Adige (400.000) al Prosecco Docg (da 400.000-600.000 euro a 1,5-2 milioni del Cartizze), da Bolgheri (350-450.000) al Trentodoc (fino a 350.000), dal Prosecco Doc e Pinot Grigio (250.000) al Franciacorta (dai 170 ai 300.000 euro), dal Chianti Classico (dai 130.000 ai 200.000 euro) al Chianti (80.000), il valore dei vigneti italiani è esploso. Basta un dato di rivalutazione di 1 ettaro di vigneto a Brunello nell’ultimo mezzo secolo, 4.500%, per capire il fenomeno”.
Il mondo del vino è sempre più diviso tra grandi marchi e medie cantine. Difficile con questi valori fondiari mettersi a fare vino se non si ha la terra già in famiglia.
“Ma non ci sono solo i territori top (Barolo, Brunello, Franciacorta, Bolgheri, Chiariti Classico, Trento-Doc, Alto Adige ...) c’è un’Italia del vino “underdog”: dietro alle grandi e storiche Denominazioni, sono tanti i territori del vino italiano che stanno emergendo, sempre più sotto i riflettori di critica e consumatori. Dalla Sicilia con l’Etna, ormai una vera piccola star, al Verdicchio, alfiere delle Marche, dal terroir del Primitivo in Puglia alla riscossa dell’Irpinia in Campania, dal Soave e il Lugana in Veneto alla Barbera piemontese, dalla nouvelle vague dell’Alta Langa al Gavi in Piemonte, solo per fare alcuni esempi della diversità italiana, peculiarità che rende unico il Belpaese enoico agli occhi del mondo”.

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