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“RAPPORTO COOP 2012” IMPIETOSO PER I CONSUMI ALIMENTARI: IL MITO DELL’ITALIANO GOURMET TRABALLA SOTTO I COLPI DELLA CRISI. CONTRAZIONE DELLA SPESA IN GDO DELL’1,4%, CRESCE DEL 20% IL CARRELLO VIRTUALE. DÉBÂCLE DEI GENERI DI CONFORTO, VINO IN TESTA

Il 2012 annus horribilis per l’intera area euro, ma in Italia si soffre di più e alcune qualità fondamentali dell’“essere italiano” stanno per essere cancellate dalla crisi. E’ questo il senso del Rapporto Coop sul 2012 che illustra una situazione molto grave anche per i consumi dei prodotti alimentari, che ormai pesano solo per il 14% del totale della spesa.

Si risparmia su tutto anche nella triade che un tempo caratterizzava la fisionomia dell’italiano medio se paragonato ai vicini d’oltralpe: auto, abbigliamento, cibo. E il il mito dell’italiano gourmet che ama mangiare fuori casa inizia a traballare, e a crescere nella ristorazione è solo il take away (consumato dentro le mura di casa propria), ma nonostante o forse in virtù dell’inerzia gli italiani sono anche un popolo perennemente a dieta, alla ricerca di un peso perduto (il 57% è in sovrappeso e il 46 sta cercando di perderlo).

D’altra parte la spending review degli italiani era già iniziata da un decennio negli acquisti di largo consumo. Anzi, la grande distribuzione è stata negli ultimi anni la palestra dove gli italiani hanno imparato a comprare al meglio difendendo qualità e valori.

Peraltro, oggi le strategie di risparmio come il fare la spesa più frequentemente per non creare troppe riserve, il ricorso alla privale label e alla promozione non bastano più (anche se nell’anno in corso grazie alle strategie di risparmio e a parità di volumi acquistati gli italiani hanno risparmiato un milione di euro); si è come dire raschiato il barile ed è arrivato il tempo della rinuncia vera e propria tanto che per la prima volta si assiste a una contrazione reale degli acquisti (-1,4% a volume nella gdo nei primi sei mesi del 2012). Ma il taglio degli acquisti non vuol dire automaticamente una diminuzione dei consumi se è vero che ancora oggi si butta via l’8% dei prodotti alimentari acquistati. Anzi sembra proprio che gli italiani abbiano tagliato gli sprechi e si fa attenzione al superfluo. Calano infatti gli acquisti di pane, degli snack fuori pasto e delle bevande. Proprio quei segmenti dove un consumo più attento permette di limitare gli sprechi.

L’elenco dei prodotti top ten, ovvero quelli che hanno fatto registrare nel corso dell’anno maggior gradimento, include in larga parte generi alimentari in assortimento presso i banchi del fresco come carni, salumi e formaggi, specie se affettati o grattugiati, cioè ad alto livello di servizio. Si stringe la cinghia invece sui generi di conforto (una debacle il vino, le merendine) e a guardare fra i carrelli continuano a segnare andamenti positivi i prodotti salutistici (+3% nell’ultimo anno e +26% dal 2007), il bio (+10% nei primi sei mesi di quest’anno) il pronto (+2% nell’ultimo anno e +28% dal 2007), mentre cedono gli acquisti complessivi del largo consumo (la variazione in negativo è prossima all’1,4%). Fa meglio della media il carrello basic che raccoglie l’ingredientistica e i prodotti di base della cucina, a riprova del fatto che si torna alle preparazioni domestiche.

In realtà a segnare un +20%, che ha del miracoloso in tempi di crisi, è solo il carrello on-line: gli italiani sono sempre più internauti (sono on line i 3/4 della popolazione) e il fatturato delle vendite ha raggiunto complessivamente i 19 miliardi di euro nel 2011, a questi tassi di crescita potrebbe avvicinarsi quest’anno alla soglia dei 25 miliardi (il 2,5% del totale dei consumi degli italiani).

L’industria alimentare ha avuto una riduzione del 3,5% e l’agricoltura nel 2011 si mantiene su livelli pressocchè simili a quelli del 2007 (-1%) e addirittura superiori a quelli del 2010. Alla tenuta dei livelli produttivi si sommano i buoni risultati di bilancio dell’industria alimentare. L’Ebit dell’industria alimentare italiana si posiziona sui livelli medi europei e cresce dal 4,3% del 2007 al 4,6% del 2011. Non è un caso che si sia arrestato lo sviluppo della Gdo (+0,9% le superfici nel primo semestre) e non è escluso che a fine anno il settore non sperimenti la prima riduzione dell’area di vendita della sua storia. Peraltro, al fianco delle ancora numerose aperture (soprattutto di discount e superstore) sono sempre più in crescita la chiusure (soprattutto i pdv sotto gli 800 mq) e le ristrutturazioni. Solo il 50% della attuale rete di vendita è uguale a quello presente nel 2008.

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