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UFFICIO STUDI COOP

Rapporto Coop: il trend del momento? Il “ready to eat”, con food delivery, ma made in Italy

Cala il salutismo, crescono i prodotti eco. Ma la lenta ripresa rallenta i consumi: il dato italiano (+0,7% nell’ultimo anno) è il più basso d’Europa

Quando si parla di cibo, gli italiani confermano la loro indiscutibile supremazia, primi per spesa alimentare in Europa e nel mondo (19% la quota di spesa destinata a cibo e bevande, il massimo dell’ultimo decennio). Il fenomeno del momento? Il “ready to eat” (pronto da mangiare), che fa registrare un +6%, con l’e-food che rappresenta sempre più un’alternativa diffusa tra gli italiani. Solo nei primi tre mesi del 2018, 3,5 milioni di italiani (+80% sul 2017) sono ricorsi al food delivery, mentre gli acquisti alimentari online registrano un balzo in avanti del +34% nei primi sei mesi dell’anno. Modernità che, però, fa rima con tradizione, che continua a indirizzare i consumatori italiani verso prodotti italiani (+3%, con l’apposizione della scritta “100% italiano” fa schizzare le vendite del +9%), privilegiando i piccoli brand (+4,3%) alla grande marca: se si va a vedere il quadro non brillante della grande distribuzione italiana a risultare vincenti insieme ai discount sono proprio i retailer focalizzati sui territori (+3,4%). Parola del Rapporto Coop 2018, di scena oggi a Milano, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop e parte integrante di Italiani.coop, una fotografia dell’Italia e degli italiani anche nel confronto con l’estero e con l’indagine “Stili d’Italia” che ha indagato la vita di 7.000 italiani tra i 18 e i 65 anni.
Seppur precursori di una dieta bilanciata e salubre e ancora oggi privilegino gli acquisti di frutta e verdura (+8,6% la crescita a volume dell’ortofrutta confezionata), pane e cereali, rinunciando sempre più a zuccheri e grassi, il salutismo mostra tra gli italiani i primi segni di rallentamento dovuti con buona probabilità a una saturazione raggiunta almeno in certi segmenti di mercato: il carrello della “salute” cresce ancora nel primo semestre di un +2,3%, ma era il +5% nel 2017. Le sue singole componenti evidenziano andamenti diversi: il senza glutine segna un +1% nell’ultimo anno (ma tra 2014 e 2018 era cresciuto del 15%), il dietetico è sostanzialmente fermo e i sostituti delle proteine animali in calo (seitan -0,3%, tofu -0,5%, pasta di kamut -1,1%). Allo stesso tempo continua la crescita del senza lattosio (+6%) e dei prodotti bio che crescono ancora a doppia cifra e sono oramai nelle dispense di quasi tutte le famiglie italiane (chi è dichiaratamente biosalutista è il 19% della popolazione). Ma anche tra i veg, altro trend che sembrava dominante, compaiono i primi pentiti (il 9,7% dichiara di averci rinunciato). Anche quanto a coscienza verde, invece, gli italiani non sono secondi a nessuno. Nove italiani su 10 ritengono che vivere in un ambiente salubre è condizione fondamentale per un’elevata qualità della vita (83% in Francia, 72% in Germania). E nel carrello i prodotti ecologici e responsabili hanno raggiunto nel primo semestre 2018 quota 2 miliardi di euro nelle vendite (contro i 3,6 mld di tutto il 2017).
Più in generale, nel carrello della spesa crescono i consumi dei più abbienti (+2,8%), del Nord e del Sud (+1%), delle famiglie con figli (+2%), vanno in negativo gli acquisti food dei più poveri (-4%), e degli under 35 (-7%). Cresce ancora l’incidenza delle vendite dei prodotti premium di quasi un punto percentuale e le vendite del discount (la quota di mercato è balzata dal 10% al 26% nel volgere degli ultimi dieci anni). Non è un caso allo stesso modo che se da un lato, insieme a quello etnico, cresce il carrello del lusso (+9,3%), contemporaneamente, dopo anni, torna positivo quello dei prodotti più basici (+2,1%). Negli ultimi mesi, infatti, il mercato torna a chiedere convenienza e si riaccende la pressione sui prezzi. Tra i 10 prodotti che calano di più nel carrello compaiono il cioccolato, lo zucchero raffinato, il burro, le merendine, la panna da cucina.
Lo sfondo, in un mondo sempre più globalizzato in cui si avvicinano le sorti dei Paesi emergenti e di quelli già industrializzati (i consumi dei cinesi crescono del 10% all’anno, quelli degli americani del 2,8%), ma aumentano a dismisura le distanze sociali interne e tornano a fare capolino istanze del passato (il neoprotezionismo commerciale e migratorio, la protesta anti-élite, vecchi e nuovi populismi) a fianco di minacce già conosciute e sempre più urgenti (la sovrappopolazione e i cambiamenti climatici), è un’Italia emblamatica: dopo quasi 5 anni, la sempre più lenta ripresa nel Belpaese (+1,2% la variazione attesa del Pil nel 2018 contro 1,5% effettivo del 2017), va a vantaggio di pochi, non risolleva le sorti della classe media e chi è povero rimane tale. Premesse per dati non incoraggianti sui consumi: nel 2017 l’Italia resta il fanalino di coda in Europa con una riduzione dei consumi delle famiglie sul 2010 di oltre il 2% (a fronte di un solido +12,7% tedesco, di un +10,2% francese e di una sostanziale stabilità spagnola a 0,1%). E anche nell’ultimo anno il dato italiano (+0,7%) è il più basso tra le grandi economie europee. Le famiglie benestanti spendono 4 volte di più di quelle con bassa capacità di spesa e tra una famiglia trentina e una calabrese il differenziale all’anno è pari a 17.000 euro. Non stupisce che nel medio termine crescano soprattutto i consumi legati alle comunicazione (che sono spesso gratuiti) e al digitale (+2,6% il mercato digitale nell’ultimo anno), le spese obbligate come casa e salute (quasi 40 miliardi di euro per la spesa sanitaria privata in Italia nel 2017) e per chi può permetterseli volgono in positivo i servizi per la persona e il tempo libero (soprattutto ristorazione +7,8% e viaggi). In calo negli ultimi anni l’abbigliamento che insieme alle calzature registra un -4,8% e i trasporti (-14,9%).
Polarizzati e divisi, gli italiani adottano comportamenti diversi a seconda delle disponibilità economiche, ma anche del luogo in cui vivono, dell’età e dell’occupazione che hanno, del livello di istruzione e del loro stesso approccio alla vita. Il 17% degli italiani (18-65enni) sono “esploratori”, amano cioè sperimentare sempre qualcosa di nuovo, e qualche volta senza un concreto, reale costrutto. All’opposto si collocano i “nostalgici” (26% del campione) che, complice una condizione economica più incerta - sono parte della classe media che ha sperimentato gli effetti più duri della crisi - mostrano una netta insoddisfazione per il lavoro, le istituzioni e la vita in generale. Nel mezzo sta il Paese: un magma fluido ancora incerto sull’indirizzo da prendere. Ma ad unificare un’Italia così tesa e frantumato, per fortuna, ci sono i valori di sempre (la famiglia, la casa, il lavoro, la salute, il cibo) e le nuove priorità (l’ambiente e internet).
“Stiamo vivendo una fase di grandi tensioni in ambito sociale ed economico. La crescita si è quasi fermata e i consumi reali del primo semestre sono in calo (gdo montante ad agosto -0,8%) - spiega Marco Pedroni, Presidente Coop Italia - l’incertezza e il malessere riguardano una parte sempre più consistente della società. Se guardiamo al mercato della grande distribuzione in Italia è evidente che è uno dei più complessi d’Europa, non solo perché cresce di meno ed è il più affollato, ma anche perché è sottoposto a oscillazioni anche repentine dei comportamenti dei consumatori. La nostra sfida è quella di offrire un cibo buono e sicuro per tutti i consumatori, accessibile anche alle fasce più deboli, etico e trasparente. Lavoriamo quotidianamente su questi ambiti facendo sì che i nostri prodotti a marchio (festeggeremo i 70 anni con una mostra/evento in Triennale a Milano a partire dal prossimo novembre) raggiungano a quantità oltre un terzo delle nostre vendite entro fine anno. Inoltre puntiamo a chiudere il 2018 con vendite complessive in linea con quelle del 2017, dopo un primo trimestre in cui avevamo registrato un rallentamento. Al Governo chiediamo di evitare l’aumento dell’Iva in particolare sui generi alimentari, una misura ingiusta per le famiglie e disastrosa per i consumi”.

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