La ripartenza della ristorazione, e con essa delle filiere agroalimentari più in difficoltà per la pandemia, la revisione del sistema dei ristori andando oltre i codici Ateco “che sono stati utilissimi nella prima fase e che non rinnego”, lo stop definitivo al tema del nutriscore in Europa, e soprattutto un’agricoltura che sappia gestire il presente ma anche avere una visione strategica, sfruttando tutte le sue potenzialità: è, in estrema sintesi, il pensiero di Stefano Patuanelli, ex Ministro dello Sviluppo Economico, e, alla sua prima uscita, da Ministro delle Politiche Agricole, intervenuto oggi nel Consiglio di Coldiretti. “Quello che serve all’agricoltura è una visione e una grande strategia, è un settore che già oggi è centrale e deve avere più consapevolezza di questo, deve essere accompagnato nei percorsi di innovazione e soprattutto raccontare quello che già oggi fa. La prima sensazione che ho avuto entrando al Ministero è che non c’è una potenzialità futura, ma già presente, nell’oggi, e va raccontata, come fa quotidianamente Coldiretti. Dobbiamo affrontare la quotidianità, ma anche avere la capacità di guardare lontano, guardare alla terra ma anche all’orizzonte”, ha detto Patuanelli. I punti da affrontare? “Penso alla lotta alle pratiche sleali: deve arrivare subito il decreto legislativo per le azioni di contrasto che vede al centro l’Icqrf, non basta più l’Agcom; penso alla questione della cumulabilità dei crediti di imposta con in Programmi di Sviluppo Rurale e all’Agricoltura 4.0, su cui ho già fatto tanto al Ministero dello Sviluppo Economico, consentendo accesso a strumenti a cui il settore agroalimentare non poteva accedere. Sul tema dell’innovazione non dobbiamo accontentarci di portare la banda larga nelle aree rurali - ha aggiunto Patuanelli - penso all’agricoltura di precisione, al monitoraggio satellitare, per migliorare qualità e abbattere costi, penso al ruolo della blockchain nell’etichettatura, per garantire la conoscenza esatta di cosa si mangia”.
Nodo centrale dell’oggi, il tema della ripartenza della ristorazione, la cui crisi, secondo Coldiretti, è costato al made in Italy 11,5 miliardi di euro di vino e cibi invenduti in un canale strategico: “è un tema che conosco molto bene. Nelle ultime settimane al Ministero dello Sviluppo Economico, con il Comitato Tecnico Scientifico, stavamo lavorando a protocolli per la rivalutazione degli orari di apertura, perchè se è vero che, da un lato, grazie al settore agricolo, gli italiani hanno sempre avuto sicurezza, se è vero che ci sono settori che hanno sofferto meno, non è vero che tutto il settore se la sia passata bene. Alcune tipologie di vino al supermercato non si vendono, per esempio. Il settore horeca, in grandissima crisi, ha prodotto la sofferenza di grande parte del settore agroalimentare, e questo non si può non tenere in considerazione, andando innanzitutto ad utilizzare la parte di scostamento di bilancio di 32 miliardi fatta a gennaio 2021 per un fondo perequativo tra indennizzi ricevuti e l’effettivo danno. Va superata la questione dei codici Ateco, che fino ad oggi sono stati uno strumento utile e forse l’unico che avevamo a disposizione, ma ora va valutato il danno effettivo, azienda per azienda, e questo non può essere rimandato ulteriormente. Dobbiamo trovare i protocolli per conciliare la sicurezza delle persone e la possibilità della ristorazione di ripartire. É chiaro che il principio di precauzione deve guidarci, ma dobbiamo aver la forza e le competenze per garantire alle persone di poter andare al ristorazione in modo sicuro”.
Una grande sfida dell’oggi, come una grande sfida del prossimo futuro, per il made in Italy agroalimentare, è quella di fermare “l’etichetta a semaforo” in Ue: “per me non è accettabile che, nel nostro Paese, si passi ad un sistema di etichettatura dove una lattina di una bevanda zuccherata fatta in laboratorio sia ritenuta più sana dell’olio extravergine di oliva o del Parmigiano Reggiano: su questo vi garantisco che mi batterò con tutte le forze perchè il tema del nutriscore venga abbandonato perchè è un danno enorme per il nostro settore”.
Argomenti al centro dell’azione promessa dal Ministro Patuanelli, che sono le battaglie di gran parte dell’agricoltura, e della stessa Coldiretti: “il nuovo protagonismo dell’Italia in Europa è importante per difendere il made in Italy agroalimentare dall’attacco di lobby e burocrazia che con tagli di risorse ed etichette allarmistiche colpiscono addirittura prodotti base della dieta mediterranea”, ha commentato il presidente Ettore Prandini.
L’etichettatura nutriscore francese come quella a semaforo adottata in Gran Bretagna, ha ricordato Prandini, indirizzano il consumatore, con un bel verde, a scegliere prodotti con ingredienti di sintesi e a basso costo spacciandoli per più salutari: “un sistema fuorviante, discriminatorio ed incompleto e - sostiene Prandini - finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta. Si rischia di promuovere cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e di sfavorire elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche specialità come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano ed il prosciutto di Parma le cui semplici ricette non possono essere certo modificate. L’equilibrio nutrizionale va infatti ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e per questo non sono accettabili etichette semplicistiche che allarmano o scoraggiano il consumo di uno specifico prodotto, dall’extravergine di oliva al vino”.
“Il successo della dieta mediterranea - denuncia la Coldiretti - è stato messo sotto attacco anche dalla recente approvazione da parte della Commissione del piano per la salute che prevede la presentazione entro il 2023 una proposta per introdurre avvertimenti salutistici nelle etichette delle bevande alcoliche senza escludere esplicitamente il vino ma anche la revisione della politica di promozione dei prodotti agricoli dell’Unione Europea con l’obiettivo di ridurre i consumi di vino e prodotti quali carni rosse e salumi che rappresentano le punte di diamante del Made in Italy all’estero. Il giusto impegno della Commissione Europea per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate” afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini. Si tratta, peraltro, di settori già duramente colpiti dall’emergenza Covid che ha costretto alla chiusura di osterie e ristoranti che - continua Prandini - rappresentano un luogo privilegiato di consumo di carne, salumi e vini di qualità. Gli stessi limiti posti all’attività di promozione di carni e salumi rischiano di colpire prodotti dalla tradizioni secolari con un impatto devastante sull’economia, sull’occupazione, sulla biodiversità e sul territorio dove quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di prodotti tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado. L’Italia - ricorda Prandini - è il Paese più ricco di piccole tipicità tradizionali che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che senza sostegni alla promozione rischiano invece di essere condannate all’estinzione. Occorre fermare - conclude Prandini - l’approccio superficiale al tema dell’alimentazione che sta prendendo piede in Europa sotto la spinta delle multinazionali che cercano di influenzare i consumatori anzichè informarli”.
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