A dispetto della crisi che ha colpito l’economia italiana, negli ultimi anni, il mondo della grappa ha vissuto una fase di notevole vivacità, e si è confermato un autentico comparto di punta del made in Italy. La conferma arriva da “Grappa Day”, organizzato a Greve in Chianti, e dal Centro di Documentazione Grappa Luigi Bonollo, che ha proposto dati ufficiali della ricerca “Grappa e Mercato”, condotta da Nomisma sul settore italiano delle acquaviti di vinaccia.
Un mercato in salute dimostrato in primo luogo dalla forte crescita dei volumi prodotti, incrementati nel quadriennio 2000/2004 di un 24%; un incremento che, almeno in parte, è da imputare anche alla necessità di andare incontro alla crescente domanda di grappa qualitativa/invecchiata da parte dei consumatori.
I consumi testimoniano, inoltre, la solidità del settore attraverso un trend di crescita costante, soprattutto se confrontato a quello di altri superalcolici più legati a mode spesso passeggere. Ciò si è tradotto in un quantitativo di 25,3 milioni di litri di grappa venduti sul mercato nazionale nel 2004, comprendenti non solo la somma dei tradizionali canali di consumo costituiti dalla ristorazione e dalla distribuzione moderna (pari a circa 21 milioni di litri), ma anche la grappa veicolata attraverso negozi specializzati e vendite dirette dei produttori (4 milioni di litri).
Le buone notizie però non finiscono qui. Anche il contesto internazionale segnala un gradimento in sensibile aumento, grazie alle esportazioni che non sembrano aver avuto alcun contraccolpo negativo dal super-euro: dopo alcune annate interlocutorie infatti l’export è cresciuto fino a raggiungere un ragguardevole volume di 5 milioni di litri, per un valore corrispondente prossimo a 30 milioni di euro. E a crescere sono stati soprattutto i mercati extracomunitari, a dimostrazione di come le produzioni di qualità del food & beverage italiano continuino a essere competitive e riscontrino un elevato appeal anche in presenza di fattori esogeni come il rafforzamento valutario. In totale, dunque, tra mercato nazionale e mercato internazionale i produttori di grappa hanno commercializzato nel 2004, 30,4 milioni di litri.
Alla base dei risultati positivi, c’è un tessuto produttivo formato da 135 distillerie e da oltre 500 imbottigliatori, che con costanza e impegno promuovono i continui miglioramenti qualitativi che hanno radicalmente trasformato negli ultimi decenni la nostra acquavite di bandiera.
Non è un caso, d’altra parte, che i prezzi medi al consumo siano parimenti in crescita, con una preferenza dei consumatori sempre più orientata verso le grappe di monovitigno e invecchiate di maggior prestigio. Non ultimo, gli estimatori e i conoscitori della grappa si stanno espandendo dal Nord Italia, tradizionale feudo del distillato, verso le regioni centro-meridionali, dove si assiste peraltro a un moltiplicarsi di nuovi produttori.
Le prospettive, per il settore della grappa, sono dunque favorevoli, anche se lo scenario generale denota alcuni elementi di criticità su cui i produttori e le istituzioni saranno chiamati a riflettere: in primo luogo, se una crescita aziendale verso dimensioni multinazionali è poco praticabile in una produzione come la grappa che serba nell’immagine di “artigianalità” gran parte del suo successo, un maggior coordinamento e una maggiore collaborazione tra operatori nel momento di affrontare i mercati esteri sono senz’altro auspicabili; in secondo luogo, la tutela della denominazione che al momento non è messa in discussione da Bruxelles (nonostante le notizie di alcuni mesi fa che sembravano affermare il contrario) deve essere portata avanti in tutte le sedi internazionali competenti, perché solo in questo modo possono essere combattuti i fenomeni imitativi, che nella maggior parte dei casi vanno a inficiare l’immagine di prodotto faticosamente costruita nel tempo.
Un ultimo punto decisivo è infine costituito dalle accise sulla produzione, che se continueranno ad aumentare potranno minare la competitività della grappa (come degli altri prodotti alcolici), con un effetto complessivo di riduzione delle vendite.
Piero Valdiserra
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