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POLITICA UE

Riforma Dop e Igp, il retroscena sugli emendamenti al vino Igp: salve le produzioni locali

Ricostruzione “Vitisphere”: l’Europarlamento ha bocciato la possibilità di un taglio del 15% di vino o mosto (già ammesso per le uve) da altre Regioni
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Il Parlamento UE a Strasburgo

Con una maggioranza che ha superato il 95% dei votanti, il testo del nuovo regolamento Ue sui prodotti Dop e Igp, dopo il semaforo verde, all’unanimità, ottenuto in Commissione Agricoltura, ha incassato pochi giorni fa anche il via libera del Parlamento Ue. Una riforma ampiamente condivisa, ma anche molto dibattuta, che tra i tanti meriti ha senza dubbio quello di aver garantito un regime di tutela specifico per il vino, adottando integralmente il “pacchetto vino” proposto dalla Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo. Tutto bene, quindi, come dimostra la reazione, universalmente positiva, della filiera del vino italiano. A fare le pulci al lavoro di Paolo De Castro, relatore dell’Europarlamento per il nuovo regolamento Ue sui prodotti Dop e Igp, è, invece, la rivista online francese “Vitisphere”, sempre molto pungente con la politica, interna e comunitaria.

Il portale francese, in questo caso, sottolinea il “pericolo” corso dal vino Igp, che avrebbe rischiato seriamente di diventare da vino a Indicazione Geografica Protetta ... a “Indistinction Générique de Provenance”. Il Parlamento, con il suo voto dell’1 giugno, ha bocciato tre emendamenti al rapporto della Commissione Agricoltura che sarebbero riusciti a modificare in modo sottile, ma sostanziale, l’ancoraggio dei vini Igp nei loro territori. Gli emendamenti 264, 266 e 267 - ricostruisce Vitisphere” - proponevano, infatti, che la quota minima obbligatoria dell’85% di materie prime provenienti dalla zona di produzione non fosse più limitata alle sole uve, ma estesa ai mosti e ai vini, permettendo così un taglio con mosti e vini di altri territori nell’uvaggio di un vino Igp.

Quasi un affronto per la Francia, che impone ai suoi vini Igp che il 100% delle uve arrivi dalla zona geografica in etichetta, nonostante i regolamenti europei attualmente limitino questa quota all’85%, permettendo che il restante 15% delle uve possa provenire da altre Regioni dello stesso Stato. Un’estensione di questo regolamento ai mosti e ai vini - secondo la Confédération des vins Igp de France (Vins Igp) - avrebbe potuto mettere in discussione il legame con il terroir dei vini Igp, nonché un modello economico non delocalizzabile.

“Tecnicamente, questo voto separato dei tre emendamenti rispetto al resto della relazione Comagri è stato ottenuto dall’eurodeputata della Linguadoca Irène Tolleret (gruppo Renew), che ha osservato che queste tre proposte non erano state adottate durante i compromessi Comagri”, ha ricordato Christelle Jacquemot, direttrice Vins Igp. “Era una proposta di flessibilità sulle Igp, che avrebbe però potuto compromettere l’equilibrio delle Igp stesse. Ho chiesto un voto separato in plenaria, essendo il tema troppo importante perché lo votino solo i 46 deputati della commissione Agri”, ha spiegato la stessa Irène Tolleret, aggiungendo che “le indicazioni geografiche hanno il vantaggio di sviluppare produzioni locali e non delocalizzabili su cui creiamo valore”.

Secondo i rumors raccolti da Vitisphere, questi tre emendamenti, presentati dal relatore del testo, l’eurodeputato Paolo De Castro, sono stati sostenuti non solo dai commercianti europei, interessati a un’offerta allargata di vino Igp, ma anche dai produttori dei territori francesi che vedono le loro capacità produttive raggiungere il massimo del proprio potenziale, non potendo più piantare. Proprio loro sarebbero tentati dalla possibilità di ampliare il loro bacino di approvvigionamento per soddisfare le richieste del mercato.

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